Di Maio ha lasciato la guida politica del Movimento 5 Stelle

Ha accusato gli amici che lo hanno «accoltellato nella schiena» ma è certo che il movimento tornerà agli antichi splendori

Come anticipato stamattina, il leader del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio ha lasciato la guida politica del partito.
In un breve discorso rivolto ai suoi collaboratori più fedeli, ha ammesso che il movimento va rifondato, ma «è certo che è lontano dall’essere finito».
Ha accusato più i «traditori» che gli oppositori, dicendo che i nemici più pericolosi sono quelli che non si vedono, che «stanno nelle retrovie e vengono al fronte solo per accoltellarti alla schiena».
Questo «J’accuse!» può essere visto in più modi.
Anzitutto chi comanda da solo deve anche prendersi le sue responsabilità quando le cose vanno male. Di Maio ha fatto così, ma ha anche accusato coloro che - pensandola diversamente da lui - lo hanno tradito.
 
Ma la fuga dei parlamentari dal partito ricorda un po’ i topi che abbandonano la nave quando sta per affondare.
Anche oggi due senatori se ne sono andati dal Movimento. La maggioranza si assottiglia, ma con ogni probabilità non metterà in minoranza il governo perché significherebbe andare a elezioni anticipate e per la maggior parte del Pentastellati l’avventura sarebbe finita.
Lo stesso Conte ha affermato che «nulla inciderà sul governo», però è chiaro che ha preso un po’ le distanze anche lui dal movimento, guardando più da vicino i democratici.
Di Maio ha anche accusato i suoi parlamentari di non aver difeso a spada tratta i sindaci che si sono trovati in difficoltà. Ma c’è poco da difendere in un’amministrazione come quella della Raggi.
 
Purtroppo ha ragione Berlusconi ad affermare che il M5S è allo sbando proprio per la dimostrazione di incompetenza data dai loro leader.
Forse la «rifondazione» prevista per metà marzo potrà risollevare un po’ le sorti del movimento, ma ormai il bluff è finito.
In attesa degli «Stati generali» che eleggeranno la nuova classe dirigente (nella quale con ogni probabilità ci sarà anche Di Maio) ha assunto la reggenza politica il senatore Vito Crimi, ora vice ministro dell’Interno.
E non è che con lui migliorino le cose, perché Crimi è lo stesso che quando era sottosegretario alla Presidenza del Consiglio voleva far chiudere Radio Radicale e cancellare l’Ordine dei Giornalisti.