Perez Esquivel: «Diritto internazionale contro le ingiustizie»
«Sulle rotte del mondo». A Trento parla il Premio Nobel per la pace
«Non c'è primo, secondo, terzo o
quarto mondo, c'è un unico mondo, i diritti sono uguali per tutti.
Dobbiamo combattere le ingiustizie e le dittature usando gli
strumenti della nonviolenza e le istanze giuridiche internazionali.
Ma il nostro impegno oggi si deve allargare anche alla difesa di
tutto il Creato.»
Questo in estrema sintesi il messaggio lanciato a Trento dal premio
Nobel per la pace Adolfo Perez Esquivel, che ha parlato ieri in una
sala Depero gremita di pubblico.
«Sulle rotte del mondo», quest'anno alla sua prima edizione, si sta
confermando - anche grazie all'apprezzamento che i trentini
riservano a tutti gli eventi pubblici della manifestazione - un
vero e proprio «festival della solidarietà», con tante voci che si
incrociano e dialogano in libertà, a partire naturalmente da quelle
dei missionari.
Grande pubblico ieri sera per ascoltare il Nobel per la pace
argentino 1980 Adolfo Perez Esquivel, strenuo oppositore della
dittatura militare che ha insanguinato il suo paese degli anni '70,
lasciando in eredità la ferita, non ancora rimarginata, dei
desaparecidos.
«La presenza di religiosi e laici che si impegnano per la libertà
dei popoli - ha detto Perez Esquivel con riferimento all'evento in
corso in questi giorni in Trentino - costruisce un nuovo paradigma
di vita per l'umanità tutta intera. In America Latina abbiamo
superato le dittature con grandi sforzi e sofferenze. Ma questo
dolore non potrà mai essere interamente superato, è un troppo
profondo. Bisogna capire come ciò è avvenuto, perché non è avvenuto
a caso, non è che i militari sono improvvisamente impazziti. Più di
80.000 di essi sono passati per le accademie militari aperte dagli
Usa in quegli anni a Panama, ad esempio.
«Lentamente e con fatica abbiamo recuperato le istituzioni dello
stato e della democrazia, - ha proseguito il Premio nobel - anche
se Eduardo Galeano ha coniato per molte di esse il termine
democrature un incrocio fra democrazia formale e
autoritarismo sostanziale. Ma adesso abbiamo un nuovo golpe in
Honduras, un golpe che non si può fare senza il consenso degli Usa,
nonostante quello che ha detto Obama, che considero una brava
persona, ma che evidentemente non ha il potere nelle sue mani, il
potere ce l'ha la Cia, ce l'hanno le grandi multinazionali, ce
l'hanno ancora altri soggetti.
«Le ultime notizie sull'Honduras - ha aggiunto - ci dicono che il
presidente Zelaya (deposto dai militari nel giugno di quest'anno) è
rifugiato nell'ambasciata brasiliana, a cui hanno tagliato acqua e
luce. Questo è un esempio che ci fa vedere quanto in pericolo
possano essere le democrazie. Lo stesso avviene in Africa,
naturalmente, dove sono presenti anche molti eserciti privati.»
Il Nobel per la pace ha parlato però anche dei pericoli
dell'informazione.
«C'è un contagio mentale realizzato attraverso la manipolazione
dell'informazione, che è opera di grandi centri di potere che ci
fanno pensare che la menzogna è verità. Per questo abbiamo bisogno
di coscienza critica, di valori.»
Ma non basta fare delle diagnosi. Quali possono essere allora le
strade della resistenza? Secondo Perez Esquivel la prima
opzione deve essere quella della nonviolenza.
«Per 40 anni abbiamo lavorato sulle possibilità sociali e culturali
della nonviolenza, pensiamo ai sem-terra in Brasile, pensiamo alle
esperienze nate dalle comunità ecclesiastiche di base. Ci sono
comunità oggi in tanti paesi che lavorano innanzitutto attorno alla
liberazione della parola. Liberando la parola liberiamo il
pensiero. Se non liberiamo la parola rimarremmo sempre oppressi,
sempre vittime del pensiero unico.»
Ma oggi le forme di sfruttamento e oppressione riguardano non solo
i popoli, anche l'ambiente. da qui un appello:
«Promuoviamo la costituzione del Tribunale penale internazionale
sull'ambiente. Dobbiamo farlo a tutti i livelli. Da questo
dipendono sempre di più la vita e il futuro delle genti.»