Il romanzo dell'estate: «Operazione Folichon» – Capitolo 22°

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Guido de Mozzi

«Operazione Folichon»

Primavera - Estate 2010

PERSONAGGI


Dott. Marco Barbini

Imprenditore italiano

On. Vittorio Giuliani

Senatore della Repubblica Italiana

Arch. Giovanni Massari

Imprenditore italo americano

Eva de Vaillancourt Massari

Moglie di Massari

Geneviève Feneuillette

Baby-sitter di casa Massari

Antonio Longoni
Cesare Agnolin
Giancarlo Negroni

Soci d'affari di Massari

Julienne (Giulia) Lalancette

Assistente di Massari

Rag. Luciano Pedrini (610)

Promotore finanziario di Massari

Giuseppe Kezich

Maestro di caccia

Amélie Varenne

Estetista di Eva Massari

Ing. Giorgio Scolari

Titolare del calzificio Technolycra Spa

Col. Antonio Marpe

Dirigente del Gico

Gen. Massimo Frizzi

Alto funzionario della DIA

Massimiliano Corradini

Finanziere sotto copertura del Sisde

Ammiraglio Nicola Marini

Direttore del Sismi


Nomi, fatti e personaggi di questo romanzo sono frutto della fantasia dell'autore.
Eventuali riferimenti alla realtà sono fatti solo per inquadrare il momento storico di riferimento.
Il locale «
Le Folichon» esiste, ma non è mai stato teatro di fatti come quello descritto nel presente romanzo.


Capitolo 22.
Aeroporto Catullo di Verona, 12 agosto 2002.



L'aereo arrivò a Verona regolarmente dopo sedici ore e quattro cambi d'aereo. Passai il confine e mi diressi all'uscita dell'aeroporto Catullo, dove riconobbi Roberta a distanza. Mi venne incontro e l'abbracciai come se fossi stato via dei mesi. D'altronde in quel momento lei rappresentava il mio ritorno a casa.
«Wow, capo! - disse felice. - Le sono mancata così tanto?»
«Mi siete mancati tutti…»
«Tutto bene in volo, capo?»
«Lungo e faticoso. Perlomeno ero in prima classe…»
Appena fuori dall'aerostazione notai una pattuglia della Guardia di Finanza in tuta di combattimento e un'Alfa blu con motore acceso e porte aperte.
«Vattene Roberta!» - Le ordinai.
«Come, capo?»
«Vai via, stammi lontana. Sciò!»
La girai e le diedi una pacca sul culo col giornale. Mi guardò stupita, poi vide gli uomini della Finanza farsi avanti e rimase attonita in disparte in attesa di sviluppi.
«Lei è il dottor Barbini?» - Mi chiese un tenente.
«Sì.»
«Può seguirci?»
«Posso non farlo?»
«Ehm, no.»
«E allora perché me lo chiede a fare? Andiamo, no?»
Un agente mi prese il bagaglio a mano e il beauty, poi mi fecero sedere nel sedile posteriore in mezzo a due agenti. Il tenente sedette a fianco dell'autista. Nessuno disse niente, neppure io. L'auto si fermò dopo qualche centinaio di metri fatti a tutto gas. Mi fecero scendere e mi accompagnarono in una stanzetta del primo piano senza finestre.
Bella roba, pensai. Beh, almeno non corrono rischi che uno voglia gettarsi dalla finestra
«Ha nulla da dichiarare, dottor Barbini?»
«No, come ho già dichiarato ai vostri colleghi in dogana. Ed io non amo dire le bugie. Né che venga messa in dubbio la parola.»
Un sergente mi guardò con una faccia che meritava di essere fotografata.
«Possiamo verificare se dice la verità?»
«Posso impedirverlo?»
«No.»
«E allora non faccia storie.»
«Si può spogliare?»
«Occazzo! - Dissi, sentendo per la prima volta una profonda stanchezza. - Se lo avessi saputo mi sarei dato una rinfrescata…»
Mi controllarono tutto. Nelle fodere dei vestiti, dietro la fodera della valigetta, nell'agenda, nelle buste… Perfino nel nécéssaire, dove l'agente trovò il mio barattolo di borotalco, vi infilò l'unghia del mignolo e l'assaggiò.
«Puah! Madonna che schifo!»
«Lo credo bene! - Esclamai. - E' il borotalco che uso quando non faccio il bidè…»
«Basta! - Disse il tenente ai ragazzi, senza accorgersi del tempismo di quanto stava per pronunciare. - E' pulito. Fatelo rivestire.»
«Immagino vorrete dirmi che cosa avete cercato.»
«Lo sentirà subito. - Disse il tenente. - Sergente, stenda il verbale.»
«C'è qualcuno che le vuole male. - Disse il sottufficiale mentre scriveva. - E' stato denunciato per traffico di stupefacenti.»
«Cosa? E chi diavolo è stato!?»
«Una fonte anonima, non possiamo riferirla.»
«Una fonte protetta, vorrà dire, non certo anonima perché altrimenti non potevate fermarmi…»
Mi sedetti e provai a raccogliere le idee. Poi mi fecero leggere il verbale.
«Disgraziati! - Protestai, cominciando ad incazzarmi. - Avevo diritto ad un avvocato e voi avevate l'obbligo di dirmelo!»
«Via, su. - Disse accomodante il tenente. - E' tutto bene ciò che finisce bene, no?»
«Finito bene un cazzo! - Ormai mi ero rivestito ed ero incazzato nero. - Non vorrete che firmi il verbale dove figura che ho rinunciato spontaneamente a un avvocato, spero!»
«Su, via, - insisté il tenente. - Firmi qui e qui.»
«Posso fare una telefonata?»
«Purché non sia a un cellulare.»
Non potendo chiamare Antonio Marpe al cellulare scelsi un'altra via.
«Mi chiamate la Guardia di Finanza di Trento, per favore?»
Si guardarono perplessi.
«Prego…» - Dissero dopo aver fatto il numero.
Cercai del tenente Angeletti.
«Sono Barbini. - Gli dissi senza preamboli. - Vuole dire al colonnello Marpe di andare alla guardia di Finanza dell'aeroporto Catullo di Verona? Troverà una denuncia per calunnia contro ignoti. Sì, contro ignoti. So quello che faccio. Sono certo che la cosa lo interessi da vicino perché lui saprà rintracciare gli ignoti.»
Chiusi la comunicazione.
«Non caverà un ragno dal buco…» - Disse il tenente che aveva assistito alla telefonata.
«Non è più affar mio. - Risposi. - Voglio che ricostruisca immediatamente i fatti. Adesso mi metta a disposizione un agente che gli detto l'esposto.»
Rimisi la roba nei contenitori mentre glielo dettavo. Lo firmai e poi mi feci riportare all'aeroporto. Fermarono l'auto vicino alla mia Roberta, che era rimasta lì ad aspettarmi per oltre un'ora.
Scese il tenente e aspettai che venisse ad aprirmi la porta. Mi fece il saluto militare.
«Con le nostre scuse, dottor Barbini. - Poi si rivolse alla mia bella segretaria. - Signorina, la preghiamo di volerci scusare per la perdita di tempo che vi abbiamo causato.»
Roberta mi abbracciò con le lacrime agli occhi e quell'attestazione spontanea di affetto mi commosse un po'.
«Via, Roberta! - La rimproverai per reagire. - Dignità…»
Ci portarono alla sua auto. Caricarono valigetta e beauty, salutarono ancora e finalmente ci fecero andar via.
«La situazione era sotto controllo.» - Le dissi.
«Lo so. Me l'ha detto anche sua moglie al cellulare quando l'avevo avvertita. Ma è stato lo stesso terribile.»
«La purezza non è mai invereconda.»
Giunto a casa abbracciai mia moglie a lungo.
«Il viaggio com'è andato?» - Mi chiese poi come d'abitudine.
«Benissimo. - Risposi ironico. - Avevi ragione tu.»
«Già… - Rispose. - Come sempre…»

Quando ero sbarcato a Miami per prendere la coincidenza per Madrid ero andato a un telefono a gettone e l'avevo chiamata.
«Pronto? - Aveva risposto - Ciao amore.»
«Ciao Gina. Devo dirti alcune cose, ma devi cambiare telefono. Che ore sono lì?»
«Le nove di mattina. Se vuoi vado in una cabina telefonica.»
«Sì, è un'idea. Aspetta che ti do il numero di questo telefono a gettoni.»
In Italia i telefoni pubblici non hanno il numero ma in America sì.
«Hai da scrivere?»
«Dimmi.»
Lessi il numero sull'apparecchio.
«Sono allo 001 305 3780046. Quanto impiegherai a richiamarmi? Devo tenerlo libero.»
«Meno di cinque minuti.»
Chiusi la comunicazione e restai vicino al telefono. Dopo un po' squillò.
«Eccomi.»
«Dimmi.»
Le raccontai tutto, dell'incontro con il finto fantasma e l'ineffabile Corradini, dell'incasso degli assegni, della mia fuga rocambolesca. Infine le raccontai della fine di Massari e Corradini come l'avevo letta nel dispaccio che l'ambasciatore Marzullo mi aveva fatto avere poco prima della partenza.
«Che ne pensi?» - Le avevo chiesto alla fine.
«Sono agitata.»
«Perché?»
«Non te li lasceranno.»
«Cosa?»
«I soldi.»
«E perché mai?»
«Perché sono soldi sporchi. Perché sono una prova inconfutabile. E perché non hai accettato di collaborare.»
«Ma ormai è tutto finito!»
«Lo hai sempre detto anche tu.»
«Che cos'è che dico sempre?»
«Che i soldi sono come i corni, chi li ha se li tiene
«Ma quelli me li hanno dati…»
«Non ti hanno dato soldi, ma assegni.»
«Vuoi dire che non me li pagano?»
«Possono fare di meglio. Se io fossi in loro…»
«Cosa faresti?»
«Te li farei trovare al confine dalla Guardia di Finanza.»
«Cosa possono farmi? Non possono fare una perquisizione personale per cercare degli assegni.»
«Troveranno un'altra scusa.»
«… Liberatene.»
«Vuoi che li butti via? Sei impazzita?»
«Devi essere stanco. Spediscili cazzo!»
La salutai e andai a spedire gli assegni con la normalissima posta USA.
Ricevetti la lettera il giorno dopo il mio arrivo burrascoso. Mia moglie li mise al sicuro. Non era sicura di darli ai legittimi destinatari, perché si trattava di nero.

Non dissi nulla a nessuno. La scoperta che Massari fosse in vita e la notizia della sua morte sigillavano di assurdità il clima che aveva accompagnato quel turbolento viaggio ad Haiti. La denuncia per recuperare gli assegni era solo la ciliegina sulla torta…
Adesso però mi sentivo in difficoltà soprattutto nei rapporti che tenevo con Eva. Primo perché, non potevo dirle tutto né per telefono né per email. Secondo, perché quei bastardi di Roma tenevano sotto controllo tutte le comunicazioni e in particolare il traffico via internet tra me ed Eva. Terzo, la mazzata emotiva era sopraggiunta proprio poco dopo che io e lei avevamo fatto il gran passo. In altre parole, io avevo saputo che suo marito era vivo meno di ventiquattro ore dopo avergli scopato la moglie. Infine, avevo saputo della morte di Massari meno di ventiquattro ore dopo aver saputo che era vivo.
Insomma, dato che la coincidenza a Miami per Madrid era troppo breve, non avevo potuto informare Eva. Meglio così, ma ad ogni modo non potevo attendere oltre, avrei dovuto per forza riprendere i contatti con lei. Sarei stato un mascalzone a non farlo e comunque io ne avevo voglia. Pensai di passare dallo scambio di mail al chatting. La differenza è da una parte funzionale, dato che la E-mail viene ponderata, scritta, riletta e spedita, la quale ricevere a sua volta una risposta che è stata ponderata e quindi emotivamente pulita. Ma dall'altra è poco incisiva perché volatile come il linguaggio parlato. Insomma, per tradurla in termini classici attuariali, si potrebbe dire E-mails manent, chatta volant
Avevo già detto a voce ad Eva come fare nel caso avessi avuto bisogno di comunicare con lei in modo riservato, e per prima cosa l'avvisai di attivare quel percorso. Mi recai in un Punto Internet pubblico della città e le scrissi un messaggio ad un indirizzo che lei aveva creato dal Kinko's più vicino, una delle più diffuse catene USA di punti pubblici di internet. Decidemmo di scaricare e attivare Yahoo Messenger e di cambiare spesso computer per non dare tempo agli intercettatori di trovarci. Cercammo di limitare al massimo le frasi dolci, anche se non era a quelle che avrebbero dato la caccia. Lei si chiamava Biancaneve e io Settenani. Non era una grande fantasia, ma un nome valeva l'altro.
Ma l'unica cose che mi riuscì di dirle era di cercare un telefono a gettone e comunicarmi il numero. L'avrei chiamata all'ora che avremmo concordato.

(Continua)
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