Il romanzo dell'estate: «Operazione Folichon» – Capitolo 19°

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Guido de Mozzi

«Operazione Folichon»

Primavera - Estate 2010

PERSONAGGI


Dott. Marco Barbini

Imprenditore italiano

On. Vittorio Giuliani

Senatore della Repubblica Italiana

Arch. Giovanni Massari

Imprenditore italo americano

Eva de Vaillancourt Massari

Moglie di Massari

Geneviève Feneuillette

Baby-sitter di casa Massari

Antonio Longoni
Cesare Agnolin
Giancarlo Negroni

Soci d'affari di Massari

Julienne (Giulia) Lalancette

Assistente di Massari

Rag. Luciano Pedrini (610)

Promotore finanziario di Massari

Giuseppe Kezich

Maestro di caccia

Amélie Varenne

Estetista di Eva Massari

Ing. Giorgio Scolari

Titolare del calzificio Technolycra Spa

Col. Antonio Marpe

Dirigente del Gico

Gen. Massimo Frizzi

Alto funzionario della DIA

Massimiliano Corradini

Finanziere sotto copertura del Sisde

Ammiraglio Nicola Marini

Direttore del Sismi


Nomi, fatti e personaggi di questo romanzo sono frutto della fantasia dell'autore.
Eventuali riferimenti alla realtà sono fatti solo per inquadrare il momento storico di riferimento.
Il locale «
Le Folichon» esiste, ma non è mai stato teatro di fatti come quello descritto nel presente romanzo.


Capitolo 19.
Haiti, luglio 2002.



Ispaniola è per dimensioni la seconda isola delle Grandi Antille, dove convergono le dorsali provenienti da Ovest formate da Cuba e dalla Giamaica. Da qui parte poi l'arco delle Piccole Antille, le isole che proteggono il Mar dei Caraibi dall'Oceano Atlantico.
L'isola è formata da due stati indipendenti, la Repubblica Dominicana a Est, popolata da bianchi di lingua spagnola, e la Repubblica di Haiti a Ovest, abitata da neri di lingua francese. La capitale di Haiti è Port-au-Prince, per raggiungere la quale dalla Florida si deve fare un largo giro per non sorvolare i cieli di Cuba, da tempo interdetti agli aerei USA. Il primo lembo di terra che si vede dal finestrino quando si raggiunge Haiti da Nord con un volo l'American Airlines è l'isola della Tortuga, quella dei pirati che vi facevano base nei secoli scorsi. Quando vi fummo sopra, la indicai ai miei compagni di viaggio, che restarono indifferenti.
Ci venne a prendere all'aeroporto di Port-au-Prince un alto funzionario del Governo di nome Robert Lévesque, scortato da un battaglione di marines dell'Onu di estrazione quebecoise. I marines canadesi avevano sostituito quelli americani che Clinton aveva fatto sbarcare per reprimere una rivolta fomentata dalla polizia dell'ancien régime. La famigerata polizia segreta di Baby-Doc aveva ancora dei depositi segreti di armi e uno spirito di corpo irriducibile. Ormai tutti sapevamo - Clinton in testa - che solo una pur minima ripresa economica avrebbe potuto consolidare la democrazia. Chissà come la pensava in merito il nuovo presidente George W. Bush.
Una volta sceso in albergo, chiesi a Robert Lévesque come fare per andare a casa Bracque, dove stavano i genitori della tata di Eva.
«C'è una ferrovia?» - Domandai.
«No. - Rispose ironico, dopo una breve attesa. - La ferrovia c'è solo nella Repubblica Dominicana.» - Fece un gesto per indicare l'altra parte dell'isola.
«Taxi?»
«Qui c'è una sola automobile ogni 108 abitanti. - Tagliò corto. - Io non potrò trovarle un'automobile prima di domattina.»
«Beh, sarebbe molto gentile, grazie.»

L'indomani mattina Bivar doveva solo presenziare a una conferenza, quindi lo lasciai solo senza problemi grazie all'auto che Lévesque mi aveva messo a disposizione insieme ad un autista e una scorta. Protestai per la scorta, ma non ci fu nulla da fare. E così, mentre Bivar stava ascoltando le varie teorie sul come indurre gli Haitiani a pagare le tasse, io mi diressi alla casa dei suoceri di Jacques con tre Land Rover. Io, più le due della scorta. Stando alla media, per colpa mia adesso c'erano 324 cittadini senza un'auto.
Il clima di Haiti non corrisponde a quello tipicamente caribico che la posizione astronomica vorrebbe. Gli influssi della calda corrente marina nord-equatoriale e lo spirare costante degli Alisei di Nord Est contribuiscono a temperare il clima. Le parti più calde, quelle calde davvero, sono situate nella costa meridionale perché sono riparate dal beneficio degli Alisei, dove si trova la depressione di Cul-de-Sac, che è una quarantina di metri sotto il livello del mare. E se la stagione meno piovosa è l'inverno grazie all'influsso dell'anticiclone che, seguendo il sole, in quel periodo si porta sul Tropico del Capricorno, l'estate è la più umida e insopportabile.
Non sapendo dove stavamo andando, mi rivolsi all'autista in francese.
«Mi scusi, ma dov'è esattamente l'indirizzo che le ho dato?»
«A tre ore da qui. Basta attraversare il Cul-de-Sac.»
«Ti pareva!»
Percorrendo una strada sterrata e piena di buche, vidi prima fabbriche americane di rhum lasciare il posto alle piantagioni di caffè, poi anche queste vennero sostituite dalla canna da zucchero. Infine entrammo in un'area talmente secca e bruciata dal sole che rendeva irreale la presenza di alcune capanne che ancora si vedevano in mezzo alla sterpaglia. Il caldo era davvero insopportabile. Miami in confronto era la Passeggiata di Nervi in primavera.
Arrivammo alle quattordici, dopo un'attraversata nel caldo asfissiante di una zona incredibile. Ci fermammo al centro di un piccolo villaggio, dove scesero le guardie di scorta. Chiesero del nome che avevo dato loro, poi vennero a prendermi per accompagnarmi in una capanna. All'interno, l'abitazione era fatta di qualcosa che sembrava cemento e le canne di bambù che la ricoprivano dovevano servire a temperare un po' l'abitazione. Dentro, tuttavia, il caldo e l'odore erano terribili. Chiesi della signora Braque. Una vecchia donna di colore con capelli bianchissimi, che un tempo doveva avere una corporatura imponente e fiera, mi accolse e mi fece sedere in una sedia pulita. Le porsi la busta della figlia e lei la prese senza controllarne il contenuto, con dignità. Mi ringraziò con un cenno del capo.
«Poso esserle utile in qualche modo? » - Le chiesi nella sua lingua.
Attese un attimo, poi scosse gentilmente la testa.
Fine della missione.

Risalii in macchina, un po' amareggiato dallo spettacolo desolato che avevo visto. Stavo guardando dai finestrini aperti il panorama scorrere sui fianchi, quando notai che da un po' di tempo dei tamburi suonavano ritmicamente come se un camioncino di batteristi si fosse accodato alla nostra colonna. Poi mi accorsi improvvisamente che eravamo entrati in una piantagione verdeggiante di cacao, e persino i tamburi sembravano meno misteriosi. Uno spettacolo magnifico e tutto il contrario del Cul-de-Sac, che evidentemente avevamo lasciato alle spalle. Quando passammo la cittadina di Mirebalais, mi resi conto che all'andata non eravamo passati di lì. Chiesi spiegazioni all'autista, ma questo si limitò a rispondermi che eravamo quasi arrivati. Ma ci volle quasi mezzora per arrivare alle coste di un lago. Doveva essere il Lac de Péligre, la cui parte più orientale toccava i confini della Repubblica Dominicana.
«E' il Lac de Péligre?» - Chiesi conferma all'autista, senza domandargli perché ci eravamo diretti a Nord.
Ma non rispose, limitandosi invece a indicarmi una grande costruzione moderna sul lago. Entrammo nella proprietà e le tre auto si fermarono. Mi venne incontro un ufficiale di polizia mulatto. Ad Haiti il potere è tenuto dai mezzosangue.
«Monsieur Barbinì?» - Domandò in ottimo francese. In lontananza i tamburi vibravano ancora.
«Oui.» - Risposi cercando di non esprimere nessuna emozione.
«Venga, c'è un elicottero che l'attende.»
Lo seguii sul retro della villa, dove c'era effettivamente un elicottero che iniziava a dare motore alle pale. Non mi posi neanche il problema del perché tutto questo stesse accadendo, e salii a bordo dell'aeromobile.
Ci vollero sono una ventina di minuti per vedere dall'alto l'azzurro Mar dei Carabi. Il pilota mi indicò in basso.
«La Tortue!»
L'isola della Tortuga.
Guardai affascinato i colori che la natura accoppiava in quel tratto del mondo. Il verde dell'isola, il blu del mare profondo, il bianco delle spiagge e l'azzurro dei fondali bassi. Sembrava che le piante tropicali si accalcassero per riflettersi nella bellezza dei Carabi.
Il pilota mi indicò un'antica costruzione in pietra, vicina ma non più collegata al mare.
«E' quanto è rimasto della base dei pirati.»
C'erano ancora dei pesanti cannoni settecenteschi ormai senza ceppo e semicoperti dalla sabbia. Se ne vedono addirittura per le strade di Port-Au-Prince, dove nessuno fa niente per conservarli, ma visti così dall'alto nell'isola della Tortuga sembrava proprio che tutto a un tratto i pirati se ne fossero andati via tutti lasciando là perfino un piccolo cumulo di palle da cannone accatastate a forma di piccola piramide. Probabilmente il tempo le aveva anche saldate fra loro.

Dopo pochi minuti notai un pianoro ritagliato nella vegetazione e vi atterrammo dolcemente. Era un eliporto di cemento dipinto di verde-giallo, probabilmente per impedire che si vedesse troppo facilmente dall'alto. Mi vennero ad aprire la porta mentre il motore ancora ruggiva per tenere fermo l'apparecchio. Scesi e a passo di corsa mi diressi con un ufficiale verso una villa immersa nella vegetazione.
All'interno scoprii con piacere che era climatizzata. Mi fecero entrare in un salotto e mi chiesero di attendere qualche minuto. Mi lasciai andare in una poltrona, cercando di controllare l'agitazione che mi aveva comprensibilmente assalito fin da quand'ero al Lac de Péligre.
Mi alzai in piedi quando tornò l'ufficiale accompagnato da due uomini in borghese. Rimasi senza parole.
«Hallo! Hallo! Hallo! Come va? Come va? Come va?»
Uno dei due era lui, vivo e vegeto. Giovanni Massari in persona.

Mi ero ritrovato in poltrona con un whisky che l'ufficiale mi aveva prontamente messo in mano per farmi riprendere dallo shock. Dunque era vivo! Il bastardo era vivo!
«Posso parlare ora?» - Mi chiese finalmente, dopo essersi seduto nell'altra poltrona.
Non risposi.
«Come avrai capito, mi ero preparato da tempo una via di fuga.»
«Infatti, ora l'ho capito. - In pochi secondi l'emozione e la felicità di averlo trovato vivo era stata soppiantata dalla rabbia per tutto ciò che la sua scomparsa aveva provocato. - Che cazzo hai fatto, incommensurabile stronzo! C'è gente disperata che ha pianto per te! Ma lo sai che cosa è successo in questi mesi?»
«Dopo me lo dirai tu. - Disse con noncuranza. - Ora dimmi come stanno Eva e i bambini.»
«Gli manca il papà.» - Borbottai.
«Eva come sta, l'hai consolata?»
«Come puoi essere così cinico? - Risposi alzandomi in piedi. - Hai montato questa sceneggiata e io ci sono cascato come...»
«Senti chi parla di montare… - Non raccolsi. - Nessuno sa niente. A parte te, naturalmente. Tu sei il mio primo contatto con i vivi e, se ci mettiamo d'accordo, ripartiamo alla grande!»
«Ma cosa diavolo stai dicendo di ripartire, imbecille! Incomincia col dirmi come diavolo hai fatto a far scomparire l'aereo dal radar!»
«L'hanno fatto esplodere.»
«E tu? E il pilota come ha fatto a...?»
«Io mi ero fatto sbarcare a Nord di Schefferville, in una zona d'ombra per i radar, dove mi aspettava l'altro pilota con un Chessna. Il Lear è stato poi fatto esplodere all'altezza dei grandi laghi del Labrador dopo che il mio pilota si era lanciato col paracadute. Noi siamo passati a prenderlo per poi dirigerci al largo dell'Atlantico, fino alle Bermude. Fatto rifornimento, siamo partiti per Haiti.»
Mi diede il tempo di digerire le cose.
«Semplice, vero?»
«E perché questa sceneggiata?»
Ma potevo darmi la risposta da solo.
«Il governo italiano mi aveva preparato un'uscita di scena e un programma protezione per collaboratori di giustizia. Mi trovavo tra due fuochi. Da una parte il Gico stava per far scattare un'operazione ben congegnata ma scollegata dall'operazione attivata dal Governo e dall'altra i miei clienti ormai mi alitavano sul collo.»
«Chi ti ha preparato l'uscita di scena, dato che il Gico ti stava alle costole?»
«La DIA.»
Un po' alla volta mi si andavano a incastrare tutte le tesserine del mosaico.
«Certo che ne hai di pelo sullo stomaco… - Commentai guardandolo. - E come pensi di fare con Eva, i bambini, gli amici?»
«Amici? Non ne ho, a parte te naturalmente. Per quanto riguarda Eva e i bambini, per il loro bene dovrei dimenticarli, ma ci penserò. Se per ora tu vuoi tenere i rapporti con Eva…»
«Sei un pezzo di merda!»
«Fattela tu, no? Mi sembravate piuttosto affiatati, o mi sbaglio?...»
«Cazzone!»
«Prova a pensare a quello che ho passato. Ho dovuto accelerare i tempi, perché loro avrebbero fatto fuori anche i miei.»
«Loro chi, il Gico, la DIA o la… la Mafia del Brenta?»
«Quelli della Mafia del Brenta erano dei morti di fame… Il Gico mi avrebbe comunque portato via tutto e la Mafia, quella vera, avrebbe fatto fuori me e la mia famiglia. Scomparso io, invece...»
Non aveva accennato alla DIA…
«E adesso, cosa vuoi fare?» - Domandai come per chiudere ed andarmene di lì. Avevo lo stomaco che voleva liberarsi di lui.
«Ho qui con me quasi ottocento di milioni di dollari. Per cominciare.»
Rimasi senza parole.
«E come cazzo hai fatto?» - Ma ormai non mi stupiva più…
«Me li sono fatti dare dalla Selfig Spa, che è una Sim offshore dello Stato….»
«Che cosa?»
«Beh, dovevano pur vendere gli immobili che hanno acquisito dal mio ex impero…»
Non riuscii impedirmi di ridere.
Ora mi presentò al personaggio che era con lui.
«Questo signore si chiama Massimiliano Corradini, - disse indicandomelo. - Max per gli amici.»
Corradini mi allungò la mano e io gliela strinsi, sia pur senza convinzione. Ma neanche lui disse piacere. Portava un pesante braccialetto d'oro al polso destro e una catenella uguale pendeva dalla sua cravatta. Io sono assolutamente tollerante con chi non ha classe, ma stavolta lo trovai davvero volgare. Immaginai che pochi lo chiamassero Max
«E' il presidente della Selfig Spa. - Continuò Massari, che notò la mia diffidenza. - La sua figura è indispensabile. E' lui la mia interfaccia con la DIA.»
Aveva parlato nuovamente di DIA.
«L'unico modo di vendere immobili in grandi quantità senza far crollare il mercato - iniziò Corradini, - è di intestarli a una finanziaria e di quotarne le azioni in borsa. Poi queste vanno collocate sul mercato istituzionale e quello tradizionale.»
«Quello istituzionale è quello delle banche in genere, ma nel nostro caso quelle italiane. - Precisò Giovanni. - Sono obbligate a tenere riserve con titoli fondiari.»
«Poi ci sono i fondi comuni. Gli stessi carabinieri investono in un nostro fondo pensione…»
«Bene, allora sei a posto.»
«No, bisogna anche collocare i titoli della Businnet Inc
«Businnet? - Chiesi rizzando le orecchie. - Che cos'è?»
«Un'altra finanziaria che abbiamo aperto io e Corradini per gestire i nostri fondi in Rete.»
«Vostri in che senso?»
«Ricordi i mutui bancari?»
«Non dirmi…»
«Sì. Metà dei soldi che ricevevamo li avevamo versarti in questa Businnet che è quotata in borsa come… una sorta di Portale Internet. E' proprietaria di immobili, di società…»
«E giustificavi l'ammanco con i mutui?»
«Più o meno…» - Sorrise.
«Sei un mentecatto. - Gli dissi con una nota di ammirazione. - Non spererai di farla franca, vero? Tu non sai con chi hai a che fare.»
«Lo sa Corradini.»
Corradini mi guardava come un maiale sazio e Massari sorrideva soddisfatto, certo di aver fatto colpo su di me.
«Allora mi dai una mano, vero?» - Mi domandò.
«A far cosa? Cazzo!»
«A collocare i titoli delle due Sim. E' giunto il momento di rendere operativo il tuo piano di commercializzazione in Europa. Che ne dici?»
«Perché non chiedi ad Amélie?»
«Lei non sa nulla di me, mi crede morto. Non può saperlo nessuno del vecchio giro.»
«Eppure, sembra che tu sappia gestirti bene con gli amici di un tempo.»
«Quali?»
«Quello con cui hai messo su il tuo impero.»
«Quelli non ci sono più…»
Forse Giovanni non sapeva davvero con chi fosse stato in affari. Ma Corradini non poteva non saperlo. A meno che Massimiliano Corradini non fosse proprio culo e camicia con Massari. Ovvero che facesse il doppio gioco.
«Finché hai contatti come lui, - dissi, fingendo ammirazione, - dovresti di farcela sempre, eh?»
Era sensibile alle adulazioni.
«Se è per questo, - proseguì Giovanni, - ti sei chiesto come ho fatto a farti venire qui?»
«Mamie?»
«Sono stato bravo?»
«Lavora per loro?»
«No, per Haiti.»
«E come hai fatto a inserirti qui ad Haiti?» - Gli chiesi, anziché rispondere.
«Mi ha introdotto il Console haitiano di Québec.»
«Il governo haitiano è dalla tua?»
«Questo, e quello che c'era prima.»
«Douvalier?» - Chiesi stanco.
«Non dire puttanate. Baby-Doc è in Francia, obeso al punto da non riuscire a muoversi senza una botte di supporto. Io sono culo e camicia sia con l'attuale presidente Préval che con Aristide, il presidente uscente.»
«Aristide? Ma se è stato il primo presidente regolarmente eletto al posto di Douvalier!»
«Bravo, ma la loro costituzione vuole che un presidente non venga eletto due volte di seguito ma solo a legislature alterne, e così gli ho dato una mano a tornare.»
«A tornare contro la costituzione? Ma sei tutto matto? Vuoi guidare una restaurazione?»
«Non dire stronzate. Io mi limito ad appoggiare Aristide per controllare Préval e ad appoggiare Préval per controllare Aristide.»
«Ma ti rendi conto, al di là degli aspetti morali, che se ad uno dei due dovesse succedere qualcosa, tu faresti la sua stessa fine?»
«La polizia di Douvalier è ancora perfettamente armata, addestrata e ben pagata.»
«Da te, immagino.»
«Da noi. Non dimenticare la Selfig Spa. - proseguì. - Credo di avere investito bene. Haiti ha tutto da fare, strade, case, scuole… Pensa che l'istruzione è obbligatoria e ci saranno sì e no dieci scuole. Io non posso espormi perché sono morto, ma tu sì. Se ti metti con me, potrai girare i miliardi di euro che stanno per arrivare dall'Unione Europea. Pensa solo a cosa significa il 10% di queste cifre e vedrai che ti girerà la testa.»
«Con la Selfig e la Businet alle spalle, ovviamente.» - Sottolineò subito Corradini.
«Sei un povero matto, Giovanni. Vuoi un consiglio da amico? Vieni via con me. Ora, subito.»
«E' troppo tardi. Ho tagliato con il passato. Sono riuscito a salvare la mia famiglia, ma non potrò più andarmene da qui...»
«Starai in esilio per tutta la vita. Ti rendi conto, vero?»
«Ma no… Le cose nella vita cambiano. Diventerò un diplomatico, mi farò accreditare all'ONU, mi farò una plastica, riporterò l'Isola della Tortuga ai suoi antichi splendori…»
«Già, come all'epoca dei pirati. L'hai proprio azzeccata. Ti saluto Giovanni Massari… Sempre che mi lasci ripartire.»
«L'elicottero è sempre pronto.» - Disse indicandomelo.
«Non hai paura che ti tradisca?»
«Chi, tu? Mavalà! - Rise per dimostrare la sua fiducia. - Anzi, sai cosa faccio? Ti do gli assegni per rimborsare i tuoi clienti che avevano investito da me in Canada e in Usa.»
Andò alla scrivania, aprì un cassetto chiuso a chiave ed estrasse una busta rossa. Me la porse.
«Dimmi se c'è tutto.»
Aveva uno dei suoi sorrisi più accattivanti. Io guardai nella busta e trovai degli assegni tratti sulla banca HSBC. Erano intestati a me, ma per quello che ricordavo gli importi sembravano rispondenti ai crediti dei miei clienti. Dunque aveva previsto di darmeli fin dall'inizio.
«E tu mi lasceresti andare così?»
«Sono certo che collaborerai con me. Questo è un segno di buona volontà e di fiducia.»
Me ne uscii per andarmene via, poi mi girai dalla sua.
«Pensi che ci rivedremo davvero ancora?» - Gli chiesi, come se potessi vederlo morire ancora una seconda volta.
«Ne sono sicuro.»
«E con Eva?»
«Intanto, pensaci tu!» - Insisté ironicamente.
«Fanculo.»
«Ricordatelo!» - Aggiunse Corradini dandomi volgarmente del tu.
«Che cosa devo ricordarmi, di Eva?»
«Il 10 % di miliardi di euro…»
«Me ne ricorderò…»
«Una mano lava l'altra e tutt'e due lavano il viso. - Concluse Corradini. - La provvigione è buona e noi ti aiuteremo dall'esterno.»
Mezzora dopo ero al Lac de Péligre, e dopo altre due ore rientravo a Port Au Prince.

(Continua)
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