Storie di donne, letteratura di genere/ 259 – Di Luciana Grillo
Antonella Bragagna: «Due spose - storie d’amore e di Paesi» – Si leggono con emozione queste pagine che hanno il sapore della verità e il colore della vita
Titolo: Due spose. Storie d'amore e di Paesi
Autrice: Antonella Bragagna
Editore: Publistampa 2018
Genere: Narrativa moderna contemporanea
Pagine: 132, Brossura
Prezzo di copertina: € 15
Il piccolo e delicato volumetto di Antonella Bragagna comprende due storie diverse, storie vere, accompagnate anche da documenti e foto di persone care che hanno lasciato «eredità d’affetti» e quindi non si possono dimenticare, anzi meritano di rimanere ben vive nel ricordo di chi le ha amate.
Bisogna andare indietro nel tempo, tornare alla prima guerra mondiale, percorrere il ‘900, rivedere con gli occhi del cuore «le macerie dello spaventoso bombardamento alla Portela del ’43… La vita era passata sopra le persone, gli anni erano passati addosso con il loro peso e il carico del loro sconcertante disvolgersi…».
L’autrice fa rivivere la storia della nonna Antonietta, e lo fa con grazia, alternando pagine in prosa a pagine in versi, come ad esempio quando rievoca la partenza del padre di Antonietta, «en fòra, via per l’Est»:
Andate, padre, il treno parte.
In mezzo al chiasso e per l’evviva
delle bandiere,
per i colori
e per le forme di molte foglie verdi
andate, padre, il treno parte.
Il momento della partenza arriva anche per Antonietta, per la sua mamma e le sorelle: «…la città è piena di carri, vengono dai dintorni, molti anche dalle valli. A Trento non c’è problema, ma nei paesi i contadini lasciano per le strade gli animali, mucche e capre, galline: non sanno a chi consegnarli».
Viaggio, nuova città, diverse abitudini, e per Antonietta arriva anche l’amore, ma «come tanti come tutti come ogni cosa bella e vera al mondo come tutte le stelle che cadono dalla volta del cielo come il regno di dio che non c’è più come ogni sorgente secca come lei e come lui come loro che venivano strappati e tolti».
Prosa coinvolgente, semplice e complessa, come il pianto di una ragazza innamorata che vede partire per la guerra il suo Frantisek.
La vita continua, si ritorna a casa, si prende marito, e si va avanti.
La protagonista della seconda storia è Aleksandra, «due occhi come cristalli, sorgenti. E un sorriso pulito, onesto, sincero. Che le dava una dolcezza straordinaria».
Aleksandra è la giovane donna russa che ha conosciuto Emanuele: «ha cinque fratelli. E suona l’armonica. È soldato da un anno. Prima faceva il ferroviere».
Si sposano secondo il rito ortodosso, «parte dell’edificio è in macerie, ma non importa: l’importante è amarsi… Uomini disegnano i confini, li segnano… Parlano i pensieri che non occorre dire, li capite voi soli in un altro segreto idioma, voi cari».
Anche per loro, anni dopo, arriva il momento di partire, per Emanuele è il ritorno a casa:
E venne il ricordo della terra trentina.
Il ricordo affamava le ore e i giorni sazi.
Vennero le stagioni della nostalgia di casa.
Vennero i risparmi messi in segreto da parte,
per ritornarci.
Era il 1925.
Se nel primo racconto affiora ogni tanto il dialetto trentino, nel secondo si mescolano dialetti e lingue, spasiba… harasciò… blini… izba… «E quando scivolava nel sonno, finalmente all’alba, si ritrovava all’izba e intorno a lei c’erano le case del villaggio tutte fatte di legno. Le sue sorelle cantavano… poi ricamavano. Nell’izba avevano un bel samovar per il tè, il ciaj da bere a fine pasto… Lei era libera».
Si leggono con emozione queste pagine che hanno il sapore della verità e il colore della vita.
Luciana Grillo – [email protected]
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