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Modi de dir 'n trentìm/ 19 – Di Cornelio Galas

19ª puntata dei modi di dire e frasi fatte della tradizione dialettica trentina

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ALORA T’EL FAI APOSTA… – Denuncia di una provocazione. La giustificazione classica: «Vàra che no ho fat miga appòsta… l’è stà la to sposa a basàrme».
 
MA ME CIÀPET PER EN DUGO? – Credi che sia un credulone? Uno che si prende facilmente in giro? Pensi di approfittare di me? Mi ritieni così ignorante e inesperto?

MAGO D’EN DUGO DEL PAMPALÙGO – Formula rimata per dare del semplicione a chi ti ascolta.

SÉT SCAMPÀ DA PÈRZEN? – Quando a Pergine Valsugana c’era il manicomio…

TE GHE SEI DA LA MAESTRA – Riguardava i rapporti tra scolari delle elementari negli anni sessanta. Si trattava in pratica di annunciare la segnalazione al corpo docente di un atteggiamento violento subito durante la ricreazione o passato inosservato in classe.
 
VEI ZO DAL PIN VALÀ – Invito a mettere i piedi in terra. Cioè a lasciare la propria presunzione per tornare tra i… normali.
 
COME ÈLE ’STE TRIPE? QUANDO LE TROVO TE SAVRÒ DIR – Quando le trippe costringono ad una caccia al tesoro nel piatto di brodo. A monte c’è sempre scarsità di materia prima in cucina.
 
DAT FOR DA UGO? – Ugo non si sa bene chi sia, cosa faccia nella vita ma soprattutto perché viene tirato in ballo come parametro del self control. In ogni caso meglio non superare i confini di questa arcana Ugheide.
 
HAT BEGÀ COL PÈTEN? – Dicesi di chi evidentemente non solo ha litigato col pettine ma proprio non ha confidenza con pieghe, riccioli, taglio di capelli ordinato. Va detto che il pettine non è per fortuna né vendicativo, né permaloso.
 
STASERA STAGO LIZÉR – Promessa, quasi sempre infranta, di chi a pranzo ha esagerato sia nelle proporzioni dei pasti sia nel loro contenuto calorico o di grassi. In realtà la cena è quasi sempre la fotocopia del menù diurno. Segue, la mattina dopo: «’En do èlo che gh’è l’alka selzer, ’cramento?». E l’ennesima buna intenzione: «Ah, ancòi a mezdì la và de riso en bianco».

ME NE FREGA MEN CHE MEN … – Stop alla conversazione. Dichiarazione di distanza abissale tra due interlocutori. Anche: «Vàra, no podrìa fregarmen de men…». Drastico: «Prima che vaghi ’nvanti col discorso t’el digo subit: no me ne frega propri gnent de gnent, via zero».
 
NO ’L SE RICORDA PU GNANCA DAL NÀS ALA BÓCA – Amnesia progressiva. Che nulla ha a che vedere con olfatto e capacità di esprimersi. Trattasi di distanza esigua tra percezione e coscienza del percepito.
 
DI’ GIURO – Richiesta di certificazione solenne di qualcosa che ha bisogno di conferme anche extraterrene a volte. Vedi anche: «Ma dài…», «Mavalà…».
 
HAT SGARBIÀ BEN NELA BORSA? – Trovare chiavi, piccoli oggetti in borse riempite all’inverosimile a volte costringe veramente a operazioni di «rastrellamento» metodico. A «sgarbiàr» appunto.
 
COME VOT CHE LA VAGA… – Come vuoi che stia, in quale situazioni mi trovi. Segue di solito: «Chì sèn…’n do vot che vàga?» soprattutto se si è ricoverati in ospedale.
 
MA VALO DE CORP? – Tentativo di indagare sui sintomi per abbozzare una diagnosi artigianale. Se ci sono problemi di evacuazione una volta arrivavano la dolce euchessina per i bambini e le «fòie madri» per gli adulti.
 
SARIA DRIO A NAR… – Classica risposta a chi, sull’uscio di casa o dell’ufficio, sta avviando un colloquio che si preannuncia lungo e noioso. Per tagliar corto meglio usare: «Dai, dai che se no perdo la coriéra, ne sentìn» ed entrare subito nella propria auto sgommando.
 
HO VIST CHE TE SEI SUL GIORNAL ANCOI – Riconoscimento di popolarità se la foto è allegata ad un premio, ad una buona notizia. Conferma di cattiva fama ormai diffusa in caso contrario. Possibile risposta: «Spero de no èsser tra i avìsi da mòrt… perché no i m’ha dit gnent nesùn de quando sarìa el me hòbit».
 
EL SE L’È ’NTAIADA – Ha capito l’inghippo, mangiato la foglia, scoperto l’inganno. «Ah no l’è miga vegnù ala riunióm del condomini: el se l’è ’ntaiàda che gh’era da pagàr la vedràda rota da so fioi col balóm».

HAT CAPÌ EL TÀI DEL PRÀ? – Come sopra.
 
CAPISSET? – Capir capisso, l’è pissar che no pisso.
 
NAR A PETÀO – Aerofagia, meteorismo, flatulenza non c’entrano. Qui si parla non tanto di gas ma di solide, concrete prospettive di andare incontro a malanni seri. O al più di finire per terra.

NE’ FORA A ZUGAR – Invito rivolto di solito a un gruppo rumoroso di bambini quando i rispettivi genitori vorrebbero avere un attimo di tranquillità per dialogare. Pericoloso in aereo o quando i terrazzini non hanno parapetti a norma.
 
GHE STARÀLO DÉNTER? – Dubbio - perlopiù delle mogli - quando in un negozio di abbigliamento cercano un maglione, un paio di mutande, un paio di pantaloni, una giacca per il marito. Le rassicurazioni scontate della commessa: «Ma tanto dopo i se slàrga for…».
 
CON DOMAN NO FUMO PU – Battuta vecchissima. Segue: «Fumo sol co na mam». Vale anche per l’alcolismo.
 
LEZÙ, STUDIÀ – Si dice di chi ha fatto «le scòle alte» e comunque riesce a mettere d’accordo un soggetto con un predicato verbale e un oggetto. Segue la giustificazione: «Mì dopo le profesionàli ho tacà via subit a laoràr neh».
 
EL ME FEVA PECÀ – Mi faceva compassione. Insomma non è un’azione peccaminosa subita.
 
TUTA COLPA DE STI SBALZI – Ci si riferisce a repentini cambiamenti di tempo per giustificare qualsiasi tipo di malessere, soprattutto nervosismo, insofferenza, incostanza.
 
PER VEDER QUALCÒS BISOGNA SLONGAR EL CÒL – Problemi di visibilità in locali affollati (teatro, cinema e affini) ma anche all’aperto se si è sovrastati da chi ha preso posti migliori.
 
I ME N’HA DAT, I ME N’HA DAT MA N’HO ANCA CIAPÀ – Versione poco chiara - o al contrario troppo evidente-– di come sono andate le cose in una rissa.
 
DIME ’SA TE PAR – Richiesta di giudizio di un lavoro, di un qualcosa che si è fatto magari proprio su commissione dell’interlocutore. Attenzione: se domanda termina con «Ah…» vuol dire che ci si aspetta un giudizio positivo. È insomma l’equivalente dell’affermazione: «Vegnù fòra en bel misér ah…». Se invece segue la frase: «…che se no…» vuol dire che si minaccia di distruggere tutto in caso di risposta negativa. Ed è considerato giudizio negativo anche il termine «Sì dài, ensóma, el podrìa anca nàr per quel…»
 
AH, SE NO DOVESS VEDERTE PU… – Segue di solito un «salùdeme la spósa» con la mano tesa per la stretta all’amico e conoscente. Il più delle volte però l’altro, con la mano destra, è impegnato a toccare per scaramanzia ciò che si trova in mezzo alle gambe.

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