«Veniva nel mondo la luce vera» – Di Daniela Larentis
La mostra sull’Avvento e la Natività curata da Massimo Parolini, inaugurata nel Duomo di Trento, sarà visitabile fino all’11 gennaio 2016
Armani, Madonna dei bombardamenti. In basso a sinistra si vede il bombardamento della Portèla.
«Veniva nel mondo la luce vera», mostra sull’Avvento e la Natività curata da Massimo Parolini, è stata inaugurata oggi presso l’Aula San Giovanni (sotto la Sacrestia) nel Duomo di Trento, impreziosita dalle letture teologiche di Monsignor Lodovico Maule.
Si tratta di una bellissima esposizione che raccoglie opere degli artisti Armani Giuliano Ernesto, Berlanda Marco, Bonacina Carlo, Colorio Bruno, De Carli Mauro, Grott Cirillo, Mastro 7, Senesi Luigi, Verdini Pietro, Winkler Othmar.
Resterà aperta al pubblico dal 26 novembre 2015 fino all’11 gennaio 2016 nei seguenti orari: 9.30-12/14.30-18 (ingresso libero).
Il tema della mostra è incentrato sull’Avvento che, come tutti sanno, è quel periodo dell’anno liturgico che comprende le quattro settimane che precedono il Natale, e la Natività, la celebrazione della nascita di Gesù.
I cristiani credono nella resurrezione del corpo e nella vita eterna, per loro la salvezza non dipende dall’uomo, ma può essere ottenuta solo attraverso la fede in Gesù Cristo, il quale era sia il figlio di Dio che Dio stesso, e allo stesso tempo era uomo, avendo sperimentato la condizione umana («Dio si fece uomo»).
Ben lontani dall’intenzione e dalla presunzione di assegnare un significato spirituale alle meravigliose opere esposte (ricordiamo a tal proposito che Monsignor Lodovico Maule il giorno dell'Immacolata e ogni domenica di Avvento, prima dei Vespri, alle ore 18.00, presso il coro del Duomo farà una lettura teologica di una-due opere in mostra), non possiamo tuttavia non riflettere innanzi ad esse, interrogandoci da persone comuni sul senso che ha nell’immaginario comune la parola «salvezza», domandandoci innanzitutto da che cosa noi uomini dovremmo essere salvati: dalla morte, dall’egoismo che si annida in tutti noi, dal dolore che sperimentiamo fin dalla nascita o da cosa altro?
Forse, vien da pensare totalmente immersi nell’atmosfera spirituale del luogo, genericamente dal male che noi stessi compiamo ogni giorno, da ciò che viene definito peccato.
Dal punto di vista artistico, è lo stesso curatore che ci illustra le opere esposte.
Mauro De Carli, Madonna con bambino.
La Madonna dei bombardamenti del pittore-architetto GIULIANO ERNESTO ARMANI (Malè 1898-Rovereto 1986), dopo un’emigrazione in America in seguito ad una vendita all'asta a Trento quattro anni fa, è ritornata da quest'estate in Trentino grazie all’amore per l’arte di due cugini che l’hanno individuata e ricomprata in un’asta nello Iowa (USA) e ora la riconsegnano in visione alla comunità attraverso questa esposizione.
La dolcezza della Madonna che stringe il piccolo figlio sorvegliando amorevolmente le emozioni di paura da lui espresse si giustifica con il paesaggio urbano in devastazione che si staglia alle loro spalle, il bombardamento di Trento nella seconda guerra mondiale, a partire dal tragico evento della Portela.
Di MARCO BERLANDA (Trento, 1932) possiamo ammirare una natività con grande stella cometa. Nelle sue pitture l'artista (del quale è visitabile fino al prossimo 9 gennaio un'antologica presso Palazzo Trentini in via Manci a Trento) si ispira a sentimenti elementari, pulsionali; figure e paesaggi in lui rimandano all’antigrazioso: un naïfs di spessore, tra Rousseau il Doganiere e Pietro Ghizzardi, con un pizzico di Soutine.
Di CARLO BONACINA (Mestrino, 1905-Pergine Valsugana, 2001), autore affermato (nove Biennali di Venezia, cinque quadriennali romane) di dipinti, affreschi (spesso a soggetto sacro) e raffinate incisioni, lo spettatore può ammirare una Madonna con bambino di ascendenza bizantineggiante e la Madonna con bambino e colomba, quadro del 1940 esposto in quell’anno alla Biennale di Venezia, recante in mano una papagna, un decotto fatto con camomilla e uno o due bulbi di Papaver somniferum che serviva a calmare le coliche e a conciliare il sonno dei più piccoli, molto diffuso fino agli ani ’50 del secolo scorso, soprattutto nel Sud Italia (nel Salento, nel tarantino e in Puglia), ma anche al Nord: a Trento si usavano i semi di papavero per l’infuso.
Nella «Maternità» di BRUNO COLORIO (Trento, 1911-1997) il sentimento materno mariano si esprime nella pittura materica con caldi cromatismi, affiancati con ampie spatolate che preannunciano la futura scelta verso forme più astratte del pittore trentino che nel 1953 fondò a Trento l’Istituto Statale d’Arte Alessandro Vittoria.
MAURO DE CARLI (Trento 1944-2008), allievo e collaboratore di Marino Marini e Gino Meloni, è stato uno scultore potente, della materia necessaria, che ha saputo imprimere un’istanza lirica alla gravità del proprio sostrato plastico: teste, busti, corpi statici o dinamici, animali e santi, testimoniano l’atto di una dedizione assoluta al fare artistico-demiurgico.
Vari i soggetti sacri nella sua produzione: in mostra una Donna con bambino in gesso dal forte espressionismo, nel quale la fusione della materia sembra essere metafora di quella spirituale tra madre e figlio. Nella Maternità in gesso grigio patinano, invece, le colature del gesso diventano lacrime espressive del caldo sentimento materno.
CIRILLO GROTT (Guardia di Folgaria, 1937-1990): dello scultore di Guardia (maestro nella conoscenza e nella lavorazione delle varie anime degli alberi, ma anche scultore del bronzo e della pietra, nonché pittore) sono visibili un bassorilievo in bronzo raffigurante la Sacra Famiglia con S. Giuseppe che sembra voler dare riparo e protezione ai famigliari custodendoli con un telo; una imponente Madonna con bambino in larice, con le forme appena abbozzate e una fenditura naturale, apparsa nel legno nella fase di lavorazione, che diventa metafora della ferita che caratterizzerà il rapporto di Gesù con la madre fino al compimento dell’evento della Croce e della deposizione; una scultura in noce (Preghiera) raffigurante una madonna in dolce attesa nel solco delle famose Madonne del parto (tra tutte ricordiamo l'affresco della Madonna del Parto di Piero della Francesca visibile presso il Museo di Monterchi, in provincia di Arezzo o l'omonima scultura di Sansovino nella Basilica di S. Agostino a Campo Marzio a Roma).
MASTRO 7 (nome d'arte di Settimo Tamanini, Mattarello-Trento, 1943) all’attività di orafo, da molti anni affianca quella di artista-scultore: tra i lavori più significativi gli Alberi delle grandi Madri (la vite, l’olivo, il fico, il mandorlo, il melo, il castagno, il melograno) e le Icone (in rame).
Le opere in mostra testimoniano la volontà dell’artista di ricavare con la fiamma ignea la metamorfosi del rame ricavandone, come un alchimista alla ricerca della sua pietra filosofale, campiture che originano dei cromatismi mistici, depurando (in Albedo) la materia originaria in direzione di una propria Rubedo di trasmutazione spirituale.
In Ottavo giorno, il rame nativo soffiato a fuoco simboleggia così la luce dell'annuncio che è anche luce della nascita del salvatore e luce di resurrezione; nei Custodi dell’anima, la trasmutazione, ancora più maestosa, sembra rinviare ad una forma universale accogliente, all’orecchio cosmico, il principio del Verbo-Logos che è presso Dio, che è Dio, creatore e fecondatore, secondo la tesi della Conceptio per aurem (vedi l’Annunciazione di Simone Martini) secondo la quale la Madonna avrebbe concepito il figlio a partire dall’ascolto dei fonemi del verbo divino pronunciati dall’Arcangelo Gabriele.
In LUIGI SENESI (Pergine, 1939-Bologna, 1978) l'astrazione delle «Gradualità segniche» ci porta nella scia del colore-segno significante nella sua variazione di grado in un itinerario di rarefazione che porterà il grande artista perginese verso la sperimentazione di un colore colto seguendo un processo percettivo sempre più mentale e spirituale.
Del pittore PIETRO VERDINI (Gragnola, 1936), caratterizzato da una sintesi plastica d'atmosfera onirica che si riallaccia alla tradizione del romanico (ma anche assira-babilonese e antico persiana), possiamo ammirare (foto) un angelo annunciante dalla massa imponente (memore forse della figura di Valeriano in ginocchio nel trionfo Sasanide di Sapore I), lontano dalla leggerezza dell'iconografia tradizionale, quasi un delicato lottatore di sumo pronto a porgere il fiore della salvezza e a proteggerlo dalla malvagità delle forze mondane; a fianco, una natività chiusa in un bosco, lontana da occhi indiscreti, come in un grembo vegetale che custodisce il segreto della vita in attesa dello svelamento.
Di OTHMAR WINKLER (Brunico, 1907-Trento, 1999) l'Aula S. Giovanni accoglie una statua in legno policromo raffigurante una «Madonna dell'uva» (simbolo del sangue della passione e morte di Cristo), realizzata dal maestro nel 1946, felice testimonianza dell'arte sacra lignea da lui realizzata nel periodo tra il 1928 e il 1957 (foto seguente).
Impossibile non restare affascinati dalla figura della Madonna, la madre di Gesù, la quale ispira un’infinita dolcezza e offre grande consolazione sia ai credenti che ai non credenti; non dimentichiamo che lei era innanzitutto una mamma che ha sopportato lo strazio di vedere morire il proprio figlio ingiustamente sulla croce; ogni madre lacerata dalla sofferenza può trovare in lei una fonte di ispirazione che aiuti ad accettare il dolore, imparando ad affrontarlo con coraggio.
La Madonna sembra portare conforto a tutti noi che viviamo in un mondo ricco di contrasti, un mondo che corrompe e inquieta, un luogo dove è facile sentirsi smarriti, soli.
Ci si sente soli nei momenti decisivi della vita, lei stessa deve aver provato una sensazione di solitudine nell’accettare il peso della responsabilità assegnatale, una riflessione, questa, che ci rimanda alla lettura di un libro a lei dedicato scritto dal sacerdote francescano Ignacio Larrañaga, intitolato Il silenzio di Maria (Edito da San Paolo).
Ecco cosa leggiamo a pag. 59 «… Credo che mai nessuno abbia, come Maria in quegli attimi, provato la sensazione della solitudine sotto l’enorme peso del compito impostole da Dio e dinanzi alla responsabilità per la sua partecipazione a eventi storici così decisivi».
Cercando di comprendere nel modo più preciso possibile quale fu l’esperienza di Maria in quel momento, il sacerdote spagnolo autore del libro indaga in che cosa consista la sensazione di solitudine (pag. 60).
Abbiamo tutti, nella nostra costituzione personale, un angolo di solitudine nel quale, a motivo del quale, siamo gli uni diversi dagli altri. A quell’angolo nessun estraneo giunge, né può giungere. Nei momenti decisivi della vita siamo sempre soli. Soltanto Dio può discendere fino a quella dimensione, la più remota e talvolta irraggiungibile perfino per noi stessi…
In conclusione, una bella mostra, questa, che vale la pena di visitare, ricca di spunti di riflessione, un’opportunità per prepararsi davvero al Natale, scegliendo di viverlo non solo dal punto di vista consumistico, ma soprattutto nella sua dimensione spirituale.
Daniela Larentis – [email protected]
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