Da un governo di dilettanti a un governo di professionisti
Dal binomio litigioso Di Maio-Salvini si è passati a una coalizione di quattro partiti che litigano come prima ma capaci di fare più danni
Il Primo Governo Conte era formato da politici inesperti, alle prime armi.
Per questo forse i risultati sono stati deprimenti per il Paese. Sono riusciti solo a indebitare il Paese per spese correnti e non per spese in conto capitale.
Il Reddito di Garanzia e Quota Cento sono iniziative approvate senza verificare se potevamo permettercele. Quindi abbiamo indebitato il Paese, ma non per costruire qualcosa. Sarebbe come se una famiglia accendesse un mutuo per vivere e non per acquistare la casa.
Se avessimo avviato investimenti per sistemare il dissesto idrogeologico, per rifare le infrastrutture stradali ormai arrivate a fine vita, o per costruire un paese antisismico, ci saremmo indebitati sì, ma per avere qualcosa destinato a durare nel tempo, utile anche alle prossime generazioni.
E i lavori pubblici alimentano, da quando esiste il mondo, l’economia del Paese. Il PIL sarebbe cresciuto e avrebbe generato nuove entrate per l’Erario.
Niente di tutto questo.
Ma poi il Primo Governo Conte è caduto e si aveva pensato di andare a elezioni anticipate. Le cose, con una nuova legislatura, non potevano che andare meglio.
Quando invece abbiamo visto che i 5 Stelle e il PD si sono messi insieme per formare il Secondo Governo Conte, dimenticando che per un anno si erano criticati senza quartiere, siamo rimasti allibiti.
Anzitutto, un partito che come i 5 Stelle riesce ad allearsi sia con la Destra che con la Sinistra a seconda della convenienza non può avere le idee chiare di come amministrare un paese. Per giustificare questo ossimoro, Conte ha coniato il concetto del «post ideologismo».
E poi, un PD che non riesce a dire di no alle lusinghe dei Pentastellati di tornare al potere quando i sondaggi lo davano perdente, ha messo in luce un aspetto che credevamo inesistente in un partito che affonda le radici alle origini della storia della Repubblica.
Giuseppe Conte, in questo passaggio si è montato la testa. Prima era stato chiamato per fare da notaio nel contratto tra Di Maio e Salvini, adesso è stato chiamato per formare un governo: è grazie a lui se c'è un governo.
Comunque sia, l’aspetto che ritenevamo positivo in questa singolare alleanza stava nella presenza al governo di un Partito Democratico che ha lunga esperienza. Insomma dei professionisti non potevano che migliorare le cose.
Ma poi abbiamo assistito alla prima manovra finanziaria e siamo nuovamente rimasti ampiamente delusi.
Come avevamo detto a suo tempo, per evitare l’aumento dell’IVA sarebbe stato necessario trovare le risorse per lo stesso controvalore. Passare dalle imposte indirette a quelle dirette è certamente un vantaggio democratico. Solo che il governo si è rivelato incapace di trovare le risorse senza aumentare la pressione fiscale.
Si è nuovamente pensato di mettere mano alle spese correnti e non alle spese in conto capitale, come se il Paese potesse permettersi di dilatare la spesa. Nuovamente si ha pensato all’aumento del debito pubblico, come se prima o poi gli Italiani non fossero obbligati a restituirlo. Nuovamente non si pensa a come far fronte ai debiti della Pubblica Amministrazione.
Ma la fantasia che abbiamo visto serpeggiare tra gli uomini del Governo ha superato ogni immaginazione.
La più avvilente è l’incentivazione al gioco d’azzardo, con l’estrazione a premi per chi acquista pagando elettronicamente. Pensiamo che l’intera Europa abbia sorriso di fronte a questa trovata.
Quota Cento rimane, il Reddito di cittadinanza pure, salta invece la Flat tax per i redditi da partita Iva dai 65.000 ai 100.000 euro. E la flat tax fino ai 65.000 euro viene complicata in maniera astrusa, quando la semplificazione adottata era uno degli aspetti più gratificanti della manovra precedente. Non va dimenticato infatti che queste partite Iva sono numerosissime perché rappresentano tutti quei lavoratori che per svolgere il loro lavoro hanno dovuto fatturare lo stipendio.
Per quanto riguarda il cuneo fiscale, il risultato è deludente. Venti o trenta euro in più al mese non cambiano la vita. Ma soprattutto si è dimenticato che il cuneo fiscale doveva essere introdotto anche per ridurre il costo del lavoro. Finché le cifre sono queste, non se ne può neppure parlare.
Ma è nell’insieme di gabole inventate per trovare quattrini che l’intera operazione fa acqua.
Se ne sono accorti gli stessi Di Maio e Renzi, che hanno invitato il Governo a rivedere alcune decisioni.
Di Maio convoca i ministri M5s al ritorno dagli Usa per ridiscutere le cose che non vanno, dalla stretta sulla flat tax per le partite Iva (con tetto al reddito e ai rimborsi), a tutto il pacchetto contro l'evasione fiscale.
Quanto alla stretta anti evasione, i M5s denunciano il rischio che abbassare il tetto al contante da 3.000 a 2.000 euro e mettere multe per i commercianti che non usino il pos, penalizzi i piccoli esercenti.
Al Ministero già si lavora a una riduzione delle multe sui pos e si torna a parlare di una Sugar tax sulle bibite con zuccheri aggiunti. Esulta il ministro Lorenzo Fioramonti che vorrebbe anche una tassa sulle merendine e chiede di destinare i fondi alla scuola.
Si litiga anche sul carcere agli evasori.
Conte ha risposto che non se ne parla neanche di modificare la manovra. Anzi, ha minacciato gli alleati dicendo che «chi non fa gioco di squadra è fuori». Come se la messa in minoranza del governo non fosse un problema per lo stesso Giuseppe Conte…
G. de Mozzi.