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A «Il Moro della cima» di Malaguti il XII premio Rigoni Stern

La giuria lo ha scelto tra le 4 opere finaliste sulle 45 pervenute alla segreteria

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Titolo: Il Moro della cima
Autore: Paolo Malaguti
 
Editore: Einaudi, 2022
Riconoscimenti: Premio Rigoni Stern
 
Pagine: 280, Rilegato
Prezzo di copertina: € 19,50

 Descrizione  
Dicono che per vivere felici si debba trovare il proprio posto nel mondo: molti di noi passano la vita a cercarlo, per altri è questione di un attimo.
Agostino Faccin, che tutti chiamano «il Moro», la felicità la scopre da ragazzo, tra le montagne di casa, nell'esatto momento in cui capisce che più sale di quota e più il mondo gli assomiglia.
Quando gli propongono di diventare il guardiano del nuovo rifugio sul monte Grappa, non ci pensa su due volte.
Ma la Storia non ha intenzione di lasciarlo in pace, la Grande Guerra è alle porte, e quella vetta isolata dal mondo diventerà proprio la linea del fronte.
Paolo Malaguti torna a raccontare la Prima guerra mondiale con gli occhi di un personaggio leggendario che, incredibile a dirsi, è esistito davvero.

Da quando era poco più di un bambino, il Moro ha una sola certezza: l'unico luogo in cui si sente al riparo dal mondo è tra i boschi di larici, i prati d'alta quota, e qualche raro alpinista... Così, quando gli danno in gestione un rifugio, sembra che la sua vita assuma finalmente la forma giusta.
Ben presto in pianura si diffonde la fama di quell'uomo dai baffi scuri e la pelle bruciata dal sole, con i suoi racconti fantasiosi e le porzioni abbondanti di gallina al lardo. E in tanti salgono fin su per averlo come guida, lui che conosce come nessun altro quell'erta scoscesa di pietre bianche e taglienti.
Ma quel rifugio è sulla cima del monte Grappa, e la Grande Guerra è alle porte.

Lassù tira un'aria minacciosa: intorno al rifugio il movimento è frenetico, si costruiscono strade militari e fortificazioni, arrivano in massa le vedette, i generali, i soldati.
E il Moro, che in montagna si sentiva al sicuro, assiste alla Storia che sfila sotto ai suoi occhi: nel 1918 il Grappa è la linea del fronte, un campo di battaglia che non tarderà a trasformarsi in un cimitero a cielo aperto e infine in un sacrario d'alta quota.
Ma quando i fucili non fumano più e le fanfare smettono di suonare, lui, il Moro, tornerà sulla sua cima, e davanti allo sfregio degli uomini cercherà il suo personalissimo modo di onorare la sacralità della montagna.

Paolo Malaguti ci regala un'altra grande storia da un passato che non c'è più, dando voce e corpo a un mondo perduto, e portandoci lassù a respirare un po' di libertà.
«Soprattutto all'alba, quando la luce è più morbida e la pianura si svela più ampia, e con lo sguardo arrivi fino alla curva del mare lontano: allora ti viene liscio credere che la vita possa davvero essere tutta cosí, giornate di sole e pascoli verdi».

È Paolo Malaguti con «Il Moro della cima» edito da Einaudi ad aggiudicarsi la XII edizione del Premio Mario Rigoni Stern per la letteratura multilingue delle Alpi.
La giuria ha comunicato la propria decisione durante la cerimonia di premiazione – nella serata di venerdì 2 settembre 2022 – al Palazzo dei Congressi delle Fiere di Riva del Garda in Trentino.
Malaguti ha avuto la meglio sugli altri autori in lizza per la vittoria: Carlo Barbante con «Scritto nel ghiaccio. Viaggio nel clima che cambia» (Ed. Il Mulino), Adeline Loyau con «Les tribulations d'une scientifique en montagne» (Ed. Glenat) e Annalina Molteni con «L'ombra dei Walser» (Ed. Monterosa).
 
Sempre durante la cerimonia è stato conferito anche il Premio Guardiano dell’Arca - Osvaldo Dongilli, quest’anno attribuito alle Api, insetto insostituibile per la conservazione della biodiversità, il cui numero negli ultimi anni sta conoscendo un forte calo.
A ritirare il premio è stato l’entomologo e apicoltore Paolo Fontana, presidente della World Biodiversity Association.
La giuria composta da Sara Luchetta, Giuseppe Mendicino, Luca Mercalli, Annibale Salsa e Niccolò Scaffai ha così motivato le scelte del Premio Stern 2022.
 
Per quanto riguarda l'opera vincitrice la motivazione della giuria è stata la seguente.
«Con Il Moro della Cima Paolo Malaguti raccoglie storie e voci del passato per restituirle con scrittura attenta e viva attraverso la figura del Moro Frun, personaggio tridimensionale innamorato della montagna, che ci ricorda il Tönle Bintarn di Mario Rigoni Stern, con le sue andate e ritorni, il suo amore per la terra madre e il dolore per ogni confine e inutile conflitto.
«Quello che si anima sulla pagina è un racconto ricco di rimandi e ricordi che parlano forte e chiaro. Parlano dei cambiamenti della montagna veneta, lavorata, trasformata e a volte sfigurata dalla mano umana; parlano di una guerra di cui leggiamo ancora le tracce nel paesaggio e che ci ricorda l’ingiustizia di tutte le guerre, quelle di ieri e quelle dei nostri giorni.
«Parlano di una civiltà contadina scomparsa, che affiora tra le righe con parole, oggetti, miserie, modi di dire e di pensare.
«Questo libro di Paolo Malaguti fa immaginare che sia ancora vivo e forte quel sentimento di chiarezza di idee e di scrittura, di etica civile e cura della memoria, di antiretorica, che percorre le pagine della migliore letteratura veneta: Mario Rigoni Stern, Luigi Meneghello, Andrea Zanzotto, Tina Merlin e tanti altri e altre. Il Moro e il suo autore discendono da lì, da quella passione di virtute e canoscenza.
«L’opposto di quel progresso scorsoio che stringe sempre più le pianure e le montagne del Veneto, che piega le coscienze degli intellettuali cortigiani, che tradisce la memoria di ciò che è stato. Questo libro fa sperare che un mondo più serio e civile sia ancora possibile.»
 
Nell'apprendere della vittoria, Paolo Malaguti, ha dichiarato così.
«Ricevo questo premio con grande gioia ed emozione, soprattutto per il ruolo che Mario Rigoni Stern ha avuto nella mia formazione: anche in questo libro se c’è un autore dietro è proprio lui.
«Ma accanto alla gioia avverto anche la responsabilità di riceverlo: per me significa anche farsi carico di un mandato impegnativo, cercare di far vivere la letteratura nell’ottica etica e civile che Rigoni Stern ha sempre coltivato, con umiltà e umanità, anche quando era ormai un autore consacrato.»
 
Il premio «Guardiano dell'Arca - Osvaldo Dongilli» è stato quest'anno conferito alle Api, ritirato dall’entomologo e apicoltore Paolo Fontana, con questa motivazione:
«Insetto perfetto è l’ape (…) senza di loro la nostra terra diventerebbe un infelice deserto, - scriveva Mario Rigoni Stern in Uomini, boschi e api.
«Esse sono infatti decisive per la vita sulla Terra: all'impollinazione è legata la riproduzione di circa il 75% delle specie vegetali viventi sul pianeta, che garantiscono circa il 35% della produzione globale di cibo.
«Purtroppo però esse sono in pericolo: tutti gli istituti di ricerca nel mondo concordano sul fatto che è in atto un processo di estinzione di questo insetto, o almeno di molte delle 20mila specie conosciute: assicurare alle api condizioni ambientali che consentano loro di vivere e riprodursi aiuta la conservazione della biodiversità e garantisce la nostra stessa esistenza.»
 

 
La giuria che ha scelto le quattro opere finaliste tra le 45 pervenute alla segreteria del Premio, ha motivato le segnalazioni delle opere finaliste:
 
CARLO BARBANTE, Scritto nel ghiaccio (Il Mulino edizioni)
«Con Scritto nel ghiaccio il chimico veneto Carlo Barbante ci accompagna in un viaggio dalle Alpi alle calotte polari alla scoperta dei segreti climatici del passato contenuti nella neve e nel ghiaccio antico.
«Un tema che avrebbe entusiasmato MRS, così attento all'osservazione dell'ambiente invernale.
«L'epopea scientifica, narrata in prima persona dall'Autore che ha frequentato basi di ricerca antartiche remote e dal clima severissimo, assume anche un valore etico che risuona con altri due punti di riferimento di MRS: la salvaguardia ambientale e climatica e la concordia tra i popoli, ben evidenziata dalla cooperazione internazionale tra ricercatori.»
 
ADELINE LOYAU, Les tribulations d'une scientifique en montagne (Ed. Glenat)
«Un appassionato e coinvolgente diario di campo ci guida attraverso le difficoltà, gli ostacoli, le frustrazioni ma anche le piccole grandi gioie della ricerca in montagna.
«Quello in cui la biologa e ricercatrice francese Adeline Loyau ci porta è un viaggio attraverso i Pirenei nel tentativo di studiare e comprendere ciò che in questo momento di crisi climatica e ambientale sta minacciando le popolazioni di anfibi.
«Questi animali, i primi vertebrati a popolare l’ambiente terrestre, sono sopravvissuti alle maggiori estinzioni: che cosa li sta mettendo in crisi nell’era in cui l’essere umano la fa da padrone?
«La ricerca con la fauna selvatica dei Pirenei ci riporta alle nostre Alpi e all’interesse che Mario Rigoni Stern ha sempre nutrito nei confronti degli animali selvatici, protagonisti di tanti racconti ed elementi fondamentali degli ecosistemi montani.»
 
ANNALINA MOLTENI, L'ombra dei Walser (Ed. Monterosa).
«La Questione Walser da cinquant’anni a questa parte attrae l’attenzione degli studiosi. I coloni medievali evocati da Annalisa Molteni – insediati intorno al Monte Rosa e in nelle valli delle Alpi centro/occidentali a seguito di favorevoli congiunture geo-politiche e micro-climatiche – sono i protagonisti del suo romanzo L’ombra dei Walse.
«L’autrice con scrittura fluida e avvincente descrive personaggi e luoghi unendo l’invenzione letteraria a documentati riferimenti geo-storici ed etnografici.
«L’epopea degli uomini delle Alpi Somme, che la ricerca storiografica ha fatto emergere dopo una lunga e ingiustificata rimozione, può così essere conosciuta in una prospettiva nuova e originale.
«Il romanzo coglie pienamente lo spirito del Premio nell’evidenziare un aspetto importante della multiforme cultura alpina. Una civiltà che si manifesta attraverso la presenza di minoranze linguistiche di nicchia all’interno del variegato spazio geografico delle Alpi di cui gli stessi Cimbri di Mario Rigoni Stern sono espressione.»

Una menzione speciale, infine, è andata a Ulderica Da Pozzo per il libro «Femines. Donne del latte», ed. Forum.

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