Il romanzo dell'estate: «Operazione Folichon» – Capitolo 15°

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Guido de Mozzi

«Operazione Folichon»

Primavera - Estate 2010

PERSONAGGI


Dott. Marco Barbini

Imprenditore italiano

On. Vittorio Giuliani

Senatore della Repubblica Italiana

Arch. Giovanni Massari

Imprenditore italo americano

Eva de Vaillancourt Massari

Moglie di Massari

Geneviève Feneuillette

Baby-sitter di casa Massari

Antonio Longoni
Cesare Agnolin
Giancarlo Negroni

Soci d'affari di Massari

Julienne (Giulia) Lalancette

Assistente di Massari

Rag. Luciano Pedrini (610)

Promotore finanziario di Massari

Giuseppe Kezich

Maestro di caccia

Amélie Varenne

Estetista di Eva Massari

Ing. Giorgio Scolari

Titolare del calzificio Technolycra Spa

Col. Antonio Marpe

Dirigente del Gico

Gen. Massimo Frizzi

Alto funzionario della DIA

Massimiliano Corradini

Finanziere sotto copertura del Sisde

Ammiraglio Nicola Marini

Direttore del Sismi


Nomi, fatti e personaggi di questo romanzo sono frutto della fantasia dell'autore.
Eventuali riferimenti alla realtà sono fatti solo per inquadrare il momento storico di riferimento.
Il locale «
Le Folichon» esiste, ma non è mai stato teatro di fatti come quello descritto nel presente romanzo.


Capitolo 16.



Geneviève si era dileguata in un baleno tenendo in una mano la valigetta e nell'altra le scarpe coi tacchi, mentre i poliziotti facevano irruzione nella stanza che anche noi avevamo abbandonato.
Fuori ad attenderci c'erano il padre di Eva, il capo della polizia di Québec City, il colonnello Marpe e, naturalmente, Amélie. Ci portarono nell'ufficio di lei dove ci attendeva un'équipe medica che però, per fortuna, dovette solo limitarsi a chiedere se preferivamo un caffè o del valium. Io scelsi il caffè. Poi accompagnarono me al Frontenac e Giulia a casa di suo padre.

Verso mezzogiorno mi recai al Consolato Italiano, dove ci stavano aspettando il Console, il Senatore e l'ufficiale del Gico. C'era anche l'onnipresente console di Haiti, il quale fu fatto partecipe dell'atmosfera festosa che si era creata.
«Se togli le variaibli impazzite, - stava spiegando il senatore ai due diplomatici, - la politica diventa una scienza esatta.»
Conoscevo bene Giuliani. Era come se stesse dicendo che in politica tutto è prevedibile.
«Venga, venga avanti dottor Barbini. - Disse l'ospite stappando una bottiglia di Ferrari Brut Perlé. - Tra un po' verrà anche la siognora Amélie Varrenne.
Annusò automaticamente il tappo dello spumante, poi passò la bottiglia al suo collaboratore affinché versasse il contenuto nei flûte. Diede il primo bicchiere al senatore, il quale poté così concludere il suo intervento.
«Stasera partirò per l'Italia da Montréal. Ho seguito l'intero svolgersi delle operazioni in stretto collegamento con il nostro Governo. Qualsiasi decisione è avvenuta in sede politica. - Disse per prevenire eventuali critiche mie su Marpe. - Già domani riferirò personalmente al Presidente del Consiglio e ai Ministri delle Finanze, degli Interni e degli Esteri. Insieme andremo alla Commissione Finanze del Senato. Direi che da questa operazione sono stati ottenuti ottimi risultati...»
«Direi eccezionali. - Precisò il Console alzando il flûte tutto soddisfatto.
Il diplomatico di Haiti annuì con importanza, Antonio Marpe non ebbe reazioni. Il senatore diede un lungo sorso allo spumante.
«...E di conseguenza credo proprio, - proseguì il Senatore quasi masticando la sferzata di bollicine che si era sparato, - di poterli convincere a rendere pubblica solo la parte riguardante la mafia del Brenta e le cifre recuperate dallo Stato. Se sul resto verrà posto il segreto di Stato, nessuno saprà mai collegare i fatti, e mi pare politicamente conveniente chiudere tutto così.»
Pensai che non sarebbe stato un gioco da bambini monetizzare il patrimonio che la Selfig si era incamerata per conto dello Stato. Avrebbero avuto bisogno di Massari per farlo…
O Amélie, he he. Sorrisi ironico tra me e me.
«Il capo della polizia di Québec - aggiunse il Console, prendendo in mano per ultimo il flûte di spumante, - sta trattando in questo momento con i giornalisti per fornire loro una spiegazione logica dell'accaduto.»
«Ci crederanno?»
«Riceveranno conferma in giornata dall'Onu.» - Era stato Tom Marpe a parlare.
«Checcazzo c'entra l'Onu?»
Ovviamente non rispose, ma sapevo che cosa avrebbero detto. Conoscevo il trucco perché l'aveva già usato Dante nella Divina Commedia: Vuolsi così colà ove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare
«D'altronde, i giornali quando non scrivono quello che diciamo noi, sparano cazzate.» - Concluse.
«Viva la libertà. - Commentai ironico. Poi tornai serio. - Non sarà comunque una buona pubblicità per nessuno.»
«Non so che farci. - Intervenne Marpe alzando le spalle. - Ma era una delle condizioni sine qua non.»
Con una sorsata finì la sua dose di Ferrari.
«Condizioni?» - Ripetei. Non capivo il nesso.
«Non vorrà mica che ci fossimo limitati a un patteggiamento come al mercato delle vacche di Verona, vero?» - Rispose Marpe con la solita veemenza che riservava a me.
«Era una trappola per far scoprire Antonio Longoni? - Chiesi stupefatto. - Vuole dire che Amélie era d'accordo con voi?»
«Per filo e per segno. Ma aspetti...»
Stavano annunciando l'arrivo di Amélie. Quando entrò la salutammo. Ora anche il suo aspetto era migliore.
«Allora? - Disse il senatore offrendole dello spumante con l'affabilità del politico navigato. - Va meglio adesso?»
«Sì, grazie. - Rispose lei alzando il bicchiere a tutti. Poi si rivolse a me. - Marco, forse mi devo scusare, ma...»
«Senti, prima che mi venga voglia di prenderti a calci, vuoi provare a spiegarmi un po' le cose?»
«Ieri ti avevo detto esattamente la verità. Solo che non te l'avevo raccontata tutta perché ci stavano ascoltando.»
Si riparò dietro al calice di spumante, gustandone un sorso.
«Su precise disposizioni nostre e della polizia locale, - cominciò Tom, - Antonio Longoni, Cesare Agnolin e Giancarlo Negroni venivano pedinati da tempo. Non sapevamo come fare ad incastrarli e ieri, dopo aver concertato il tutto in sede politica, - indicò il Senatore, - abbiamo deciso di patteggiare con la signorina Varenne alle condizioni che sappiamo, in modo da lasciare aperta una possibilità molto appetitosa. Amélie disponeva ancora di un ingente capitale...»
«...Che avevo incrementato sotto i loro stessi occhi.» - Intervenne Amélie, vantandosi del tempismo con cui aveva condotto l'operazione in borsa per il controllo della Virgin's Secret.
Marpe riprese la parola.
«Avevamo sparso ai quattro venti la voce della disponibilità finanziaria rimasta alla signora e speravamo che il collettore e i suoi soci beccassero all'amo. Non c'era altro da fare.»
«E per questo Amélie mi aveva convocato al Folichon...» - Dissi quasi tra me e me.
«Sì, - ammise lei. - Tu eri una delle esche da lanciare, e lì al Folichon avevano già dimostrato di sapersi muovere senza troppe difficoltà. Avrebbero abboccato.»
«E gli altri due?»
«Erano nei dintorni in attesa che Longoni portasse il malloppo. Li abbiamo arrestati subito dopo la fine del vostro rapimenti a scopo di riscatto.»
«Sei una donna con le palle e col pelo sullo stomaco.» - Dissi ad Amélie.
«Beh, è andata.» - Intervenne il colonnello per mettermi tranquillo.
«Zitto Tom, per favore. Quindi, - proseguii mettendo giù il mio spumante, - il milione di dollari lo avevi già preparato il giorno prima... Ecco perché alle sette avevi già i soldi.»
«Macché! Come vuoi che potessi sapere come si sarebbe comportato Antonio? Probabilmente anche lui decise all'ultimo momento cosa chiedermi.»
«E allora dove te li eri procurati i soldi?» - Chiesi severo.
«E lei dove lo trova qui a Québec il Ferrari?» - Chiese il senatore al console per stemperare l'atmosfera.
«Me lo porto dall'Italia.»
«Erano finti. - Proseguì Amélie. - I dollari, voglio dire. Roba da cinema, li affitto io...»
«Dannazione! - Tossii un po' prima di riprendere il filo del discorso. - Disgraziata, c'era in ballo anche la vita di Giulia!»
«Si era appena guadagnata una buona fetta della mia immobiliare. Diciamo che non stava rischiando proprio per niente
«Cinica della malora. E la mia vita allora?»
«I tuoi soldi non li tocca nessuno. Ti basta?» - Commentò Amélie per tranquillizzarmi.
«E quelli dei miei clienti?» - Incalzai.
«I suoi clienti che hanno investito il America passando dall'Ufficio Italiano Cambi non verranno infastiditi.» - Intervenne Marpe.
«Dannazione, sono passati tutti dalle banche austriache!…»
Ostia, avevo parlato troppo…
«E allora confischeremo tutto.»
«Li faranno dissequestrare.» - Protestai, non troppo convinto.
Poi tornai a rivolgermi ad Amélie.
«Ma se qualcosa fosse andato storto, se si fosse accorto che erano falsi, cosa avresti fatto?»
«Al diavolo! Stavano arrivando i soldi veri, ma sarebbe stato troppo tardi. Avevo cercato tutta la notte una banca disposta a darmi i contanti necessari, dicendo che era un'emergenza per pagare un riscatto. Non ci crederai, ma non ne avevo trovata disponibile neanche una. Allora ho cambiato tattica, e ho cercato ben trenta milioni di dollari. Dollari USA.»
«Vada avanti.» - La incoraggiò il Senatore. Conosceva il seguito e voleva gustarsi la mia reazione.
«Me li hanno dati subito.»
«Trenta? E come diavolo…»
«Ho detto che mi servivano per esercitare l'opzione d'acquisto dell'ultimo palazzo che Massari aveva acquistato a Miami Beach. Scadeva oggi. Mostrando il contratto, qualsiasi banca di Québec si è dichiarata disponibile a finanziarmi. Contro ipoteca di primo grado, naturalmente.»
«E i contanti come li avevi giustificati?»
«Nero, per pagare qualcuno. Solo che i contanti non sarebbero arrivati al Folichon prima delle dieci.»
«Bella trovata, complimenti.»
«E redditizia anche.» - Aggiunse il Senatore, ammirato lui per lei.
«Redditizia?»
«La ascolti. Di questa donna sentiremo parlare ancora.» - Suggerì il Console di Haiti.
«Che vuol dire?» - Chiesi ad Amélie.
«Che stamattina ho comperato davvero il palazzo a Miami, con i soldi delle banche di Québec City.»
«Madame Amélie. - Intervenne alzandosi in piedi il console italiano. - Chapeau!»

Geneviève era stata preparata accuratamente da Amélie che l'aveva convocata d'urgenza tramite Eva dopo l'imprevista richiesta di Antonio Longoni che non voleva che il pagatore nascondesse armi da qualche parte.
Amélie aveva dovuto cavarle gli occhiali da sole (non fu facile) e spogliarla (non fu difficile) per vestirla da cameriera del Folichon (fu penoso). Amélie in persona dovette truccarle il viso con cura e impiegò quasi tutto il tempo a disposizione, mentre altre estetiste le depilavano le gambe e le abbronzavano a dovere con terra del Colorado. Le mise una parrucca di servizio, il fermacapelli d'uso, il cravattino color argento e il tanghino adesivo dello stesso colore. Infine la vestì con la nota giacca nera del frack. Aveva concordato con lei dove tenere la pistola: nella mano aperta che sosteneva la valigetta. Avevano anche calcolato le probabilità di riuscita: meno del 30% che il Longoni la riconoscesse, il 60% che la facessero entrare, più del 98% che - una volta entrata - riuscisse ad eliminare i due senza danni per gli ostaggi.
«Avevi deciso in partenza di uccidere entrambi, vero? - Le avevo chiesto alla fine, non che cambiasse molto le cose... - Ora mi dirai che avevi mille miliardi di ragioni per uccidere. Mi spiace, Amélie, ma io non... Non c'è nulla per cui valga la pena uccidere o per cui valga la pena morire.»
«Eh no, caro il mio dottor Barbini, Europeo con le frasi fatte del cazzo!»
Amélie aveva preso l'argomento di petto e sembrava intenzionata a farmi la paternale.
«Per quanto ti possa sembrare improbabile, abbiamo sentimenti anche anche qui nel Grande Nord. Tu hai trovato tutto facile, vero? Donne che ti sono grate solo perché le monti, animali da uccidere senza pericolo di estinzione, soldi che ti piovono dal cielo solo perché presenti dei clienti a chi si fa un culo così per renderli produttivi... Bene, sappi che io ho sempre fatto a meno dei soldi. Il mio lavoro era quello di investire, gestire e amministrare bene, far funzionare la macchina di Massari, fare in modo che i soldi non andassero bruciati stupidamente.»
«Amélie, io...»
«Poi hanno iniziato con minacciare la famiglia di Massari, la mia...»
«Anche te? Amélie, non sapevo...»
«Ci sono tante cose che non sai, conte Marco Barbini. Hanno ucciso due sicari, ma hanno fatto fuori anche due mie ragazze. Quando mi hai parlato di Mazarin e Richelieu, mi hai fatto intuire cosa doveva essere successo. Bene, sappi che una resterà invalida per tutta la vita e che l'altra è stata sfigurata... Le manderò in chirurgia estetica appena possibile, ma puoi capire anche da solo che resteranno segnate per tutta la vita.»
«I due sicari sono stati uccisi da Giuseppe...»
«Mi ha solo preceduto. - Tradì una impercettibile emozione - Infine hanno ucciso... hanno ucciso Giovanni Massari lasciando due bambini senza papà. Mi hanno anche sfasciato un impero, non lo nego, ma quando mi hanno finalmente chiesto un riscatto altrimenti avrebbero ucciso Giulia e te... scusami Marco, ma ho detto proprio Giulia e te, in questo ordine, ho deciso. Amélie Varenne aveva pagato abbastanza.»
«E la polizia?»
«Il lavoro sporco lo lasciano volentieri agli altri. Lo scaricabarile era finito ieri sera sulla sulla mia scrivania, ed era già da qualche giorno che avevo imparato a vivere da sola: démerde toi. Togliti dalla merda da sola, Amélie. Sei una donna e sei nel Québec!»
Mi sentivo un maschio con l'uccello piccolo piccolo. Il Senatore le porse un altro calice con comprensione. Il Console mostrò un certo imbarazzo. Antonio Marpe ascoltava con professionale indifferenza.
«Lo sai cosa hanno fatto le mie collaboratrici quando hanno saputo che Geneviève veniva a liberarvi stamattina all'alba?»
Non risposi.
«Avevano atteso che Jène uscisse dal mio ufficio in quella versione femminile così in contrasto con la sua personalità e l'avevano accolta con un applauso incoraggiandola per tutto il tragitto. Cameriere in divisa o nude a metà, ballerine in costume o in accappatoio, ragazze che avevano ancora addosso sapore di maschio, ragazze fuori da ogni tentazione come le impiegate e la mia direttrice, tutte si riconoscevano in lei e le gridavano: Sei una donna, sei la migliore, fagli un culo così! Tutti contavamo su di lei, perché le donne qui non contano sostanzialmente un cazzo!
«Dovevano imparare una volta per tutte a non toccare più nessuno al Folichon, a non coinvolgere né i nostri clienti né le amiche di questi. Ne sarebbe andata la nostra dignità, che è l'unica cosa che conserviamo ancora intatta.
«Ti sembrerò cinica Marco, ma in quel momento mi bastava che ne uscissero bene le mie ragazze e il loro locale.»
Il console di Haiti le si avvicinò.
«Il mio governo vorrebbe intavolare con lei un certo discorso, signora Varenne…»
«Sempre a disposizione di chi ha bisogno di credere nel futuro, signor console!» - Rispose rianimandosi dallo sfogo.

L'indomani, i quotidiani di Québec dicevano che la polizia aveva svolto un'operazione al Folichon su richiesta della proprietà, che aveva così voluto mantenere lontana la malavita da un locale che per tradizione si collocava da sempre nell'ambito della correttezza e della legalità. Le Soleil si era domandato che legame ci potesse essere tra un emigrato italiano di nome Massari e il mondo degli affari in Québec, ma non era riuscito a darsi una risposta che andasse più in là della pura invidia provinciale. Le Journal de Québec invece aggiungeva che un certo dottor Domenico Corradini, presidente della Selfig Spa, una misteriosa SIM d'oltre oceano, aveva rilevato le proprietà di Massari per conto del Governo italiano.

A noi, invece, Marpe aveva spiegato come erano andate le cose, dopo averci ricordato la gravità di un'eventuale violazione del Segreto di Stato.
Antonio Longoni era uno dei referenti dell'estinta Mafia del Brenta, nonché il collettore di una fitta rete di cravattari veneti subentrati alla Mafia proprio come una naturale evoluzione dell'economia post-mafiosa. Non appena scoperta l'esistenza dei mutui in essere sugli immobili acquistati per loro da Massari, Antonio fu minacciato di morte dai suoi se non fosse riuscito a recuperare il denaro in brevissimo tempo. Longoni parlò chiaro a Giovanni più di una volta, ma questo insisteva a dire che tutto era regolare e che i mutui erano il metodo migliore per tenere gli investitori sposati al sistema bancario del Québec e degli States. In realtà, in questo modo credeva di tenere per le palle gli scomodi e pericolosi partner malavitosi del Veneto.
Aveva tragicamente sopravvalutato l'intelligenza dei suoi referenti.
Da allora, una prima volta Longoni aveva ingaggiato a Miami dei contrabbandieri di cocaina per travolgere la barca con a bordo me e i familiari di Massari. Dopo aveva organizzato il tentato rapimento di uno dei figli, quindi aveva provato a far uccidere degli uomini a lui vicini, poi a far terrorizzare lo stesso Giovanni al Folichon, e infine, quando sentì la presenza del GICO che gli alitava sul collo, provò a dettargli un'ultima scadenza. Giuseppe, il sicario, aveva tampinato da vicino il Massari e una volta rischiò anche di morire sotto il peso devastante dell'ignaro Luciano Pedrini. Da quel momento rimase rintuonato e non fu più un uomo normale. Aveva deciso che alla prima occasione avrebbe ucciso Luciano Pedrini. Così sfigato, non gli sarebbe certo stato difficile.
Come sappiamo, queste azioni giunsero a destinazione. E così, dopo tanti interventi maldestri, aveva compreso di avere a sua volta poche possibilità di sopravvivenza, e non gli era restato altro che dare a Giuseppe l'incarico di sabotare con una bomba l'aereo di Giovanni Massari. Successivamente avrebbe fatto i conti con Amélie, di certo più facile da piegare alla ragione.
E stavolta ci riuscì. A far esplodere l'aereo, almeno.

Luciano Pedrini, quella sera al Folichon fu interrotto da un ordine perentorio da parte della direzione del locale: fare i bagagli e tornare subito in albergo. Gli avevano detto che Marco Barbini e Giulia Lalancette erano già andati a dormire. Peccato, era appena riuscito a convincere una ragazza che si chiamava Anna a mostrargli le tette. Poteva essere la donna della sua vita e sentiva che era il suo momento magico.
La sera del giorno dopo aveva incontrato me e Giulia e ci aveva raccontato eccitato per un'ora fino a che punto si era spinto con le ragazze. Noi lo ascoltammo con assoluta dedizione e autentica soddisfazione.
Poi parlò di lavoro e chiese che cosa avrebbe potuto fare adesso. Non sapeva che avrebbero confiscato i soldi dei miei clienti, ma i miei non li avrebbe toccati nessuno.
«Prima di tutto, io ti devo dare cinquanta milioni di lire per i contratti che hai chiuso per me.»
«Ma non me li devi mica dare!» - Mi aveva risposto convinto.
«Ah no! E perché?»
«Perché Massari non ti aveva ancora pagato le provvigioni.»
«E chi te l'ha detto?»
«Lo stesso Massari, proprio un giorno prima di morire.»
«Quel sacramento!»
«Come hai detto?»
«Che non è vero. Me li aveva già versati.»
«Wow! - Esclamò di gioia. Poi si ridimensionò. - Ma non ho più un lavoro, qui.»
«Se ti impegni ad imparare l'inglese in trenta giorni, potrai lavorare per Amélie. - Gli dissi - Hai da vendere un palazzo da 120 appartamenti sulla spiaggia di Miami Beach, vicino alla Ocean Drive.»
«Quale?» - Chiese Giulia, ignara.
«Quello che Massari aveva acquistato con la fattiva collaborazione di Luciano per trenta milioni di dollari.»
«Ma se non lo aveva ancora pagato!» - Esclamò.
«Appunto. Quindi non era sequestrabile. Amélie ne ha approfittato solo dopo aver chiuso il suo debito con lo Stato Italiano.»

Il Senatore si era portato a casa il trofeo di Caribù, ma non era riuscito a trovare nella sua stube un posto adeguato. La carne del caribù era ancora nei freezer dei cottages di Maricourt e nessuno l'avrebbe mai mangiata perché non è quel che si dice entusiasmante al palato. Il Caribù era stato ucciso inutilmente e il senatore era rimasto dell'idea che la caccia sulle Dolomiti fosse di classe superiore. Tuttavia, si era fiondato a Roma per adoperarsi a far approvare la legge finanziaria in tempo utile per consentirgli di passare le vacanze di Natale lontano da casa e, anche se nessuno sapeva dove, a me aveva detto che sarebbe andato volentieri a caccia in Argentina.
Divenne il principale fautore della vendita degli immobili di stato come fonte straordinaria per le entrate dello Stato nel dilancio 2002 e gli osservatori politici del Paese erano sicuri che a un prossimo rimpasto di governo il Senatore avrebbe avuto una poltrona di tutto rispetto, magari agli Interni, dove l'attuale sottosegretario aveva ampiamente passato i cinque anni previsti dal suo partito.
Da quando era tornato in Italia, ad ogni modo, gli era stata attribuita una scorta permanente da parte della Guardia di Finanza. Ma l'unico pericolo che correva il senatore, diceva il colonnello Tom Marpe, ero io.

Amélie era andata a Madonna di Campiglio, ma sarebbe venuta a passare l'ultimo dell'anno a Miami con il nuovo socio l'ingegner Giorgio Schooler.
La campagna delle Calze dei Sette Veli della Salomè prometteva un gran successo, tanto che per San Silvestro erano previsti innumerevoli spogliarelli casalinghi di stampo biblico, con la scusa di arrivare al benaugurante tanghino adesivo rosso, che naturalmente aveva prodotto e distribuito lei in esclusiva per la catena The Virgin's Secret. Più per fare soldi che per dare uno schiaffo alla letteratura, un pubblicitario americano aveva fatto mettere in scena l'opera teatrale di Oscar Wilde Salomè, dove Erodiade assomigliava straordinariamente a Eva Massari de Vaillancourt e Salomè era la nostra attrice in persona della pubblicità, Manuela. D'altronde, neanche l'avesse fatta apposta, Wilde aveva scritto Salomè sia in inglese che in francese…
La campagna delle Amélie's-Cloudy sarebbe partita a gennaio contemporaneamente in Europa e in America. Un'abile campagna di Stampa e Pubbliche Relazioni stava facendo trapelare che era giunto il momento della riscossa per le donne rotondette. Amélie in persona, per caricare la fase d'attesa del nuovo prodotto, aveva rilasciato una prima intervista nella quale aveva dichiarato spudoratamente Ho sconfitto l'anoressia. I due soci erano ansiosi di leggere i rilevamenti dei sondaggi di opinione e di vendita di dicembre.

Anche la campagna per la sensibilizzazione sullo smaltimento differenziato dei rifiuti solidi urbani in provincia di Trento era stata un successo. I cittadini, assicurava un sondaggio commissionato dall'Ente pubblico locale, si erano impegnati di utilizzare per tutta la vita contenitori diversi per garantire il giusto smaltimento ad ogni tipo di rifiuto.
Berbenni, l'art dell'Agenzia NPM, aveva partecipato a una serie interminabile di seminari sull'educazione pubblicitaria in tema di rifiuti e si era candidato per il premio nazionale riservato alle agenzie pubblicitarie impegnate nella comunicazione sociale. Ma i colleghi pubblicitari sapevano perfettamente che il lavoro gli era riuscito bene solo perché non aveva avuto interferenze di sorta da parte del committente.

Insomma, tutto bene quel che finisce bene.
Ma era solo una pia illusione.


FINE PRIMA PARTE


(Continua, tra 10 giorni)
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