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Othmar Winkler e la Norvegia – Di Daniela Larentis (Prima parte)

La mostra dedicata al noto artista sudtirolese, curata da Sergio Rossi e Massimo Micheli, è ospitata a Canazei dallo scorso 26 gennaio

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Ritratto di Johansen.
 
È con emozione e orgoglio che Ivo Winkler, figlio del noto pittore e scultore sudtirolese Othmar Winkler (della cui opera è curatore), ci parla del padre, uno spirito libero e un grande artista di professione, «testimone di un secolo tragico» sottolinea, riferendoci di lui.
«Per lui l’arte non era solo un lavoro ma soprattutto una missione, – ci dice. – Per questo motivo non ha mai lavorato con critici, mercanti, galleristi e con chiunque potesse vincolare o condizionare il suo estro creativo e il suo modo di comunicare.
«Cercava, ma contemporaneamente temeva il successo, in quanto riteneva che la notorietà rendesse l’artista un replicante di se stesso.
«Solo nel 1991 l’artista, sempre geloso delle sue opere, mi permetteva di riordinare le sue carte. Durante questo compito ebbi modo di verificare due periodi della vita di mio padre poco conosciuti e quindi da approfondire.
«Il primo periodo si riferiva a quello gardenese (1926-1929) durante il quale ha frequentato la locale scuola d’arte. Il secondo fu quello norvegese (1937-1939).
«Nel 1998 mentre io e mio padre eravamo seduti nel parco Santa Chiara di Trento, Claudio De Vigili, suo conoscente, passando ci salutò con un idioma a me sconosciuto. Othmar lo fulminò con un’occhiata e subito gli rispose in maniera fluente nello stesso idioma lasciandolo esterrefatto.
«Rimasti soli, alla mia domanda in quale lingua si fosse espresso, lui mi informò che lo aveva fatto in ladino. Gli chiesi allora se sapesse il ladino e lui mi rispose con un lapidario certo. Quando gli feci notare che non me lo aveva mai detto lui mi disse che non glielo avevo mai chiesto…
«Questo episodio mi fece capire l’importanza del periodo gardanese. Tale collegamento mi fu evidenziato nel 2000 dal preside della scuola d’arte di Ortisei, prof. Karlheinz Mureda, che sottolineò la possibile influenza dell’allora preside, prof. Balsamo Stella, egittologo ed esperto di cultura scandinava, sul giovane Winkler. Fu anche questa rivelazione che mi stimolò ad approfondire il periodo norvegese di mio padre.
«Nel 2003 durante un dibattito a Pergine Valsugana su il mito nordico nell’opera di Othmar Winkler tenuto dal prof. Claudio Tessaro fu prospettata una mostra di Winkler su questo periodo e su questi temi.
«Ebbi con questa prospettiva l’occasione di conoscere Sergio Rossi, che aveva appena acquisito una galleria d’arte a Canazei con Massimo Micheli. Sergio Rossi si mostrò entusiasta ad accettare, per l’inaugurazione della galleria in occasione della Marcialonga, il progetto di una esposizione sull’esperienza artistica e umana di Winkler in Norvegia.»
 

Ritratto Bjerkenes.
 
Ed è proprio Massimo Micheli, nella prefazione all’esaustivo catalogo che accompagna la mostra, a svelarci lati inediti di un grande artista, «forse – sottolinea – ancora incompreso».
«Certo, un uomo – aggiunge – dalle molte sfaccettature, giudicato dai critici anche semplicista e anticlericale, ma dobbiamo analizzare con cura la sua lunga storia artistica fatta di sentimenti, di scontri e di tormenti anche dovuti alla Seconda Guerra Mondiale per ciò che vede e che sente, soprattutto a Berlino nella Notte dei Cristalli. […].
«Se ci soffermiamo sull’esperienza nordica, tema dell’esposizione, noteremo quanto Othmar Winkler sia sempre alla ricerca di se stesso e delle novità artistiche che in una Europa in pieno fermento, stanno sbocciando, forse per contrapposizione alle problematiche politiche e sociali che come conseguenza portano allo scoppio del secondo conflitto mondiale.»
 
Leggiamo qualche riga più avanti: «Come è possibile stabilire se a focalizzare l’arte di Othmar Winkler su alcune tematiche sia una riflessione interiore o il nuovo mondo che lo circonda? E’ certo che l’uomo Winkler è mordace, forse anche violento, ma la sua arte, in fondo, è il risultato delle sue caratteristiche cognitive e caratteriali.
«Gli dobbiamo riconoscere quindi le sue peculiari doti di attento osservatore del mondo e dell’arte, generate anche attraverso l’esperienza nordica che porterà con sé come bagaglio per tutto il suo percorso artistico e intellettuale.
«Dalle opere in mostra emerge quella sua personalità critica verso il mondo, verso l’uomo, come senso di nuova linfa che lo porteranno a riflettere con nuova attenzione e ironia negli anni a seguire…»
 

La statua a Matera e Caduta del Fascismo.
 
Vorremmo fare un breve cenno agli anni che precedono la sua visita in Norvegia, partendo da lontano (le informazioni sono attinte dal catalogo che accompagna la mostra).
Othmar Winkler nasce nel 1907 a Brunico, Bolzano, e viene affidato quando è ancora molto piccolo all’orfanatrofio gestito dalle suore di carità.
Il padre abbandona la famiglia per tentare la fortuna in America e la famiglia è smembrata; un momento della vita, questo, di cui Othmar Winkler conserverà un ricordo doloroso e che influenzerà emotivamente la sua intera esistenza.
A sette anni viene poi mandato, come era usanza a quei tempi, a lavorare presso un maso a Velturno, presso una famiglia di parenti acquisiti, prima, in altri masi poi. Si può dire che Velturno lo avesse in qualche modo «adottato».
Furono anni durissimi a causa della guerra. Si legge di quegli anni: «Le esperienze giovanili a Velturno saranno determinanti per la sua formazione umana, per un ideale di mondo senza guerre, ricco di solidarietà e vicino alla natura e ai suoi cicli.
Per l’artista il mondo contadino tirolese costituiva un arcaico esempio di valori concreti e sempre attuali.
Othmar Winkler può considerarsi «il cantore moderno di questo mondo di pace, laboriosità e con le sue opere si erge quale suo ideale difensore».
 
I suoi primi dipinti furono esposti a Bressanone, alla libreria Athesia. Non ancora ventenne si iscrive alla scuola professionale per apprendisti di Ortisei, dove impara il ladino, antica lingua retoromanza dell’arco alpino, e poi una volta terminati gli studi va ad Acqui presso la bottega dello scultore gardenese Emil Dedmetz.
In quegli anni impara a lavorare il marmo; approda casualmente a Roma nel ’30 e l’anno seguente organizza la sua prima mostra di scultura al Circolo della stampa estera della capitale, grazie a un amico giornalista, visitata dal Duce in persona, il quale è lì in borghese e, colpito dalla sua bravura, gli acquista un’opera (il San Cristoforo).
È datata 1932 la scultura in legno che ritrae Mussolini (l’opera in legno viene scolpita nella sala del Mappamondo), anno in cui il giovane Winkler allestisce la sua seconda mostra romana riscuotendo un vivace consenso di critica e stampa.
 
Nello stesso anno si reca a Berlino, chiamato dal ministro della propaganda Goebbels (conosciuto a un ricevimento ufficiale dell’ambasciata tedesca di Roma: era venuto a sapere che aveva fatto il ritratto di Mussolini e aveva deciso quindi di commissionargli anche il proprio).
Nella città tedesca frequenta un corso all’Accademia di Berlino. Sono di quel periodo il ritratto di Van Der Lubbe e una «Madonna in trono», eseguita presso l’atelier del prof. Hitzberger.
Nel 1934 esegue il ritratto della medaglia d’oro Bucchi, lavoro commissionato dalla Casa Madre dell’Invalido e destinato alla successiva mostra di S.M. patrocinata dalla Regina Elena al Palazzo del Quirinale a Roma. Quando viene inaugurata lui è in Austria, prima a Graz e poi impegnato a Vienna dove segue dei corsi all’Accademia di Belle Arti.
 

Gas.
 
Torna successivamente in Italia, dove il clima sta nettamente cambiando.
Leggiamo in proposito a pag. 46 del catalogo: «La guerra di Etiopia, le sanzioni internazionali, l’autarchia, la guerra di Spagna si riflettono anche sulle attività delle arti. Winkler ricorda che fino ad allora aveva sempre fatto e detto tutto quello che voleva.
«Nel 1936 uno stupendo Cristo esposto a Bolzano viene violentemente attaccato da una critica d’arte ormai tendenziosa e fortemente nazionalista che non tollera più espressioni diverse dal regime.[…].
«In questo periodo realizza la scultura (ma non espone) Il gas con cui denuncia l’utilizzo della subdola arma (1935-1937). Winkler, che in apparenza viveva fuori dal mondo, era incredibilmente sempre informato, grazie anche alle sue conoscenze.
«Capisce che lo scoppio della guerra è ormai prossimo.
«Artisticamente in questo periodo si occupa principalmente di ritrattistica e di sculture a soggetto sacro. Winkler conosce a Chiusa (Bz) alcuni giovani norvegesi che lo invitano in Norvegia.
«Così l’artista, dopo la nuova mostra al Dopolavoro dell’Urbe (giugno 1937), abbandona Roma e si trasferisce a Oslo.»
 
Là impara presto la lingua e conosce il pittore Edvard Munch, esegue ritratti di personaggi importanti e stringe amicizie.
Leggiamo a pag. 48 nella sezione dedicata alla sua biografia: «Da Oslo è spesso a Berlino dove frequenta l’Accademia di Belle Arti diventando l’allievo prediletto del prof. Willhelm Tank, docente di anatomia.
«A Berlino l’artista esegue diversi disegni accademici e alcuni album di studio di anatomia in collaborazione con un amico medico sotto la supervisione dello stesso Tank.
«L’11 novembre 1938 assiste alla tragica Notte dei cristalli di cui restituisce testimonianza in un drammatico schizzo a sanguigna.»
Nell’agosto del 1939 torna in Italia.
 
Di lui scrive Marcello Farina: «La Norvegia, si potrebbe dire, gli permette di scoprire una parte importante, decisiva, di sé, del suo talento gotico e romano contemporaneamente…» . E ancora «Così la Norvegia per due anni, tra il 1937 e il 1939, diventa il luogo da cui Winkler osserva la storia dell’Europa, il farsi di un mondo che diventerà via via sempre più drammatico, più contorto, impenetrabile.»
 
 
La Notte dei Cristalli e Van der Lubbe.
 
Aggiunge poi nel suo intervento in catalogo: «E’ stupefacente la velocità della mente e del cuore con cui l’artista si impossessa della realtà norvegese: ne parla la lingua, intense rapporti preziosi molto diversi, con esponenti istituzionali, con attori, musicisti, uomini di cultura. Non è estraneo al fascino esercitato a quell’epoca dal genio di Munch.
«Ma è la sua arte che si arricchisce di nuova potenza, di una forza che proviene certamente dal contatto con una natura e una tradizione severa, perfino arcigna, con le lunghe notti e con la nostalgia del sole, dei colori, della luce.
«Sono le trame della mitologia norrena, cariche di forza, di violenza, che fanno da sottofondo all’azione pittorica e alla scultura di Othmar Winkler in quel biennio prezioso della sua vita.
«Le sue opere acquistano, allora, anche il valore di una profezia, di un’anticipazione di quello che poi l’Europa avrebbe sperimentato in termini di distruzione e di morte…»
 
Claudio Tessaro de Weth scrive riguardo a quegli anni (pag. 32 del catalogo): «…La Norvegia era, in quel momento, un luogo neutrale estraneo a tutti i conflitti ideologici, nazione nel contempo antichissima e giovanissima, vero cuore del grande nord, ove lunghe notti e lunghi giorni invitavano al pensiero, alla meditazione e all’introspezione.
«È qui che Winkler stese dei brevi memoriali programmatici, introspettivi estemporaneamente autobiografici, spesso intercalati da semplici appunti, piccoli schizzi e curò anche qualche corrispondenza.
«Gli amici locali gli scrivono in norvegese, talvolta in tedesco, ed egli legge agevolmente tali comunicazioni in ambedue le lingue.
«Proprio in questi diari, sfogliando a caso, si ritrovano riflessioni sulla nazionalità ufficialmente attribuitagli e su quella in cui veramente egli si riconosce, e in Norvegia la vicenda tirolese è dibattuta in modo sicuramente più obiettivo e comprensivo nei confronti dell’artista.
«Ecco, dunque, emergere fra i primi lavori norvegesi la statuetta lignea dell’eroe tirolese Andreas Hofer (foto a pié di pagina), che lo scultore intendeva regalare alla propria sorellastra in America.
«Questo non è l’unico lavoro su tale soggetto: ne esiste un secondo, di maggior grandezza, sempre in materia lignea (caratteristica peraltro comune a tutte le sculture realizzate in Norvegia, ritratti esclusi).
«Le rimanenti sculture realizzate ad Oslo (accertate circa trenta) si trovano tuttora in terra norvegese…»
 
Nel 1943 realizza la sua prima «Via Crucis» per la chiesa di San Udalrico di Lavis, Trento, quattordici stazioni lignee.
Nel novembre del 1945 si trasferisce a Sarnonico, in Val di Non, e realizza qui gran parte delle sue opere d’arte sacra lignea.
Fra i lavori di questi anni ricordiamo la Via Crucis (1948) collocata nella chiesa di San Bosco a Bolzano.
Un paio d’anni dopo esegue per la chiesa dei Padri Cappuccini a Trento alcuni lavori lignei e nel 1952 realizza la sua terza Via Crucis, la più famosa, per la chiesa dell’Istituto di Maria Bambina di Trento.
Si dedica successivamente all’arte profana bronzea (fra il 1955 e il 1958 realizza per la Scuola Agraria di Teodone (Brunico) il ciclo bronzeo su «I lavori fondamentali dell’Uomo», è invece del 1960 il monumento a «Padre Haspinger» (Gsies) e ai «Caduti» (Bressanone).
Othmar Winkler scolpisce in marmo i busti di Battisti e De Gasperi per il famedio di Trento.
Negli anni Sessanta tiene la sua prima personale del dopoguerra alla Galleria Agostiniana di Roma e una mostra anche a Trento (1961), alla quale ne segue una a Bolzano.
 

Winkler legge il Manifesto studentesco.
 
In questi anni Winkler esegue centinaia di schizzi dei giovani protagonisti della contestazione studentesca.
Risale a questo stesso periodo un ciclo di disegni dedicato all’Astronautica, poi numerose sculture bronzee a carattere mitologico e satirico.
Nel 1970 diventa socio dell’Accademia degli Agiati di Rovereto. E’ degli anni Settanta il ciclo grafico dell’«Apocalisse», al Castello di Velturno espone il ciclo dedicato a «Gaismar e le rivolte contadine», dove - sottolinea Ivo Winkler - «opera una rilettura della storia delle insurrezioni popolari del 1500, attualizzandola nella contemporaneità».
 
La sua grande produzione artistica arriva fino agli anni Novanta. Ricordiamo fra le tante opere realizzate il Monumento ai caduti di Velturno eseguito nel 1982, quello di Appiano nel 1984, nello stesso anno esce a cura di Aldo Gorfer una monografia intitolata «Trento nei disegni di Othmar Winkler».
Tra il 1985 e il 1988 esegue per il Consiglio Provinciale di Trento un importante ciclo di altorilievi bronzei dedicati alla «Storia delle Genti Trentine» (verranno esposti nella Sede del Parlamento Europeo a Strasburgo e poi ad Arco negli anni Novanta), nel 1988 Winker è invitato per la prima volta in Trentino a una esposizione ufficiale: la collettiva d’arte a Trento dal titolo «Situazioni, Arte in Trentino dal 1945».
In questi anni realizza anche alcune sculture di grandi dimensioni, tra cui quella del Satiro, ora collocata al teatro di Bolzano.
Nel 1998, in occasione del terribile terremoto, dona alla città di Assisi il bronzo di «San Francesco straziato».
Nell’ottobre dello stesso anno Othmar Winkler viene insignito ad Innsbruck dell’Aquila d’oro del Tirolo.
 
Daniela Larentis – [email protected]
 
(Fine della prima parte – Seconda parte)


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