Giovani in azione: Valentino Fait – Di Astrid Panizza
«Quando tutto parte dal gel per capelli» – Valentino Fait e la sua storia, dal suo studio al mondo dell’hair styling
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Valentino Fait ha 28 anni, è un giovane parrucchiere e imprenditore «del capello».
Ha aperto il suo salone, chiamato Innovation Studio, a Rovereto nel 2014, quattro anni fa, quando, ancora molto giovane, non aveva grande esperienza nella gestione di un salone, ma tanta voglia di fare e fiducia nel futuro.
Ha poi ampliato il suo curriculum nel mondo della moda facendo acconciature presentate in sfilate locali e non, avvicinandosi quindi a quella figura chiamata Hair stylist, lo stilista, cioè, del capello.
Ci troviamo alle 18:30, proprio quando il suo salone sta chiudendo e le sue dipendenti spazzano via gli ultimi residui di capelli per terra.
Ci sediamo su due poltrone dove di solito, mi spiega Valentino, vengono tagliati i capelli agli uomini. È tutto organizzato e in ordine, lo stile particolare e ricercato salta subito agli occhi, come il logo del salone, una forbice stilizzata in chiave futuristica, o così pare.
Parto quindi con una domanda diretta. Perché, Valentino, hai chiamato il tuo salone «Innovation Studio»?
«Questa domanda mi viene posta spesso, e qualche volta mi sono state rivolte critiche o allusioni sottili al fatto che abbia scelto un nome in inglese, come se avessi deciso così solo per il fatto che suona meglio, che dà un’aria più moderna e così via.
«In realtà il motivo vero di questo nome è molto diverso, in quanto innovation non era inteso solo come l’apparenza, nella disposizione del salone o nella scelta dell’arredamento moderno, che è vero, è innovativo rispetto al classico modello di salone. Volevo però che il concetto di innovation si legasse soprattutto al rapporto con le persone che entrano nello studio, di modo che ogni tipologia di cliente si senta a suo agio, senza distinzioni, a partire dal classico stereotipo persone di colore anziché persone bianche, per arrivare a chi invece viene a tagliarsi i capello o farsi la piega una volta alla settimana o una volta all’anno.
«Per me i clienti sono tutti uguali, chi entra dalla porta del mio studio è qui perché ha scelto me, e quindi io tratto tutti alla stessa maniera. Voglio che tutti si sentano a loro agio, da chi vuole fare un normale taglio, a chi invece vuole stravolgere la sua immagine. Questo è per me innovazione, il punto chiave in cui credo e che ho voluto sottolineare, chiamando quindi così il salone.»
Da dove sei partito e con quali mezzi per arrivare al punto in cui sei ora, mettendoti in proprio e raggiungendo una stabilità che non è comune per un ragazzo della tua età?
«In terza elementare ho messo nero su bianco ai miei che nella vita sarei diventato o giocatore dell’NBA (ma con il tempo ho messo su qualche chilo ed ho abbandonato la pallacanestro), o il rapper (però anche in quel caso non ci ho fatto mai niente, a parte qualche canzone nel tempo libero), oppure il parrucchiere. Sono partito così, passandomi il gel tra i capelli.
«Alle superiori ho frequentato le Barelli ed ho iniziato il mio percorso lavorativo quando ancora andavo a scuola, da un barbiere della città. Ho lavorato un anno e mezzo da lui, specializzandomi solo nel settore maschile del taglio, senza raffinatezza come invece richiede un taglio a una chioma femminile.
«Per farti capire, il primo giorno, quando sono arrivato, il mio capo mi ha detto: “Taglia i capelli a quel ragazzo”. Io a scuola però ero arrivato al lavaggio della testa, ma quando l’ho fatto presente la risposta è stata: “Sarai comunque capace di tagliare i capelli, mi hai guardato fino adesso!”. Quello è stato il mio primo giorno di lavoro, sono stato svezzato parecchio in fretta [ride].
«Finita la scuola ho poi lavorato anche in un salone di parrucchiera, specializzandomi così anche nella parte femminile.
«Dopo circa 8 anni sono messo in proprio, nel 2014, non senza fatica… quando apri una nuova attività è dura da morire, a livello bancario non vali un cazzo. Ma mi sono studiato questo progetto bene assieme anche ad altre persone e siamo riusciti ad ottenere il via libera per poter partire. Anche ora ci sono sempre gli avvoltoi che magari dicono “preparati perché dovrai lavorare per sopravvivere”. Io cerco di essere positivo invece, intanto va bene così, per il poi si vedrà.»
C’è mai stato nella tua vita qualche periodo difficile? O è sempre andato tutto liscio come in questi ultimi anni?
«Diciamo che c’è stato un periodo, quando ero alle superiori, in cui ho frequentato delle compagnie non proprio belle che mi hanno cacciato nei casini. Non voglio scendere nei particolari ma sono stati giorni tosti della mia vita. Mi ha aiutato questo?! Cambiato la vita?! Mah, non lo so sai… credo che ciò che mi abbia cambiato la vita siano state le persone che ho avuto accanto.
«La mia famiglia in primis che mi è stata molto vicino e mi ha dimostrato in ogni momento cosa significasse il voler bene a una persona, sempre, anche in un momento in cui magari avrebbero voluto mandarmi a cagare perché comunque me l’ero cercata.
«Ripensandoci ora, credo che il passato si chiami passato proprio per questo, è andata ormai. Però quello che ho concretamente realizzato in questi ultimi anni è stata davvero una rivincita, personale e della mia famiglia.
«Guarda, a me non è mai mancato niente devo essere sincero, però comunque mio papà è un operaio, mia mamma una casalinga, e loro hanno lavorato tanto sui loro figli, insegnandoci dei valori da rispettare, come il dare importanza alle persone ma anche alle cose e ai soldi, al lavoro, all’onestà. Sono valori che mi hanno forgiato nell’arco della mia vita, anche perché partendo da zero non è facile, a vedere dove sono arrivato sembra che sia andato sempre tutto liscio, ma per iniziare devi essere coraggioso, devi impegnarti, devi fare un sacco di sacrifici, in un certo senso devi essere anche un attimo incosciente di quello che stai facendo, perché se stai lì a valutare i rischi in un momento economico come questo (per quanto io lavori un sacco e non mi stia lamentando) non è facile andare avanti.
«Se hai quel tocco di incoscienza però, che ti permette di non considerare come muro insuperabile il pagare un sacco di cose, i rischi, è fatta. Poi una volta iniziata ci sei già dentro, oh pagare bisogna, e allora va bene, andiamo avanti!»
Quali sono i traguardi che hai raggiunto da quando hai aperto?
«L’apertura è stato il primo traguardo, un nuovo avvio ma anche un punto di arrivo della mia vita precedente. È un po’come se fossi rinato. Un altro traguardo è stato quello di riuscire a lavorare come stilista del capello, anche tramite il negozio. Ho creato infatti delle collezioni di acconciature per poi essere istruttore nei seminari per parrucchieri, in giro per l’Italia. L’ho fatto per un anno e mezzo, poi ho lavorato sempre in questo campo, in zone però del nord Italia e sotto la direzione di un marchio stilistico.
«Non è stato facile riuscire a coincidere tutto. Ci sono giorni in cui ancora adesso, quando propongo delle nuove collezioni che poi sfilano, tra salone e hair styling sono impegnato sette giorni su sette, spesso per mesi interi. È parecchio impegnativo però mi ha permesso di esprimermi al meglio e mi ha permesso ora di creare il mio gruppo, la Innovation Crew: modelle, fotografi, truccatrice e così via …
«Facciamo ora le nostre sfilate, i nostri show, e mi piace davvero anche il lato artistico di tutto ciò, oltre alla parte stilistica.»
Cosa ti auguri per il futuro?
«Beh, ho dei progetti, uno in particolare ma non voglio sbilanciarmi troppo. Se andasse in porto questa opportunità potrebbe aprirsi una strada stilistica ad alto livello. Ma per qualche mese ancora non posso dire nulla … diciamo solo che sarebbe un po’come per un rapper firmare un contratto [ride], passare dall’underground al mainstream.
«Inoltre voglio continuare assolutamente con il negozio. Ho un’idea di un ipotetico negozio diverso da questo, cambiare cioè l’attuale salone, questa è una cosa che mi piacerebbe ma per ora è solo un’idea, vedremo più avanti. Se ce la faccio però mi piacerebbe fare una cosa veramente figa, creare uno spazio come l’attuale, da parrucchiere insomma, ma aggiungere una saletta in cui poter ospitare altri personaggi come per esempio tatuatori, massaggiatori, e così via, avere un angolo cioè da poter dedicare ai guest, gli ospiti, a turno ogni settimana per esempio.
«È ancora un’idea piccola, ma alla fine si parte sempre così, con un abbozzo di ciò che sarà. Alla fine, quando mi mettevo il gel da piccolo mica sapevo che sarei finito dove sono ora!»
L’intervista è finita e sto per mettere via le mie cose quando Valentino mi ferma per chiedermi di aggiungere un suo pensiero:
«Non voglio fare la classica moralistica da seminario, ma dopo aver letto i tuoi articoli e quello che pensi sui giovani d’oggi, sono d’accordo con te quando dici che non hanno un obiettivo da raggiungere, c’è un po’l’idea che il sacrificio sia una cosa da evitare, ma non è così, anzi.
«Ti dirò la verità, ho una bella macchina, me la sono comprata da solo, a rate, facendomi un culo così ed è ancora più figo quando la mattina scendo da casa, accendo la macchina ed è bella perché me la sono comprata io e non me l’ha regalata mio papà.
«Personalmente, sono partito da un contesto sociale in cui non avrei mai pensato di riuscire a permettermi una macchina tutta mia, però se uno si applica, ha un obiettivo e vuole raggiungerlo, ma non solo a parole perché a parole siamo capaci tutti, insomma, ce la si fa. Ci vuole una parte di talento, ma ci vogliono le palle, per forza.
«Perché quando sarò vecchio e mi guarderò allo specchio, a prescindere da quello che ho fatto, se so che ci ho messo tutto me stesso mi dirò Sono stato proprio forte. Ecco, lì in quel momento mi sentirò realizzato.»
Astrid Panizza
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