Tre grandi Trentini, profeti anche in patria – 1. Nicola Ulivieri

Sandra Matuella intervista per l’Adigetto.it tre artisti di fama internazionale: Nicola Ulivieri, Andrew Basso e Agostino Carollo – Prima parte

Andrew Basso, Agostino Carollo e Nicola Ulivieri sono tre artisti trentini di fama internazionale, rispettivamente nel mondo dell’illusionismo, della musica dance e della lirica, che ultimamente hanno proposto a Trento, con grande successo, degli eventi davvero inediti e originali.
 
Nicola Ulivieri, possente basso cantabile originario di Arco, acclamato dai teatri lirici di tutto il mondo, dove è diretto da grandi direttori tra cui Claudio Abbado e Zubin Mehta (tra pochi giorni debutterà al Metropolitan di New York), il 14 e 16 dicembre ha realizzato la sua prima regia per un teatro di tradizione come il Sociale di Trento, firmando il dittico novecentesco «Il segreto di Susanna» di Wolf-Ferrari e «La notte di un nevrastenico» di Nino Rota.
 
Andrew Basso, classe 1985, di Borgo Valsugana, è illusionista, escapologo e si esibisce sui grandi palcoscenici della magia, da Las Vegas a Singapore: definito «il nuovo Houdini» dalla celebre rivista Wired Magazine, Andrew viene eletto campione mondiale di escatologia a Ontario, nel 2005, e campione italiano di Magia, nel 2012 a Saint-Vincent.
Di recente si è esibito su Canale 5 nella puntata speciale di «Amici» all’Arena di Verona, con il numero della pagoda della morte, mentre lo scorso 15 dicembre i Pooh hanno addirittura chiuso il loro concerto all’Auditorium di Trento, invitando gli spettatori ad andare alla data numero uno dello show di magia «Andrew Basso. Artista dell’impossibile», in scena il 20 e 21 dicembre, sempre all’Auditorium.
 
Come se non bastasse, il produttore e musicista roveretano Agostino Carollo, in arte dj Spankox, che lavora con i grandi nomi della musica internazionale da Miguel Bosè a Andy Fletcher dei Depeche Mode, Skin degli Skunk Anansie e Boy George, lo scorso 22 dicembre ha rilanciato la tradizione del gran ballo della città al Teatro Sociale di Trento, con una formula innovativa che fonde le romantiche atmosfere ottocentesche del ballo asburgico con dj set d’avanguardia.
Questo evento ha richiamato più di mille giovani e meno giovani, accomunati dalla passione per il ballo, dal valzer alla musica techno: il tutto, con un pubblico trentino tirato a lucido, irriconoscibile per eleganza, classe e savoir faire!
 
Nicola, Andrew e Agostino: questi magnifici tre trentini della scena mondiale raccontano a L’Adigetto.it le emozioni e i bilanci del loro ritorno in «patria» e, più in generale, i loro progetti.
Lo faremo in tre puntate, a partire da Nicola.
 

 
 1. NICOLA ULIVIERI  
Lo scorso dicembre il Teatro Sociale di Trento ha visto il debutto nella regia lirica di Nicola Ulivieri: il celebre cantante d’opera di Arco ha firmato due drammi buffi del Novecento, «Il segreto di Susanna» di Wolf-Ferrari e «La notte del nevrastenico» di Nino Rota.
Prodotto dal Centro Santa Chiara di Trento, questo dittico è nato da un progetto dello stesso Ulivieri insieme a Cristina Pietrantonio, consulente artistico del Centro: una produzione interamente trentina molto ben riuscita, con gli interventi video di Armin Ferrari, le luci di Marco Comuzzi, i costumi di Chiara Defant, la scenografia di Filippo Andreatta.
 
Sul piano interpretativo, oltre al Nicola Ulivieri il merito va anche al soprano Anna Delfino, al baritono Marcello Rosiello, ai tenori Filippo Pina Castiglioni, Gianluca Arnò e Gianmaria Aliverta.
Impeccabile l’Orchestra diretta da Dennis Assaf (foto di lato), formata dall’Ensemble Zandonai con l’aggiunta di 19 studenti del Conservatorio Bonporti di Trento e del Monteverdi di Bolzano, preparati Giancarlo Guarino, celebre violinista e sensibile didatta.
Guarino, che è anche fondatore e direttore dell’Ensemble Zandonai, sottolinea la forte valenza formativa del dittico firmato da Ulivieri.
«Per la prima volta – spiega il musicista – Trento si allinea alle grandi accademie europee, in cui gli studenti del Conservatorio vengono preparati e coinvolti in prima persona dal mondo del professionismo musicale.»
 
Per quanto riguarda la messinscena del dittico nel suo complesso, la regia di Nicola Ulivieri riflette i caratteri della sua stessa arte canora, intrisa di eleganza, perfezione formale, senso della misura, ma anche avvolgente e con una vocazione ancora tutta da scoprire per il registro ironico e un discreto senso della provocazione.
Oltre al pubblico, il dittico ha ricevuto il plauso di tanti addetti ai lavori, tra cui il noto baritono Stefano Anselmi, Carla Moreni, critico musicale del Sole 24 Ore, e poi Vito Maria Brunetti, maestro di canto di Ulivieri al Conservatorio di Bolzano.
In sala c’erano tanti studenti e musicisti, arrivati anche dall’estero per il debutto registico di Nicola Ulivieri, ma anche per ammirarlo in scena, nel ruolo di protagonista in «La notte di un nevrastenico».
 
Al termine della rappresentazione, Nicola Ulivieri commenta a caldo questa sua nuova esperienza in qualità di regista.
«Sono soddisfatto, mi è piaciuto sia sotto il profilo artistico che quello umano, inoltre ho scoperto quanto sia impegnativo il mestiere di regista, che non si limita allo studio e alla messinscena dell’opera in teatro, ma richiede un grande lavoro a monte, con mesi di ragionamenti e di incontri per risolvere problemi di varia natura.
«Mi sento portato per la regia, con la consapevolezza però, che il mio mestiere principale è quello di cantare e mi auguro di poterlo fare per i prossimi vent’anni; intanto se tra qualche anno mi proponessero un'altra regia in sintonia con la mia passione per la sperimentazione, accetterei molto volentieri.
«D’altro canto, se avessi saputo di essere così bravo a fare il regista, non avrei fatto il cantante – osserva sorridendo per sdrammatizzare – nel dubbio, però, dovevo dare almeno la parte sicura della mia esperienza professionale.»
 
Lei predilige regie multimediali dove la musica dialoga con il teatro, la videoarte, la grafica e il cinema, come, ad esempio, nella sua versione del Bastaino e bastiana di Mozart.
«Sperimentare nuovi modi di portare in scena un’opera è la dimensione a me più congeniale, perché mi lascia più libertà espressiva e nello stesso tempo non toglie troppo tempo alla mia attività di cantante.
«Per questi motivi non avrei accettato di dirigere un’opera tradizionale, troppo impegnativa e onerosa; la scelta, invece, di presentare due gioiellini del teatro musicale rispetto al repertorio più battuto, mi sembra perfetta per la dimensione del Sociale, un teatro di tradizione, ma più piccolo rispetto ad un ente lirico.
«L’idea quindi di specializzarsi in opere piccole, ma belle e tutte da riscoprire, meno impegnative dal punto di vista scenico ed economico, da realizzare secondo i criteri dell’eccellenza grazie anche a due realtà musicali straordinarie come l’Orchestra Haydn e l’Ensemble Zandonai, mi sembra decisamente vincente.»
 
I suoi prossimi impegni?
«A gennaio canterò per la prima volta al Metropolitan di New York nel melodramma Le Comte Ory di Rossini; a marzo sarò all’Opera di Los Angeles nella Cenerentola, poi al Teatro la Fenice di Venezia nel Don Giovanni e al Teatro Regio di Torino nel ruolo di Dulcamara nell’Elisir d’amore.»
 
Come ci si sente a pochi giorni dal debutto nel mitico Met, il tempio della lirica mondiale?
«Il mio ruolo di Le Governeur è un tipico basso rossiniano, caratterizzato da un’aria lunghissima e difficilissima, nello stile dell’aria di Alidoro nella Cenerentola, che interpreterò a Los Angeles.
«Dovrò studiare tanto, comunque sono abbastanza tranquillo perché ho imparato che nella carriera le cose arrivano al momento giusto: infatti debutto al Metropolitan a 45 anni e non a 30, e credo, quindi, con la giusta maturità per affrontare un palcoscenico così difficile.
«Per il resto, seguo il consiglio del mio agente che è un uomo saggio, e mi dice che non si deve andare troppo fieri di ciò che si farà, ma di quello che si è fatto.»
 
Qual è un segreto del suo successo che si sente di consigliare a chi aspira a diventare una star del canto lirico?
«Pensare in maniera costruttiva, e portare pazienza perché se hai lavorato duramente e ti sei preparato bene, le cose al momento giusto arrivano, magari più tardi, ma arrivano, mentre la smania di arrivare a tutti i costi, bruciando le tappe, a mio avviso non paga: è meglio non forzare le cose, e lasciare che siano gli altri a portarti dove vuoi tu.
«Per questo è importante essere positivi con le persone che ti circondano, con i colleghi e con chi è un gradino sopra di te, evitando sentimenti di invidia e gelosia che non servono a niente, perché in una professione così esposta c’è sempre un motivo se una persona ha successo, che non riguarda solo la bella voce, ma richiede tante altre attitudini che è necessario possedere per affermarsi.»
 
Sandra Matuella
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(Continua)