La ministro Boschi spara a ruota libera sulle Autonomie
Questo è il difficile ruolo dei replicanti, ma un ministro resta un ministro anche quando parla fuori dalle istituzioni
Maria Elena Boschi, Ministro per le Riforme costituzionali.
Maria Elena Boschi è Ministro per le Riforme costituzionali e per i Rapporti con il Parlamento con delega all'attuazione del programma del Governo Renzi.
Oggi, nel corso di un suo intervento all’assemblea del Partito Democratico, cui appartiene insieme al segretario Matteo Renzi, ha espresso la sua opinione sul futuro delle Autonomie.
Per la Ministro si tratta di istituzioni anacronistiche, che vanno soppresse. Le ha fatto eco il presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino, che ha aggiunto la chiosa: «La guerra è finita da 70 anni».
Ovviamente le Istituzioni trentine si sono ribellate e hanno inviato i propri commenti alle redazionio, che noi abbiamo raggruppato in un apposito articolo (vedi).
Noi, come d’abitudine, esprimiamo qui di seguito la nostra opinione, articolata per cinque considerazioni.
La prima è di carattere politico.
Negli anni ’70 le sinistre avevano voluto le Regioni perché erano l’unico modo di controllare quelle parti di territorio italiano che non erano a vocazione democristiana. Il principio comunque era ineccepibile, perché le diversità del nostro paese sono tante e ci pare giusto che ogni regione sia in grado di vedersi amministrato da gente di casa propria.
Il fatto che oggi proprio le sinistre vogliano nuovamente accentrare il potere allo Stato dimostra anzitutto che, adesso che al potere ci sono le sinistre, queste vorrebbero governare tutto il paese. Insomma il contrario di quello che volevano 40 anni fa. La verità sta sempre dalla parte che fa comodo.
Ma se lo Stato ha già problemi a gestire se stesso, perché vuole controllare anche gli enti locali? Per spendere meno sul territorio, ovviamente.
La seconda considerazione è di carattere universale.
Credo che non sia sfuggito a nessuno l’abnorme differenza tra il Regno Unito e l’Italia dal punto di vista della democrazia. Cameron, leader non certo di sinistra, ha affrontato il problema della Scozia e ha messo i cittadini in condizione di esprimersi sulla propria indipendenza da Londra.
Il referendum concesso a Edimburgo è stato uno dei più grandi esempi di libertà cui il Mondo abbia assistito, tanto vero che il fatto che ha vinto il no sta a dimostrare che gli scozzesi hanno apprezzato la capacità democratica del Governo di sua Maestà.
L’Italia, per contro, si trova congelata addirittura di fronte alla richiesta della Provincia di Belluno che vorrebbe ottenere l’autonomia come il Trentino e l’Alto Adige.
Altro che indipendenza per l’Alto Adige... Il quale, per citare le parole di Chiamparino, a 96 anni dalla fine della Grande Guerra potrebbe chiedere di tornare alla propria nazione di origine, l’Austria.
La terza considerazione è di carattere amministrativo.
Ci è sembrato di ascoltare gli antichi e demagogici slogan del Sessantotto, quando pur di dare a tutti le stesse opportunità, si era giunti alla soluzione di dare a tutti la medesima condizione peggiore. Cioè, anziché esportare l’esperienza dell’Autonomia al resto del Paese, si vorrebbe cavarla a chi ce l’ha e che ha dimostrato di saperla usare.
Francamente, però, l’idea di passare la macchina amministrativa provinciale ai burocrati dello Stato fa venir da ridere. Abbiamo impiegato 40 anni a mettere a p unto la macchina e lo Stato impiegherebbe altrettanto a riprendersela. Molto meno a sfasciarla.
L’osservazione che nasce spontanea è che quella della ministro è stata una parlata fatta tanto per riempire il vuoto di niente. Cioè tanto per rivolgersi all’uditorio con i temi che il pubblico voleva sentirsi dire.
Naturalmente potrebbe essere stata in buona fede, ma allora sarebbe stata solo una replicante di Renzi, senza avere la struttura di Uomo di stato del Presidente del Consiglio.
La quarta considerazione è di carattere istituzionale.
Che Renzi a volte spari nel pollaio col cannone pur di raggiungere i risultati che si è proposto, è comprensibile. Siamo convinti che l’unico modo di cambiare il Paese sia, appunto quello di… cambiarlo.
Il sistema bicamerale perfetto andava smantellato. Noi troviamo un po’ grossolana la soluzione data al Senato della Repubblica, ma è pur sempre meglio che niente.
La cancellazione delle province è stata un po’ frettolosa, dato che bastava fare come in Trentino Alto Adige, dove i consigli provinciali formano anche il Consiglio regionale. Lavorando sui questo tema si potevano concentrare i lavori in un’unica istituzione senza nulla togliere agli interessi locali.
Ma tant’è, in un secondo momento magari le cose possono essere migliorate.
Quello che stupisce è che una ministro del Governo Renzi – con delega, guarda caso, alle Riforme costituzionali – agisca verbalmente come se i sottosegretari operativi nei rapporti con le Autonomie (Delrio e Bressa) vivessero e operassero in un mondo a parte.
Infine, una considera zio ne di carattere storico.
La battuta sulla cancellazione delle autonomie sostenuta con la motivazione che «la guerra è finita da 70 anni.» dimostra che coloro che hanno parlato sanno poco nulla della storia del Trentino Alto Adige e – per esteso logico – di tutto il Paese.
Il problema dell’Alto Adige è nato con il trattato di Versailes, quando i vincitori della Prima Guerra Mondiale decisero – così a vanvera come vorrebbe fare oggi – di dare all’Italia il Sud Tirolo.
Gli alleati dell’Intesa non avevano voluto darci la Dalmazia, come promesso pur di far entrare in guerra l’Italia, e invece ci hanno dato un territorio che di italiano aveva ben poco.
A quasi cent’anni dalla fine della Grande Guerra, semmai ci fosse qualcosa da rivedere, sarebbe proprio l’appartenenza dell’Alto Adige.
E il Trentino? Beh, provate a pensarci. Quando ci fu data l’autonomia, a Roma pensarono di togliersi il problema di mantenere un territorio poverissimo come il nostro.
E adesso che si accorgono che siamo riusciti a uscire dall’autentica povertà di allora, vorrebbero portarci via l’Autonomia che ha consentito di uscire dal tunnel.
E perché non portarcela via? Basta – tanto per fare un esempio – che poi lo Stato ci paghi tutto quello che è fatto dal nostro volontariato che non chiede un solo centesimo per svolgere un’attività che fa invidia a chi è pagato profumatamente.
G. de Mozzi.