MAG: «I ghe ciameva lingere de galeria»
Storia degli uomini che hanno costruito la galleria Adige-Garda – Di Giuliana Gelmi, Donato Riccadonna e Gloria Valenti – Dedicato ai 15 operai che vi morirono
Domenica 19 gennaio 2014, alle ore 16, alla Casa della Comunità di Nago sarà presentato il volume «I ghe ciameva lingere de galeria. Storia degli uomini che hanno costruito la galleria Adige-Garda 1939-1959», edizioni MAG Museo Alto Garda. Interverranno: Luca Civettini, sindaco del Comune di Nago-TorboleNorma Stefenelli, assessora alla cultura del Comune di Nago-Torbole. Giuliana Gelmi, Donato Riccadonna, Gloria Valenti, curatori del volume. Letture delle testimonianze a cura di Rosanna Sega. Proiezione del documentario Dall'Adige al Garda di Ugo Greogoretti, 1957. |
La Galleria Adige Garda è una di quelle opere che oramai fanno parte del paesaggio dell’alto lago di Garda, nonostante sia quasi esclusivamente sotterranea.
La sua inaugurazione ris ale a più di cinquant’anni fa e fu costruita per salvare Verona dalle piene del fiume Adige: quindi le nuove generazioni ben poco sanno della sua costruzione e dei suoi effetti sul lago di Garda.
Fu un'opera mastodontica che vide impegnate, per una ventina d'anni, escluso il periodo della Seconda guerra mondiale, centinaia di maestranze provenienti da tutta Italia e da Torbole, Nago e Mori in particolare.
Il volume I ghe ciameva lingere de galeria. Storia degli uomini che hanno costruito la galleria Adige-Garda 1939-1959 (Ed. MAG Museo Alto Garda, 2014) colma la lacuna delle testimonianze orali, facendo parlare i protagonisti e costruendo il testo mettendo assieme come un puzzle questa memoria di lavoro collettivo.
Il risultato è un affresco molto vivo e a volte sorprendente di un territorio che, tra gli anni '50 e ’60, ha vissuto una radicale trasformazione delle condizioni economiche.
I ghe ciameva lingere de galeria. Storia degli uomini che hanno costruito la galleria Adige-Garda 1939-1959 consiste nell'ultima tappa del progetto che l'Associazione Araba Fenice (www.arabafenice.tn.it) ha dedicato negli anni alla storia e alla memoria della Galleria Adige-Garda, il quale ha prodotto, oltre a diverse pubblicazioni e momenti di approfondimento, anche materiali video e uno spettacolo teatrale.
Dall'introduzione al volume di Donato Riccadonna
Presidente Associazione Araba Fenice:
Una cinquantina di testimoni sono stati le nostre guide che ci hanno fatto capire qual è stato il loro lavoro, come lo hanno fatto, quali erano le attrezzature che hanno utilizzato, qual era la loro paga. Ci hanno condotto per mano dentro la galleria e ci hanno fatto conoscere le paure e le ansie, i carri ponte e le perforatrici, i dumper e le pale meccaniche. Il racconto collettivo è stato raccolto in modo collettivo ed è stato ricomposto come un puzzle e suddiviso in argomenti a più mani. Il risultato è un affresco sociale ed economico degli anni ’50 del 900 che ha visto la rinascita dal dopo guerra senza badare troppo ai particolari.
[...]
Dalle varie testimonianze pubblicate in Trentino di chi lavorava come minatore emergono o ricordi assolutamente negativi, come quelli dei cantieri della val di Peio, o di accettazione fatalistica, come si capisce dall’analisi della storia della miniera di barite a Darzo. Del resto la miniera dava lavoro e questo era già molto.
Dalle interviste del nostro lavoro sulla galleria Adige Garda raccolte tra il 2008 e il 2012 emerge molto la questione economica, insomma lavoro pericoloso ma ben pagato.
L’idea della galleria affonda le radici nel ’700. Durante il 1800 l’Impero austroungarico interviene sul corso del fiume Adige e sui suoi affluenti, in particolare togliendo sei grosse anse nella Vallagarina, facendo così in modo di far smaltire più velocemente le eventuali piene ed evitando di costruire ponti.
È attorno agli anni ’20 del 900 che ci si rese conto che questa aumentata velocità poteva creare grossi problemi a Verona ed alle località della provincia di Rovigo toccate dall’Adige. Si comincia quindi a pensare seriamente alla realizzazione di quella che era stata solo un’idea all’inizio del 1700, e cioè alleggerire la portata del fiume deviandone una parte nel lago di Garda.
[…]
Le località prescelte furono due e cioè la stretta di Ceraino, che dista dal Garda solo 8 chilometri con un dislivello di appena 30 metri, e Ravazzone di Mori, che dista quasi 10 chilometri con un dislivello di 100 metri. Proprio questo dato del dislivello fece pendere la scelta su Mori e finalmente nel 1939 iniziarono i lavori, che però furono sospesi nel 1943 durante la Seconda guerra mondiale.
I cantieri di avanzamento, che avevano realizzato un tratto di 3,5 chilometri, erano due, uno a Mori ed uno a Torbole: il tratto di galleria di questo secondo cantiere ospitò durante la guerra la Caproni che produceva per la fabbrica tedesca aerospaziale Messerschmitt, alcuni pezzi che dovevano servire - sembra - per i razzi V2.
I lavori ripresero nel 1954 e si conclusero nel 1959.
La galleria fu utilizzata 11 volte, di cui ben 9 fra il 1960 ed il 1983: la portata massima è di 500 metri cubi al secondo e fu raggiunta nel 1966 quando vennero scaricati ben 64 milioni di metri cubi nel Garda con un innalzamento del livello del lago di 17 centimetri. Nel 2000 le competenze passarono dallo Stato alla Provincia autonoma di Trento e la galleria fu utilizzata nel 2000 e l’ultima volta nel 2002.
Gli operai morti nella costruzione della galleria furono 15: Aldo Boninsegna, Danilo Pombeni, Mario Colosimo, Vigilio Borli, Mario Caproni, Carlo Nicoluzzi, Francesco Pizzini, Emilio Allegri, Giuseppe Rigorighi, Attilio Candeago, Franco Prest, Eligio Versini, Livio Dassatti, Mario Guella e Giovanni Muraretto.
I primi sette morirono nella prima fase tra l’agosto 1939 e il maggio del 1943 e gli altri otto nella seconda fase tra il febbraio 1955 e il febbraio del 1958.
Questo libro è dedicato a loro.
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