Il romanzo dell'estate: «Operazione Folichon» – Capitolo 4°
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Guido de Mozzi
«Operazione Folichon»
Primavera - Estate 2010
PERSONAGGI |
Dott. Marco Barbini |
Imprenditore italiano |
On. Vittorio Giuliani |
Senatore della Repubblica Italiana |
Arch. Giovanni Massari |
Imprenditore italo americano |
Eva de Vaillancourt Massari |
Moglie di Massari |
Geneviève Feneuillette |
Baby-sitter di casa Massari |
Antonio Longoni |
Soci d'affari di Massari |
Julienne (Giulia) Lalancette |
Assistente di Massari |
Rag. Luciano Pedrini (610) |
Promotore finanziario di Massari |
Giuseppe Kezich |
Maestro di caccia |
Amélie Varenne |
Estetista di Eva Massari |
Ing. Giorgio Scolari |
Titolare del calzificio Technolycra Spa |
Col. Antonio Marpe |
Dirigente del Gico |
Gen. Massimo Frizzi |
Alto funzionario della DIA |
Massimiliano Corradini |
Finanziere sotto copertura del Sisde |
Ammiraglio Nicola Marini |
Direttore del Sismi |
Nomi, fatti e personaggi di
questo romanzo sono frutto della fantasia dell'autore. |
Capitolo 4.
Alle cinque della mattina dopo, telefonai al mio ufficio. In
Italia erano le 11.
«Buongiorno Roberta.»
«Mister Bàrbini! - gridò felice la mia assistente creativa.
Chiamò mia moglie ad alta voce coprendo la cornetta. -Signora! E'
suo marito. Intanto ci parlo io. Allora, Marco, tutto bene il
viaggio?» - Mi chiese mentre mia moglie si portava nel proprio
ufficio.
«Sì, Roberta. Grazie.»
«Ha scelto le sue donne ideali?» - Si riferiva alle modelle per
la pubblicità alle calze.
«Io sì, e voi?»
«Anche noi. Ma sono certa che i suoi gusti saranno diversi. Io
credo di sapere quali ha scelto lei...»
«Ah, e secondo te quelle che ho scelto io dovrebbero essere
diverse da quelle scelte da te e mia moglie?»
«Per forza. Rappresentiamo tre target diversi. Ma ne parliamo
dopo. Ora le passo sua moglie.»
«Gina?»
«Ciao, Marco. Tutto a posto?»
«Sì, grazie. - Sapevo a cosa si riferisse mia moglie. - Ma non
ho ancora parlato con Massari in privato.»
«Bene, ma non preoccuparti per noi. Tu fa' il tuo lavoro con
calma. Qui è tutto sotto controllo.»
«Avete scelto le fotomodelle?»
«Non abbiamo raggiunto un accordo, c'è bisogno di te. Hai avuto
tempo di sfogliare il catalogo?»
«Sì, e non è stato male.»
«Lo immagino, vecchio mandrillo.»
«Non sono vecchio.»
«Neanche mandrillo, se è per questo. Ma sono convinta che ti sei
lustrato gli occhi lo stesso. O preferivi fare la campagna per i
rifiuti solidi urbani?» - rise.
«Come fanno a venirti in mente queste stronzate? - Mi incazzai.
- Prendi nota, che ti dico quali ragazze suggerisco. E quando
tratti il prezzo, chiedi se per quella cifra posso anche
farmele.»
«Già, e io dovrei pagarle, vero?»
«Sei tu il mio amministratore. Hai da scrivere?»
«E' meglio che ti passi Roberta. Provate a mettervi d'accordo
voi.» - Me la ripassò.
«Eccomi Roberta. Dimmi.
«Lei ha scelto la 15 e la 22. Vero?» - mi chiese questa.
«No. E voi quale avete scelto, la 3 e la 13, vero?»
«Cannato. Io vorrei riconoscermi nella 17, quella che si chiama
Manuela. Da signora, invece, vorrei assomigliare a Cristina, la
numero 2.»
Era uno scambio di opinioni costruttivo. Presi nota.
«Mia moglie, a chi ha pensato?»
«Non vuole Manuela, la diciassette. E questo mi fa pensare che
sia proprio la ragazza giusta perché secondo me non la vuole perché
la farebbe ingelosire. E' il tipo che piacerebbe a suo marito, no?
E allora prendiamola come testimonial dell'amante, non le
pare?»
«E' un buon ragionamento. - Ammisi. - Ma mia moglie chi
vorrebbe, allora?»
«La numero uno e la trentadue.» - Presi nota ancora, perché non
potevo fingere di ignorarlo.
«E tu invece, chi mi suggerisci?»
«Beatrice, la numero 9, come ragazza disinvolta e Caterina, la
11, come signora. Jenny, la 30, come ragazza emancipata.»
«Ne hai aggiunta una terza.»
«Indica la mia incertezza.»
«Dammi un altro imput.»
«Lei quale si farebbe di quelle che ho scelto?»
«Tutte tre.»
«D'accordo, - rispose con indulgenza. - Ma in quale ordine?»
«Jenny, Beatrice e Caterina.»
«Grazie. - Prese nota. -Quando ci risentiamo?»
«Domattina alla stessa ora. Un bacione. Mi ripassi mia
moglie?»
«Subito. Un bacione anche da parte mia.»
Alle sette mi telefonò Giovanni.
«Sapevo che eri sveglio.» - mi disse sentendomi la voce.
«Già, - risposi. - Solo che ho lo spazzolino in bocca.»
Ignorò la risposta.
«Sta per venire a prenderti il mio fedele Jacques. Voglio
parlarti qui in casa mia, senza che gli altri ci vedano
insieme.»
Un quarto d'ora dopo scesi nella Hall e Jacques mi venne
incontro.
«Bonjour, Monsieur Barbinì.»
«Ciao, Jacques.»
Mi fece uscire per primo, per poi precedermi all'auto. Mi aprì
la porta del passeggero, mi fece entrare e chiuse la porta.
«Dormito bene?»
«Sì grazie.»
«Forse le sembrerà un po' freddo qui a Québec...»
«L'avevo previsto.» - risposi indicandogli il piumino che avevo
addosso.
Dopo un po' eravamo in una magnifica zona residenziale della
città vecchia e Jacques fermò l'auto poco dopo il Consolato
Francese che esponeva con orgogliosa ostentazione la bandiera
tricolore sull'asta del poggiolo sopra l'ingresso. Notai che tutte
le case della zona avevano una struttura metallica coperta da
teloni di naylon trasparente che partiva dall'ingresso principale
per arrivare al marciapiede.
Jacques mi anticipò. - «Si sono preparati alle nevicate. Le
previsioni dicono che ci vorranno sì e no uno o due giorni.»
«Ne cade molta di solito?»
«Anche più di un metro. Per volta.»
Mi fece strada in villa Massari. Era una costruzione di stile
coloniale francese del secolo scorso, ma all'interno c'era ogni
comfort possibile. Un doppio ingresso riparava l'interno dal freddo
esterno. Entrammo in un atrio che dava accesso a tre stanze e a due
scalinate opposte, in quercia scura come l'Hotel Frontenac. Mi
vennero incontro Eva e Giovanni; un bacio e una stretta di
mano.
«Prendi un caffè?» - chiese Eva.
«Sì grazie.»
Eva si diresse alla cucina, io seguii Giovanni mentre dalle
scale scendevano Geneviève e i piccoli Luca e Andrea. Portava
immancabilmente gli occhiali, ma aveva un piccolo sorriso per
me.
«Bambini, - ordinò Eva in francese. - Salutate zio Marco.»
Mi balzarono al collo abbracciandomi.
«Ciao Gène.» - le dissi attraverso le loro braccia.
«Vi ho portato un regalo. - annunciai loro quando li rimisi a
terra. - Ve lo darò quando tornerete da scuola.»
Allora corsero fuori, come per accelerare i tempi del
ritorno.
«Ho portato qualcosa anche a voi. - dissi poi a Giovanni. -
Spero che non mi odiate per questo.»
«E perché?» - chiese lui incuriosito.
«Perché vi ho portato una copia di ogni libro che ho
scritto.»
«Eva ti sarà grata. - rispose ironico. - Quanto a me, ho posto
per libri più di quanto possa immaginare.»
Infatti, mi introdusse in un salone dove c'era una libreria
tutt'attorno alle pareti, quasi vuota. In fondo alla sala vedevo un
biliardo e, in mezzo, un paio di divani e quattro poltrone.
«Parva, sed apta mihi, eh?» - osservai con malizia.
«Traduci.»
«Piccola ma adatta a me, dicevano i latini.»
«Piccola?» - chiese incerto.
«Ti sto prendendo per il culo.» - Confessai. Si
tranquillizzò.
«Piccola, ma adatta a me… he he. Non è male. La ricorderò per i
miei amici. Seguimi. Andiamo in ufficio.»
Passammo da quella che poteva sembrare una sala riunioni da
famiglia mafiosa, cioè con una tavola e sedie girevoli di cuoio per
trenta persone, poi entrai nel suo office privato. Stesso stile del
resto della casa, ma piccolo e funzionale. Mi fece accomodare e si
sedette alla scrivania. Aprì il cassetto e tolse un paio di
buste.
«Guarda prima questa.» - disse soddisfatto.
«Wow!» - esclamai, appena sfilate le foto che conteneva.
«Soddisfatto?»
Erano foto della mia Cadillac con il parabrezza nuovo e un
colore azzurro metalizzato talmente lucente che sembrava appena
uscita di fabbrica. E una piccola sorpresa: la foto che la
riprendeva di fronte mostrava una bellissima targa con la scritta
Barbini, in caratteri anni Sessanta.»
«Grazie. - dissi emozionato. - E la targa, come hai fatto?»
«Con 25 dollari. In USA la targa anteriore puoi farla come vuoi.
Ho pensato che kitch più o kitch meno...»
«Grazie. - Brontolai. - Dov'è l'auto adesso?»
«L'ho venduta. - scherzò. - Nel mio garage. La prima volta che
vai a Miami... Beh, intanto prendi quest'altra busta.»
Aspettò che l'aprissi, poi parlò.
«Contiene un assegno di mezzo milione di Dollari Canadesi. Il
dollaro Canadese vale poco più di 1.300 Lire, quindi direi
che...»
«Ti ringrazio anche per questo. - Ero doppiamente soddisfatto. -
E questa è la mia fattura. Quietanzata, come puoi vedere.»
«Che fattura? - chiese. Entrò sua moglie con i caffè. Non
parlammo finché Eva, dopo averli posti sulla scrivania, non ci
lasciò.»
«Che fattura?» - ripeté poi.
«A fronte di quello che mi hai dato.»
«Starai scherzando, spero!» - rispose, guardando la fattura che
aveva estratto dalla busta.
Rimasi attonito a guardarlo.
«Incredibile. Devi essere impazzito. - Iinsisté, rimettendola
nella busta. - Non vorrai pagare le tasse su un importo come
questo, spero?»
«Beh, intanto devo togliere i cinqanta milioni della fattura che
mi farà Luciano per aver chiuso i contratti a nome mio...»
«Ma sei proprio matto se speri che Luciano ti faccia una fattura
da 50 milioni! Cazzo, siamo in Canada apposta...»
«Lo so, ma devo fare una fattura anche se il reddito è prodotto
qui in Canada. C'è un accordo fiscale tra i governi dei paesi
europei e il Canada e Stati Uniti per cui ognuno può chiedere
all'altro...»
«Ma no, ma no, funziona così. Per ogni cliente, noi costituiamo
una società e gliela intestiamo.»
«L'ho capito, ma il nostro Ministero delle Finanze può sempre
chiedere se una certa persona possiede immobili o società
immobiliari...»
«Lo so, Cristo. Ma in realtà le cose vanno diversamente. Basta
che a possedere gli immobili in USA sia una società Canadese e che
in Canada a possedere gli immobili sia una società Statunitense, e
i controlli incrociati si spengono.»
«Dio mio... - Dissi, mettendo a fuoco. - Io non ho mai evaso una
lira...»
«Un perfetto stronzo.»
«Ma c'è convenienza a pagare le tasse qui in America invece che
in Italia? La mia fattura dovrebbe servirvi lo stesso per
alleggerire l'imponibile, no?»
«Il Québec sta iniziando solo ora a richiamare capitali
dall'estero e, credimi, per qualche anno chiuderà anche più di un
occhio.»
«Ho sempre dormito tranquillo.»
«Ora dormirai meglio, credimi. Apri un conto qui dando il tuo
indirizzo di Fort Lauderdale, poi fa' l'assegno che vuoi a Luciano
Pedrini, e dimenticati del fisco italiano.»
Ero ancora intontito, non avendo mai avuto una sola lira senza
doverla spartire con lo Stato. - «Non dire nulla al Senatore, ti
prego. - Dissi poi sull'agitato. - Siede nella Commissione Finanze
del Senato.»
«Sedesse anche alla destra del Padre… Ironizzò. - Sta' attento a
non dire nulla tu, principiante e gentiluomo.»
Principiante sì, pensai. Ma non mi sentirò più un
gentiluomo.
«Ora debbo andare. Userò la mia macchina perché ho mandato
Jacques a portare il Senatore a vedere la città e fare provviste
per la caccia di domani. Ma non vorrei che sapessero che ci siamo
già incontrati. Ti porterà in ufficio Eva. OK?»
«Certo.» - dissi. - «Grazie. Ma se vuoi, prendo un taxi.»
«E smettila di fare complimenti, cristo! Siamo o non siamo
amici?»
Complici, pensai che volesse dire.
«Vuoi vedere la casa?» - mi disse Eva quando Giovanni se ne fu
andato.
«Grazie.» - Mi avrebbe certamente rilassato.
Mi portò al piano di sopra per la scalinata di destra.
«Abbiamo l'abitudine di salire da questa scalinata e di scendere
da quella sinistra. - Racconto, come per scusarsi. - C'è anche un
ascensore, ma non lo prendiamo mai. E' per quando saremo
vecchi…»
Mi portò nella stanza dei ragazzi, poi me ne fece vedere altre
tre. Ognuna aveva il suo bagno. Una era per la babysitter e l'altra
per un figliolo, quando avessero voluto dormire da soli. L'altra
era per un eventuale altro erede. Alla fine del corridoio mi fece
vedere un ballatoio che dava sulla piscina coperta da 25 metri che
stava al piano terra. Restai a bocca aperta.
«C'è anche la Jacuzzi, ovviamente. Io ho le stessse abitudini
dappertutto.^ - Mi sorrise riferendosi a quella mattina a
Miami.
«Gli ospiti dormono dall'altra parte. - Mi portò attraverso un
passaggio stretto fino a un'altra ala della casa, dotata di scala
propria, più piccola ma autonoma. - Ci sono un appartamentino qui
ed un altro di qua.»
Me li fece vedere.
«Se mai un giorno i ragazzi avessero un'amica, potrebbero stare
qui. Meglio in casa che in macchina, no?»
«Lo faranno lo stesso in macchina anche loro» -Le assicurai. -
Più il mondo cambia, e più resta uguale. Credimi.»
«Vieni, ti faccio vedere la nostra camera.»
La seguii tornando nella parte padronale della casa attraverso
lo stesso passaggio di prima. La loro era una grande camera con una
pedana sulla quale stava un grande letto matrimoniale. Una
stanzetta a destra e una a sinistra formavano i loro rispettivi
guardaroba. Avevano, ovviamente, anche due bagni. Mi fece notare
che tutti i bagni di casa avevano i bidè. Quello di lui aveva anche
l'orinatoio per fare la pipì stando in piedi, come nei locali
pubblici.
«Quale vestito mi consigli?» - chiese, dopo aver estratto
quattro capi diversi.
Li guardai, mentre avvertii che lei si sfilava
l'accappatoio.
«Fammi uscire, ti prego.» - le dissi.
«Cosa c'è, Marco? - mi chiese meravigliata. - Se ti imbarazza,
mi spoglio in bagno.»
«No, scusami Eva, io non sono... - Le strinsi le braccia e mi
sforzai a vincere l'imbarazzo. - Scusami ancora. Ecco, ora sono
quello di sempre.» - La guardai negli occhi perché mi credesse.
«C'è qualcosa che ti turba, Mr. Barbini?»
«Sì, ma passerà da solo.»
«Bene. Sappi che c'è qualcosa che turba anche me. - Si fece
seria. - Davvero.»
Mi sedetti sul letto, ignorando l'etichetta.
«Bene. - Dissi. - Chi incomincia?»
«Comincia tu. - Fece lei. - Cosa mi metto?»
«Questo. - risposi con sicurezza. - Esprime quello che io penso
di te.»
Si spogliò lasciando cadere l'accappatoio che poco prima si era
invece rimessa. La guardai soddisfatto, aveva un body grigio perla
per niente sgambato, anni Cinquanta. Era quel che si dice una figa
e mi piacque pensare immodestamente che si fosse messa stile
Marylin Monroe apposta per me. Mi resi conto di essere proprio
stato uno stronzo a farle pesare il mio malumore. Prese il vestito
dall'attaccapanni e lo infilò da sopra. Si avvicinò a me per farsi
chiudere la zip. L'alzai, le allacciai il gancetto e la presi tra
le braccia da dietro.
«No Marco, per favore.»
Si girò abbassandomi le braccia.
«Perdonami.» - Arrossii, perché si era turbata e lei si avvide
che l'avevo notato. Se a suo marito piaceva mostrarla, a lei
piaceva sicuramente mettersi in mostra.
«Non montarti la testa. - Mi avvisò invece. - Potrei anche
desiderarti da morire, ma non tradirei mai mio marito.»
«Lo so, Eva. Ti aspetto giù.»
Scese, più bella che mai.
«Ora dimmi tu cosa ti opprime.»
Io non volevo certo dirle della chiacchierata fatta con suo
marito e cercai lì per lì il migliore argomento che avrei comunque
affrontato con lei indipendentemente da tutto.
«Devo fare una scelta.» - le dissi alla fine.
«Sentiamo se posso esserti utile.?»
Presi la mia cartella e sfilai l'album delle fotomodelle e gli
appunti che avevo scritto telefonando in ufficio. Le spiegai cosa
avrei dovuto fare e lei studiò con professionalità foto, campagna,
briefing di produzione e appunti. Mi fece una fila di domante sulle
ragazze scelte da me, dalla hostess dell'Alitalia, da mia moglie e
dalla mia più stretta collaboratrice.
«Beh,» - disse alla fine, - «mi pare che non vi siano dubbi
sulla giovane emancipata, come dite voi. Secondo me, ha ragione...
Come si chiama la tua assistente, Roberta? Se Manuela, la ragazza
numero diciassette, non piace a tua moglie, deve essere proprio
quella giusta. Guardandola, anch'io mi rendo conto che è
contemporaneamente l'antitesi della famiglia e il desiderio
inconscio dell'uomo sessualmente attivo. E' bionda, occhi azzurri,
ha uno sguardo da dominatrice indipendente, due tette che sembrano
rivolte al cielo naturalmente, e un sedere che sta sù senza bisogno
di nulla. Di che segno sarà? Dov'è scritta la data di nascita?
«Metà luglio.»
«Magnifico. Un leone. E' la donna giusta. Farà impazzire gli
uomini.»
«E la signora di classe?»
«Secondo me dovrebbe essere una bilancia.»
«No. Dicevo fisicamente.»
«Neanch'io trovo tra questi soggetti una donna che non possa
temere la concorrenza di una ragazza così fortemente femminile e
provocante come Manuela.»
«Diciamo che sono d'accordo e fingiamo di aver scelto la
disinvolta. Ma se non troviamo l'altra?"
«Che ne dici di chiedere a un'altra agenzia?»
«Escluso. Non c'è tempo.»
Pensò per un po'.
«Io un'idea ce l'avrei. - disse poi. - Ma non è detto che sia
percorribile, quindi ne parleremo più tardi.»
Mi alzai per uscire.
«No, Marco. - disse, rimettendomi a sedere. - E' meglio che ora
stia tu a sentirmi. C'è un problema in famiglia.»
Mi disposi ad ascoltare.
«Giovanni non ha denunciato l'aggressione del motoscafo a Miami,
e non è riuscito a darmene una spiegazione logica.»
«Non è una buona ragione per preoccuparsi. - Risposi, pensando a
cosa fosse meglio dirle. - E' inevitabile che lui si sia fatto
qualche nemico nel mondo degli affari e che quella volta abbiano
provato a spaventarlo. Probabilmente ha preferito non agire con
l'aiuto della legge per non attirare su di sè attenzioni
particolarmente dannose per un lavoro come il suo. E, visto che non
è successo altro, ti consiglio di metterci una pietra sopra. Il
mondo degli affari è più cruento di una battuta di caccia.»
«Ti sbagli. - Risse. - E' successo dell'altro. Hanno provato ad
uccidere o rapire me, mio marito e i miei bambini. Forse volevano
solo lui, ma che importa?»
«Ma che dici, Eva? Cosa...»
«Un mese fa io, Giovanni, i bambini e Geneviève siamo andati
alla nostra casa di campagna un po' fuori città. All'altezza di
Ste. Etienne, non molto lontano dalla nostra casa di campagna, uno
School-Bus che stava davanti a noi attivò la segnaletica prevista
dalla legge quando si ferma per far scendere i bambini. Nonostante
fosse domenica, mio marito si fermò... Sai, una volta gli
ritirarono la patente per due mesi perché non si era fermato mentre
incrociava uno School-Bus che si era fermato, pensa, nella corsia
opposta, che era addirittura separata da un guard-rail.»
Continuai ad ascoltarla standole seduto di fronte.
«Dallo School-Bus erano scese due persone armate di
mitragliette. - Lo disse prendendosi la testa fra le mani e attese
un po' prima di parlare di nuovo. - Uno puntò la mitraglietta su
Giovanni, l'altro provò ad aprire la mia portiera. Era chiusa... Si
chiude automaticamente appena l'auto si avvia. Il bandito mi ordinò
di aprire, ma ero sotto shock e non riuscivo a muovermi. Allora
alzò il fucile in alto e sparò una raffica. Io mi sentii morire e
mi chiusi le orecchie dall'orrore. Giovanni decise di aprire la
porta per evitare tragedie, ma i due banditi balzarono invece nello
School-Bus che riprese la corsa e sparì dietro la prima curva.»
«E cosa diavolo...»
«Stava giungendo casualmente un'auto della polizia.»
«Cristo! - mi sfuggì. - Un miracolo.»
«Non del tutto. - precisò lei. - Lui ci ordinò di non dire nulla
alla polizia.»
«Perdona la mia insana curiosità. - dissi dopo averci pensato un
attimo. - E Geneviève?»
«E' stata molto brava. Aveva in mano la sua automatica fin da
prima che la nostra auto fosse ferma. Dimostrò una freddezza da
guardia del corpo navigata. Sicuramente avrebbe sparato, piuttosto
che lasciar rapire qualcuno di noi. Ma solo in un momento
favorevole.»
«Non voglio pensare a come sarebbe potuta andare a finire.» -
sussurrai perplesso.
«Ma non è questo il punto. Giovanni non volle fare denuncia
neanche di questo incidente.»
«E Gène, sta zitta?»
«Sì, è fedele. Fa quello che diciamo, punto e basta.»
«Giovanni ha espresso ipotesi di qualche genere?»
«No. Ha detto come te che sono incidenti che capitano a chi è
ricco.»
«E non ha preso altre precauzioni?»
«Sì…»
«Beh?»
«Mi ha detto che il nostro pilota italiano, sai quello che si
chiama Mario…»
«Ah, quello che assomiglia a Johnny Deep?»
«Sì, lui. E' stato assunto come pilota, ma appartiene a
un'organizzazione italo-panamense che si occupa di difesa e
sicurezza delle persone.»
«Una guardia del corpo? - dissi stupito. - E te lo ha detto solo
adesso?»
«Sì, per non preoccuparmi…»
«E lui dov'era quel giorno?»
«Giovanni lo aveva mandato a prendere dei clienti a
Montréal…»
«Bene, dovretsi essere più tranquilla a sapere di avere un paio
di angeli custodi. Lui, poi, mi pare anche che sia bello. E' la
classica guardia del corpo che fa perdere la testa… Ha ha!» - risi
per stemperare la tensione.
«Sì, è bello. - disse a bassa voce. Poi tornò al punto. - Ma
questo non mi tranquillizza. Cosa mi consigli di fare? Io non
voglio aspettare il terzo incidente.»
«Eva, io so cosa farei se fossi tuo marito, ma così... Non so
proprio cosa dirti. Io vi voglio bene e mi spaventa l'idea che vi
possa succededere qualcosa. Ma cosa posso fare? Se ne parlo con
Giovanni...»
«No, Dio mio, ti prego. Non voglio che sappia neanche
lontanamente che te ne ho parlato.»
«Ho capito, - dissi. - Ma così come stanno le cose, non posso
che suggerirti di aumentare il grado di allerta di Gène e di Mario,
a meno che... A meno che io non riesca a sapere qualcosa di più dei
business di tuo marito. Tu sai tutto di lui?»
«No, lo sai. Io mi occupo solo di fare la moglie del
finanziere.»
«E lo fai anche bene. Che tu sappia, gioca in borsa, ha contatti
con la Mafia, è Maestro di qualche Loggia Massonica?»
«Non lo so. Ma credo che tutti i suoi soldi siano puliti. Voglio
dire che lui non ricicla denaro sporco...»
«Come fai a dirlo?»
«Mio padre è capo dei Pompieri di Québec City. Ha già fatto
indagare su di lui, prima e dopo il matrimonio. Tutto a posto. Ora
gli è anche amico.»
«Posso informarmi anch'io su un paio di cose.» - Dissi
pensieroso.
«Per esempio?» - chiese.
«Sui suoi rapporti con la Massoneria e sul passaggio dei soldi
dei suoi clienti.»
«Che passaggio?»
«I soldi devono uscire dall'Italia in nero, altrimenti
cascherebbe l'intera impalcatura.»
Mi guardò con preoccupazione.
«Fallo con molto tatto. - disse. - Guai se dovesse pensare che
lo sto... spiando.»
«Non preoccuparti. - la rassicurai. - E' possibile che non
riesca a scoprire nulla, ma certamente nessuno si accorgerà che sto
prendendo informazioni riservate su alcuni aspetti della sua
vita.»
Ci alzammo per uscire di casa e mi tornò in mente che aveva
annunciato un'idea per la mia campagna sulle calze
Salomè.
«Mi vuoi esporre la tua idea per le calze?» - le chiesi mentre
apriva la porta di casa.
«Credo di aver individuato la fotomodella giusta per
interpretare il ruolo della signora.»
«Ah, bene. - Dissi uscendo, ma non ne ero molto convinto. - Chi
è? E' un nome famoso?»
«Beh, certamente è stata famosa. Tutti se la ricordano
ancora.»
«Se è troppo famosa, non credo di potermela permettere. Il
budget non è tale da...»
«Credo che si potrà trovare una soluzione che stia bene a
tutti.»
«Mi conosci. Pensi che mi piacerà?»
«So che ti piace. L'hai già vista nuda.»
Frugai nella mia mente, senza trovare. Ma ero fortemente
incuriosito.
«Dimmi chi potrebbe essere.»
«Aspetta un attimo. - disse, - Non è una cosa sicura. Bisogna
sentire se piace al tuo cliente, cosa ne pensa suo marito... Ora è
fuori dal giro, e...»
Aveva chiuso la porta di casa e stava girandosi verso di me. La
presi tra le braccia emozionato dalla improvvisa felicità.
«Dimmi che stai dicendo davvero!»
(Continua)
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