Il libro della settimana – Di G. de Mozzi
Titolo: Appunti di un venditore di donne Autore: Faletti Giorgio Editore: B.C. Dalai Editore 2010 (Romanzi e racconti) Pagine: 397, rilegato
IL CONTENUTO
È il 1978 e a Roma le Brigate Rosse hanno rapito Aldo Moro, in
Sicilia boss mafiosi come Gaetano Badalamenti soffocano ogni
tentativo di resistenza civile, all'ombra della Madonnina le bande
di Vallanzasca e Turatello fanno salire la tensione in una città
già segnata dagli scontri sociali.
Ma anche in questo clima la dolcevita del capoluogo lombardo, che
si prepara a diventare la Milano da bere degli anni
Ottanta, non conosce soste.
Si moltiplicano i locali in cui la società opulenta, che nella
bella stagione si trasferisce a Santa Margherita e Paraggi, trova
il modo di sperperare la propria ricchezza.
È proprio tra ristoranti di lusso, discoteche, bische clandestine
che fa i suoi affari un uomo enigmatico, reso cinico da una
menomazione inflittagli per uno sgarbo. Si fa chiamare
Bravo. Il suo settore sono le donne. Lui le vende.
La sua vita è una notte bianca che trascorre in compagnia di
disperati, come l'amico Daytona. L'unico essere umano con cui pare
avere un rapporto normale è un vicino di casa, Lucio, chitarrista
cieco con cui condivide la passione per i crittogrammi. Fino alla
comparsa di Carla che risveglierà in Bravo sensazioni che
l'handicap aveva messo a tacere.
Ma per lui non è l'inizio di una nuova vita bensì di un incubo che
lo trasformerà in un uomo braccato dalla polizia, dalla malavita e
da un'organizzazione terroristica.
Un noir fosco su uno dei momenti più drammatici del dopoguerra
italiano, in una Milano che oscilla tra fermenti culturali e
bassezze morali.
IL COMMENTO
Credo che sia stato uno dei più bei libri letti dal sottoscritto
nel corso del 2010.
Faletti mi è piaciuto molto fin dal primo libro, anche se devo dire
che prima di provare a leggerlo ho dovuto ascoltare più di
un consiglio, tanta era la mia prevenzione nei confronti di uno
scrittore italiano e per di più conosciuto per meriti diversi dalla
scrittura.
Poi l'ho letto, se non altro perché anch'io sono uno scrittore che
non viene letto perché la gente è prevenuta nei confronti degli
autori italiani sconosciuti (nel mio caso sconosciuto in tutti i
sensi).
E Faletti è stata una piacevole sorpresa in tutti i sensi, perché
ogni volta l'ho letto con piacere. Anzi, nella recensione che ho
dedicato al suo secondo libro Fuori da un
evidente destino, ho scritto di averlo invidiato
per il coraggio che ha avuto di scrivere una storia ambientata
nella mia Arizona delle terre indiane.
Questa volta ha scritto un libro esattamente come piace a me, cioè
avvincente parola per parola, frase per frase, ma soprattutto con
una conclusione non sospesa nell'aria, anzi trasferita nel tempo di
dieci anni dopo. Mi sono letto perfino i ringraziamenti dell'autore
perché, come immaginavo, ha ringraziato Bartezzaghi, il mago
italiano dell'enigmistica che io stesso ho più volte interpellato
per alcuni preziosi lavori.
Nella lettura, le sorprese e i colpi di scena di Appunti di un
venditore di donne si susseguono con una calma impressionante.
Finché, verso la fine, sembrano andati addirittura oltre i limiti,
ma così non è e lo dimostra proseguendo secondo il nuovo cambio di
rotta.
Anche l'inizio sembra partire con una chiave di lettura sbagliata,
dato che lascia immaginare che sesso e amore siano banditi per
tutto il racconto. Ma invece anche in questo è riuscito ad inserire
benissimo un equilibrio che pochi si aspettano dalle circostanze
create dall'autore.
Per tutto il racconto aleggia lo spettro della più triste vicenda
della Prima Repubblica, l'assassinio di Aldo Moro. All'apparenza
sembra che la sua figura sia inserita per inquadrare il periodo
storico, ma invece si va poi a incrociare con l'avventura stessa,
sia pure in maniera defilata, quasi estranea.
E infatti è quasi il sommario semantico (cioè non un
bignami) degli Anni di Piombo, quello che l'autore
ricostruisce presso il lettore
Insomma, oltre al divertimento della lettura, Appunti di un
venditore di donne è un'ottima occasione per confrontare il
proprio vissuto di quegli anni con quello proposto da Giorgio
Faletti.
Infine, anche in questo romanzo di Faletti abbiamo trovato più di
una considerazione che varrebbe la pena citare.
Come nel caso di Fuori da un evidente destino, ne riprenderemo una
da inserire nella nstra rubrica del Buonsenso: Chissà se Dio ha
provato rimorso quando ha permesso che uccidessero suo
figlio.
Chapeau!, Giorgio.