Le missioni Italiane nello spazio compiono i primi 50 anni
Da mezzo secolo la strada che porta allo spazio passa dall'Italia: da Luigi Broglio a Samantha Cristoforetti
La partenza del San Marco nel 1964.>
Dal 1964, l'anno in cui inizia la sua avventura spaziale italiana, l'Italia ha investito risorse sempre maggiori in questo settore, costruendo un bagaglio di esperienza scientifica e industriale che oggi ci pone tra i Paesi più importanti.
L'Agenzia Spaziale Italiana è nata nel 1988 per dare un coordinamento unico a quegli sforzi e investimenti.
Dalle domande fondamentali sulla comprensione dell'universo, sull'origine della vita, fino alla sperimentazione di nuove tecnologie, lo spazio appare oggi più che mai il luogo da cui partire per ampliare l'orizzonte culturale dell'uomo, far crescere la sua consapevolezza e garantire un futuro migliore sulla Terra.
Grazie all'ASI, l'Italia è in prima fila in questa esemplare impresa umana.
Il 15 dicembre 1964, dalla base di Wallops Island in Virginia, venne lanciato il satellite italiano «San Marco-1».
Una data storica che ha dato il via ad un percorso scientifico e tecnologico che ha portato l’Italia a livelli di eccellenza nel settore spaziale.
Il San Marco-1 fu il frutto della competenza tecnica dell’Università di Roma e della lungimiranza dell’Aeronautica Militare Italiana, due istituzioni che trovarono la loro sintesi nella figura di Luigi Broglio (vedi biografia in basso).
Per celebrare questa importante ricorrenza l’Agenzia Spaziale Italiana, congiuntamente con il Centro Studi Militari Aeronauti «Giulio Douhet» (CESMA), l’Aeronautica Militare e l’Università La Sapienza, e con il supporto dell’ESA, organizza un evento che si terrà il 16 dicembre 2014 presso l’Auditorium della sede dell’ASI.
L'evento è articolato in due sessioni: la prima sarà centrata sul San Marco-1, mentre nella seconda si farà il punto sullo stato e sulle prospettive del settore spaziale italiano a 50 anni dallo storico lancio.
La partecipazione all'evento è esclusivamente su invito e il nostro giornale è stato cortesemente invitato.
Ne daremo ampio risalto.
Intanto proponiamo la storia del pioniere italiano per la conquista dello spazio: Luigi Brolio.
Luigi Broglio il Von Braun italiano
Luigi Broglio nacque a Mestre l’11 novembre 1911, da Margherita e Ottavio Broglio, ufficiale di Artiglieria. Dopo poco tempo, nel 1915, la famiglia si trasferì a Roma dove poi egli abitò per tutta la vita.
Compiuti gli studi superiori e conseguita la laurea in ingegneria civile nel 1934, Broglio partecipò al concorso, tra i cui Commissari c’erano Gaetano Arturo Crocco e Rodolfo Verduzio, per diventare insegnante universitario.
Non essendo sposato, non ottenne l’idoneità all’insegnamento e dovette attendere fino al 1946 quando, abolito questo disposto di Legge, ottenne la cattedra alla Scuola di Ingegneria Aeronautica di Roma.
Assolti gli obblighi di Leva come ufficiale di Artiglieria, nel 1937, appena congedato, partecipò al concorso per ingegneri della Regia Aeronautica nella quale venne incorporato con il grado di tenente e destinato a Guidonia, presso il Centro Studi ed Esperienze della Forza Armata.
Per primo incarico fu assegnato ad un programma di ricerca sui flutter alari e sui fenomeni di risonanza che si verificano alle alte velocità.
Scoppiata la Seconda Guerra Mondiale, passò a lavorare ai progetti di un aliante da combattimento e di un velivolo da caccia a getto ottenuto per trasformazione di un Reggiane Re 2005.
Dopo l’8 settembre, partecipò alla Guerra di Liberazione nella zona di Roma, unendosi ad un gruppo di partigiani bianchi comandato da Paolo Emilio Taviani.
Finita la guerra e ottenuta la docenza universitaria, nel 1947 si recò in Spagna per tenere un corso di ingegneria all’Università di Madrid e l’anno dopo prese parte, a Londra, al Congresso di Meccanica Applicata dove ebbe modo di fare conoscenza con famosi ricercatori stranieri tra cui lo scienziato russo Timoschenko.
Promosso maggiore, nel 1950, su invito del professor Antonio Ferri, già ufficiale del Genio Aeronautico, famosissimo per gli studi condotti sul volo supersonico, con il permesso dell’Aeronautica si recò a negli Stati Uniti, a La Fayette dove, come visiting professor in ingegneria aeronautica, tenne un corso di matematica e fisica e uno di aeronautica.
Nel 1951, l’Ufficio della Ricerca Scientifica dell’USAF chiese al Governo Italiano di favorire una collaborazione con Broglio che, autorizzato, propose di effettuare una ricerca sulle forze aerodinamiche tangenziali a velocità supersoniche e una ricerca sull’impiego delle gallerie aerodinamiche blow down per lo studio delle parti sottili degli aerei.
Ebbe così inizio il fecondo periodo di collaborazione con gli americani e ciò gli consentì di realizzare, primo in Italia, un tunnel supersonico da Mach 4 presso la Scuola di Ingegneria Aeronautica della quale era stato nominato Preside nel 1952, anno in cui Crocco era andato in pensione.
Due anni dopo questo incarico, divenne Direttore della cattedra di Ingegneria Aerospaziale, la prima istituita in Italia dall’Università di Roma.
Nel 1956 il Segretario Generale dell’Aeronautica Militare gli conferì l’incarico di iniziare studi sui razzi e aprire la strada alle attività aerospaziali che, l’anno seguente si sarebbero poste all’attenzione mondiale con la messa in orbita dello Sputnik da parte dell’URSS.
Anche in questo settore, per lui tutto nuovo, Broglio si gettò con grande energia dando vita ad un programma di ricerca nell’alta atmosfera ed attrezzando un piccolo poligono di lancio in Sardegna.
Da questa modesta infrastruttura, realizzata con limitate risorse e una grandissima capacità organizzativa, Broglio effettuò una campagna di ricerca denominata Nube di Sodio impiegando dei vettori americani Nike Asp, Nike Cajun e Nike Apache con i quali faceva espandere, a quote variabili tra i 200 e 300 chilometri, del sodio o del litio che formavano un gigantesca nube visibile da gran parte dell’isola.
Questa fortunata serie di esperimenti missilistici gli consentirono, nel febbraio 1961, di proporre ad Amintore Fanfani, Capo del Governo in carica, l’ambizioso progetto di mettere in orbita, da un poligono tutto italiano, un satellite artificiale, anch’esso made in Italy.
L’idea, che a prima vista pareva temeraria, fu accolta favorevolmente e nel 1962 nacque ufficialmente il progetto San Marco, finanziato con apposita Legge nel 1963.
Sotto la sua guida venne realizzato a tempo di record un programma assai complesso che si sviluppò senza intoppi secondo un calendario rigorosamente rispettato: la firma dei protocolli d’intesa con la NASA per la cessione del vettore, un missile quadristadio Scout, la progettazione del satellite, la costruzione in otto esemplari, l’approntamento di una base missilistica ricavata con l’adattamento di due pontoni per trivellazione petrolifera marina, posizionati al largo delle coste del Kenia, l’addestramento dei tecnici a Wallops Island, le prove di laboratorio ed infine, il 15 dicembre 1964, il lancio ed il posizionamento in orbita del satellite San Marco, la cui bilancia inerziale, o bilancia Broglio, costituì, all’epoca, una straordinaria innovazione tecnologica.
Di questi satelliti ne vennero messi in orbita sei, l’ultimo dei quali fu lanciato nel 1988, anno in cui l’attività missilistica del poligono ebbe termine.
Le proposte avanzate da Broglio di realizzare un vettore, tipo Scout, di costruzione nazionale, e di fare del poligono equatoriale italiano una base europea per il lancio di piccoli satelliti da posizionare in orbita bassa, utili per telerilevamento, telecomunicazioni, controllo ambientale e monitoraggio del territorio non vennero recepite dai vertici dell’ASI che, di contro, ridimensionarono tutto il progetto San Marco con l’impiego della base equatoriale per il solo controllo e ricezione dei dati satellitari e per la telemetria dei vettori europei Ariane.
Decisione, questa, che lo spinse con molta amarezza, nel 1993, a dimettersi dall’Agenzia Spaziale Italiana.
Infaticabile tempra di scienziato, paragonabile a uomini quali Marconi e Fermi, Broglio, generale ispettore del Genio Aeronautico, continuò la sua attività di studioso e di ricercatore fino al giorno della sua scomparsa avvenuta silenziosamente, a Roma, il 14 gennaio 2001.
Un giornalista ebbe a definirlo il Von Braun italiano.