Storie di donne, letteratura di genere/ 200 – Di Luciana Grillo

Margaret Atwood, «Il racconto dell’ancella» – Il libro da cui è stata tratta la fortunata serie tv «The Handmaid’s Tale»

Titolo: Il racconto dell'ancella
Autrice: Margaret Atwood
 
Traduttore: C. Pennati
Editore: Ponte alle Grazie 2017
 
Pagine: 400, Brossura
Prezzo di copertina: € 16,80
 
Questo è un romanzo del 1985, ancora drammaticamente attuale perché al centro ha un mondo ipercontrollato, dove tutto accade secondo regole precise e imprescindibili, dopo un disastro atomico che ha sconvolto ogni equilibrio.
Protagoniste sono le ancelle, private della loro libertà, uniche in grado ancora di procreare, costrette a vivere dove «il tempo è misurato da campane, come una volta nei conventi di suore… Mi alzo, mi muovo nella luce del sole, i piedi nelle scarpe rosse senza tacco, per risparmiare la spina dorsale e non per ballare…», dove il rosso è il colore di scarpe, guanti, abito («tutto è rosso: il colore del sangue»).
 
Insieme alle ancelle, ci sono Zie, Mogli, Marte, Nondonne, Rigeneratrici, Angeli, Occhi, Custodi ed Economogli che hanno perduto persino il loro nome e sono caratterizzate per così dire da un’etichetta: per esempio, Difred, donna oggetto, proprietà di Fred, obbligata a procreare per dare una discendenza all’élite dominante.
La protagonista ammette: «Non ero brava ad aspettare», ma la sempre incombente Zia Lydia è pronta a suggerire, con le parole giuste, cosa fare, come comportarsi, come distinguere «la libertà di e la libertà da… Se avete tante cose – diceva Zia Lydia – vi attaccate troppo a questo mondo materiale e vi dimenticate dei valori spirituali. Dovete coltivare la povertà di spirito».
 
Complesso per l’ancella il rapporto con il proprio corpo, deve dimenticare la sua vita passata, quando non si preoccupava che «le mie gambe, le mie braccia, cosce e schiena fossero in mostra, venissero guardate. Svergognata, impudica».
E deve essere pronta a rispondere quando il Comandante decide: «Attendo. Mi compongo. Io adesso sono una cosa che devo comporre, così come si compone un discorso. Devo presentare un prodotto preconfezionato, nulla che sia nato spontaneamente».
Nel Centro della Fertilità è viziata, servita; le portano il pranzo in camera dove «Attendo, lavata, spazzolata, nutrita, come un maiale da fiera», poi è incastrata nel corpo di Serena Yoj mentre «il Comandante procede a passo di marcia, a intervalli regolari… Ciò che sta accadendo in questa stanza… non è eccitante. Non ha niente a che fare con la passione o l’amore o l’avventura…» e quando tutto finisce e ritorna in camera non può che pensare al suo corpo come ad un contenitore.
 
Vorrebbe «essere abbracciata e chiamata per nome… valutata in un modo diverso…essere superiore a ogni valutazione…».
Il Comandante dichiara spavaldamente: «Non permetto a nessuna donna di insegnare o di usurpare in qualsiasi modo l’autorità maschile. La donna deve conservare il silenzio».
Semplicemente agghiacciante.
Intanto, il Comandante la invita a incontri segreti, in luoghi dove l’ancella conosce un altro mondo parallelo, mentre sempre più spesso affiorano i ricordi della vita precedente, quando c’era sua madre, quando un uomo l’amava, quando una bimbetta giocava con lei. «Mi dispiace che ci sia tanto dolore in questa storia… ma non c’è nulla che possa fare per cambiarla».
E continua la narrazione di una vita in gabbia, dove sono altri a decidere anche di impiccare ancelle infedeli o di uccidere a calci un custode.
 
La conclusione del romanzo, completata da Note, è ambigua: «La nostra narratrice avrà raggiunto il mondo esterno sana e salva e si sarà creata una nuova vita? O sarà stata scoperta… arrestata… condannata a morte?... Ci sono domande?»
Sì, le domande ci sarebbero, ma nessuno è evidentemente in grado di rispondere.
 
Luciana Grillo – [email protected]
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