Cento anni fa l’Esercito austriaco si schierava lungo il confine

In piano di Conrad e il dispositivo schierato per contrastare l’attacco italiano

Immagini ricavate dal sito dell'Euregio dedicato alla Grande Guerra.
 
Conrad aveva schierato un dispositivo difensivo sul confine con l’Italia e l’aveva reso operativo già dal 22 maggio, la vigilia della dichiarazione.
Il suo disegno iniziale consisteva nel far avanzare l’esercito italiano in territorio austriaco fino a Lubiana, per poi piombare addosso al nemico con una ventina di divisioni austro tedesche. Ma il suo collega germanico Falkenhein si era opposto per due validissime ragioni. La prima era di ordine militare: una trappola così gigantesca usciva da qualsiasi plausibile pianificazione militare.
La seconda era pragmatica e fuori discussione: l’Italia non era in guerra con la Germania…
Conrad dovette quindi disporre il proprio esercito in contrapposizione a Cadorna, con l’ordine ai propri soldati di resistere fino all’ultimo uomo, fino all’ultima cartuccia.
L’Austria, che già aveva 122 battaglioni sul confine meridionale, inviò altre 20 divisioni, perlopiù distolte dal fronte russo, lasciando opportunamente in Galizia i soldati italiani.
La Germania concorse virtualmente inviando a supporto l’Alpen Korps, un gruppo speciale di truppe alpine della forza di una divisione. È vero che tra Italia e Germania non c’era uno stato di guerra, ma non poteva farsi cogliere alla sprovvista in caso di necessità.
 

 
Conrad costituì tre grandi unità, capeggiate rispettivamente dal generale Dankl, acquartierato a Bolzano, dal generale Rohr, stabilito a San Veit (Carinzia), e dal generale Boroevic, il cui comando era a Lubiana.
Dankl doveva presidiare il lungo tratto dal passo dello Stelvio alla Croda Grande, vetta tra il torrente Cismon e il Cordevole. Lo fronteggiavano pertanto la Prima Armata italiana e l’ala sinistra del IX Corpo d’armata.
Dankl disponeva della 90ª divisione di riserva a Bolzano, di 18 battaglioni della Landsturm (la territoriale) in linea nel Trentino, della 91ª divisione in linea sugli altipiani e sul Pasubio.
Dalla Croda Grande al Monte Nero (di fronte alla IV Armata italiana e in parte alla II), il Generale Rohr disponeva di 2 brigate da Montagna (la 55ª e la 57ª) in Cadore, di due disvisioni (la 92ª e la 57ª) dal Peralba al Monte Nero. Il VII Corpo d’armata era di riserva intorno a Greifenburg sulla Sava.
Dietro alle due brigate da montagna, Rohr aveva l’Alper Korps tedesco, accampato attorno a Bressanone.
Dal Monte Nero all’Adriatico, dove c’erano ne due armate italiane «d’urto», Boroevic Boina aveva schierato le seguenti forze:
La 93ª divisione dal Monte Nero al Canale, alle cui spalle stava il resto del XV Corpo d’armata, la 94ª divisione staccata dal XVI Corpo, tenuto di riserva, e la 48ª divisione, pronta a entrare in linea lungo il basso Isonzo.
 

 
Va sottolineato che l’enorme quantità di truppe di riserva è dovuto al fatto che l’Austria aveva optato per la difensiva. Chi attacca sa sempre dove vuole andare, chi si difende deve provare a indovinare e soprattutto avere una massa di manovra dietro le linee per adattare la strategia al mutare degli eventi.
Per riassumere, Conrad spiegava lungo il fronte montano l’equivalente di sei o sette divisioni, contro le 14 italiane. Lungo il fronte Giulio, una forza equivalente a sette divisioni, contro le 15 italiane in linea. Di riserva aveva una forza di sei divisioni.
Insomma, l’Italia aveva quasi il doppio di uomini. Il che non significa nulla, ce non si tiene conto il ruolo diverso dei due eserciti e la disponibilità di artiglieria. Se gli austriaci a quel punto lavoravano di trincea e di mina, gli italiani lavoravano per costruire cannoni, soprattutto di grosso calibro.
Ma l’industria si era adeguata velocemente: per mesi i convogli di cannoni continuavano a raggiungere il fronte, accompagnati da altrettanti disponibilità di munizioni.
 
G. de Mozzi
 
Nella puntata precedente abbiamo parlato del dispositivo militare italiano (vedi)
Nella prossima puntata i primi passi di guerra in attesa della Prima battaglia dell’Isonzo.