LISA Pathfinder: il posto più tranquillo nell’universo

Lo ha ricreato la missione apripista per testare la fattibilità dell’osservatorio gravitazionale che l’Agenzia Spaziale Europea vuole lanciare nello spazio nel 2034

A distanza di circa sei mesi dall’annuncio, nel giugno scorso, del via libera dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) alla missione LISA nel 2034, sono stati pubblicati oggi sulla rivista Physical Review Letters i risultati finali della missione apripista LISA Pathfinder.
Un bilancio molto positivo per il progetto sperimentale che aveva come obiettivo quello di testare la fattibilità di un primo osservatorio di onde gravitazionali nello spazio.
Lanciata nel dicembre 2015 e conclusasi a luglio scorso, la missione di prova ha superato le prestazioni iniziali già nella prima settimana di operazioni e ora il report finale sui dati acquisiti dal 2016 mostra come Lisa Pathfinder sia persino andata oltre nelle prestazioni richieste dai requisiti per il successo della missione LISA.
Il requisito di base in una missione spaziale che ha come scopo quello di misurare ogni possibile distorsione causata dal passaggio di un’onda gravitazionale è infatti che questo specifico evento sia isolato dal resto delle forze interne ed esterne che agiscono nello spazio, a parte la gravità.
 
Per dimostrare il concetto fondamentale di una tale missione l’ESA e i suoi partner – tra cui Agenzia Spaziale Italiana, l’Istituto nazionale di Fisica Nucleare e l’Università di Trento – hanno dato vita al progetto apripista Lisa Pathfinder che si è concluso con successo lo scorso anno.
La missione ha dimostrato che il disturbo svolto nelle misurazioni dal rumore di fondo interno ed esterno può essere annullato e può essere così ricreato quell’ambiente «tranquillo», non perturbato, che serve alla misurazione delle onde gravitazionali da parte dell’osservatorio LISA.
Per ottenere questo risultato la missione apripista Lisa Pathfinder ha utilizzato come test due cubi di metallo da 2 kg in caduta libera, separati tra loro da 38 cm e collegati da laser.
Il veicolo spaziale ha svolto un ruolo di scudo attorno ai cubi, per proteggerli dalle sorgenti di disturbo esterne.
 
Gli scienziati hanno messo a punto una serie di miglioramenti sulle attrezzature per proteggere le masse in caduta libera dalle forze che possono urtarle.
Ad esempio hanno trovato il modo di ridurre la pressione attorno alle masse, che poteva influenzare la loro traiettoria e hanno eliminato l’effetto delle forze inerziali legate alla rotazione del satellite.
La missione LISA beneficerà di questi miglioramenti tecnologici. Sarà molto più sensibile al rilevamento di onde gravitazionali a basse frequenze rispetto a quanto sia mai stato reso possibile finora.
Secondo i dati raccolti e pubblicati c’è un altro importante passo avanti nella conoscenza: invece di individuare solo un’onda gravitazionale generata da un singolo evento per pochi minuti, LISA sarà in grado di rilevare una scia di segnali multipli lunga mesi, o anche anni.
 
Sarà inoltre sensibile ai primi segnali della fusione di un buco nero supermassivo settimane prima che esso sia pienamente in collisione.
Questo darà tempo agli scienziati per allertare altri punti di osservazione spaziale, sulla Terra o nello spazio, in modo che possano sintonizzarsi su quel particolare punto dello spazio per studiare meglio in un’ampia gamma di lunghezze d’onda complementari.
La missione potrà così anche portare a svelare anche altre insolite sorgenti di onde gravitazionali ad oggi ancora sconosciute.
Lisa Pathfinder conclude dunque con grande successo la sua avventura nello spazio.
Un risultato scientifico che qualche settimana fa è stato riconosciuto anche dall’American Astronautical Society, che ha conferito alla missione il prestigioso Space Technology Award per il 2017.
 
 I prossimi passi per LISA e il ruolo dell’Italia 
Programmata per il lancio nel 2034 LISA sarà composta di tre navicelle che orbitano intorno al Sole in una formazione triangolare, di 2,5 milioni di km per lato.
Le onde gravitazionali creano una deformazione sulla costellazione simile a quella provocata dalle Maree della Luna e del Sole sugli oceani della Terra; tale deformazione, però, ha un’ampiezza inferiore al diametro di un atomo, che l’osservatorio deve poter misurare.
Queste onde di «bassa frequenza» non sono infatti osservabili dai rivelatori terrestri, che invece catturano – con grande successo negli ultimi anni, negli Stati Uniti con LIGO e in Italia con VIRGO – onde più rapide, nella banda dell’udito umano, con periodi che si misurano in millesimi di secondo.
Le onde gravitazionali di LISA sono prodotte sia da oggetti astrofisici distanti ed enormi, quali i buchi neri ai centri di galassie distanti, che da oggetti «piccoli e vicini», come le stelle spente nella nostra Via Lattea, oltre ad essere riconducibili a potenziali sorgenti esotiche che non possiamo ancora immaginare.
Prima di arrivare sulla rampa di lancio, una missione dell’Agenzia Spaziale Europea deve superare una lunga serie di review per garantire che i suoi obiettivi scientifici possano essere raggiunti con successo.
Di recente il futuro osservatorio per le onde gravitazionali dallo spazio, il Laser Interferometer Space Antenna – LISA – ha brillantemente superato la sua Mission Definition Review (MDR).
 
Un esame che convalida la fattibilità della missione e la compatibilità della missione con gli obiettivi scientifici dettagliati nella proposta.
Di fatto, è il «semaforo verde» per uno studio approfondito della realizzazione della missione della durata di circa due anni, condotto dall’industria europea.
Il gruppo del centro TIFPA dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e dell’Università di Trento (Laboratorio di Gravitazione del Dipartimento di Fisica) con il sostegno dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), ha la leadership della missione per il sistema di masse in caduta libera, che sono al cuore della misura di LISA e che rappresentano il fattore determinante per la risoluzione di gran parte delle sorgenti astrofisiche.
Questo ruolo, che comprende anche un importante contributo alla strumentazione di bordo, è stato conquistato grazie al contributo del gruppo al successo di LISA Pathfinder, missione ESA che ha dimostrato la caduta libera in orbita.
Principale Investigator di Pathfinder è stato il professore di fisica sperimentale Stefano Vitale.
Nei prossimi anni il gruppo di Trento lavorerà a fianco dell’ESA e di un consorzio di scienziati e agenzie spaziali in Europa e negli Stati Uniti che fornirà gran parte degli strumenti di misura per LISA.
Il «countdown» non è ancora iniziato, ma i primi passi verso il volo di LISA sono stati fatti e nel prossimo futuro seguiranno molti altri.
 
Il paper pubblicato da Physical Review Letters è disponibile al link: https://link.aps.org/doi/10.1103/PhysRevLett.120.061101