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Altro attacco pretestuoso alle Regioni e Province autonome

Il ministro Boccia è come la cicala che vuole saccheggiare il raccolto delle formichine. Il nostro commento e quelli dei presidenti dei Consigli regionale e provinciale

Nel 1970 furono le sinistre italiane a volere le Regioni, contro la ferma ma inutile opposizione delle destre del Paese, che volevano che fosse il governo centrale ad amministrare tutto.
Il Partito Comunista Italiano invece voleva che le regioni potessero amministrarsi almeno nei territori in cui le sinistre avevano la maggioranza.
Come si sa, allora la costituzione italiana introdusse le regioni.
Adesso, ogni volta che le sinistre vanno al potere vogliono rimettere il dentifricio entro il tubetto, in modo che il governo centrale possa amministrare anche le regioni di destra.
E così abbiamo assistito ancora una volta a ideologismi opposti che non tengono affatto in considerazione la volontà di regioni importanti come Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna.
 
Per quanto riguarda le autonomie del Trentino e dell’Alto Adige il discorso affiora e scompare come un fiume carsico ogni volta che il governo nazionale vuole fare cassa.
E visto che perfino i nostri concittadini a volte si sentono ingiustamente «privilegiati», è bene fare chiarezza.
Quanto Degasperi e Gruber sottoscrissero l’Accordo di Parigi, il Pil del Trentino Alto Adige era pari all’80% della media nazionale, nel cui conteggio stavano le regioni storicamente più povere (e che sono tuttora povere) come la Calabria e la Basilicata.
Quando ci è stato affidato il budget dei Nove Decimi, entro il quale dovevamo arrangiarci, dunque, a Roma sapevano che non era sufficiente.
Ma ce l’abbiamo fatta. E non perché siamo più bravi, ma semplicemente perché «abbiamo lavorato sul nostro», anche se a vedere altre realtà autonome, non tutti hanno lavorato così…
 
Il via della ripresa scattò con l’alluvione del 1966, quando i trentini furono a due passi dall’ennesima emigrazione di massa. Per fortuna a Roma avevamo un politico potente, Flaminio Piccoli, e a Trento un amministratore allora sconosciuto alla presidenza della neonata e piccola Provincia autonoma di Trento, Bruno Kessler.
Grazie a loro i Trentini sono rimasti in Trentino e, con i soldi di Roma, hanno ricostruito il proprio territorio devastato.
Da allora i Trentini hanno lavorato senza più amzare la testa e già nel 1970, quando in Italia nascevano le Regioni a statuto ordinario e quando venne approvato il Pacchetto Trentino Alto Adige che sanciva la separazione delle province di Trento e di Bolzano, il PIL era nella media nazionale.
Da allora, man mano che le due autonomie sono riuscite a fare cose che per il resto del Paese sembravano astrologia, il Governo prova a portarci via qualcosa.
Tra Riserve per l’erario, aumento di competenze, patti di stabilità e quant'altro, quel famoso 90% iniziale è sceso al 75%.
 
Non solo, quando lo Stato ha bisogno di soldi, prova a pensare come toglierci l’autonomia. In realtà vuole toglierci i soldi e lasciarci gli oneri delle competenze, il che significa la stessa cosa.
È una situazione più avvilente che irritante, perché vedere che le cicale provino sempre di togliere qualcosa alle formichine è ingiusto per noi e diseducativo per il resto del Paese.
A vedere il livello delle discussioni, inoltre, ci pare che a Roma non conoscano la storia.
Ci si domanda se si tratti di incompetenza o di finta non conoscenza delle realtà locali.
Fatto sta che, ragionando così, le istanze di Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna cascheranno nel vuoto, quando invece l’esperienza di Trentino e Alto Adige andrebbe esportata, cum grano salis.

G. de Mozzi.

Consigliamo il ministro Boccia di leggere la storia a puntate che stiamo pubblicando sulle autonomie di Trento e di Bolzano, reperibile a questo link.
Magari la conosce, ma non è male rinfrescare la memoria.
Ecco di seguito i comunicati emessi dalla presidenza del Consiglio Regionale Trentino Alto Adige e del Consiglio Provinciale di Trento a commento del Ministro Boccia, che ancora parla di «assurdi privilegi», contestato solo dalla onorevole roveretana Vanessa Cattoi.

Sono sorpreso da quanto accaduto nel corso dell’audizione del Ministro Francesco Boccia alla Camera. Quanto riportato dalla deputata trentina Vanessa Cattoi, dopo l’incontro avvenuto a Roma, è un quadro desolante che ci mostra ancora una volta come vi sia una certa superficialità, anche a livello istituzionale, su un tema invece dovrebbe essere ben noto a chi si assume la responsabilità del governo del paese.
Ancora oggi c’è chi dice che l’Autonomia è un privilegio e tra gli stessi deputati di altre Regioni si è visto come vi siano più detrattori che sostenitori.
Ma queste persone ignorano prima di tutto che Autonomia è responsabilità. Questo dovrebbe essere il punto di partenza di qualsiasi discussione che riguardi l’Autonomia delle Regioni.
 
Da parte di alcuni sembra infatti esservi una demonizzazione senza precedenti di un qualcosa che a noi appartiene da molto tempo e del quale, talvolta, diamo per scontata l’esistenza. L’Autonomia di cui noi godiamo è un diritto che abbiamo ereditato dalla storia e ne possiamo godere grazie alla lungimiranza di chi, tra i padri costituenti, ha compreso come governare un territorio con un passato come il nostro, e una articolazione territoriale così complessa, si possa fare solo con una effettiva capacità decisionale sul territorio stesso. I
n settant’anni, abbiamo dimostrato come l’Autonomia sia un bene per le Comunità, di come poter legiferare significhi poter prendere le decisioni più efficaci per il benessere dei cittadini.
 
Alcide De Gasperi, nel 1948, pronunciò parole profetiche: «Io che sono pure autonomista convinto e che ho patrocinato la tendenza autonomista, permettete che vi dica che le autonomie si salveranno, matureranno, resisteranno, solo ad una condizione: che dimostrino di essere migliori della burocrazia statale, migliori del sistema accentrato statale, migliori soprattutto per quanto riguarda le spese».
Ebbene, settant’anni dopo io credo di poter dire che abbiamo raggiunto questo obiettivo e stiamo ancora lavorando, giorno per giorno, per migliorarci.
Il Trentino-Alto Adige/Südtirol è oggi innegabilmente un esempio di buona amministrazione, dove certamente nel passato non sono mancati errori, ma dove proprio la capacità di essere immediatamente operativi ci permette di giorno per giorno di correggere e intervenire dove vi sia più bisogno.
 
Eppure sembra che il nostro modello, che vede il nostro sistema ai vertici delle classifiche nazionali dall’istruzione alla sanità, non sia preso in considerazione nel parlare di Autonomia. La richiesta legittima di maggiore capacità decisionale da parte delle Regioni non deve essere vista come un indebolimento dello Stato, ma semmai come un nuovo modello, dove ciascun territorio viene responsabilizzato.
Veneto, Lombardia e Emilia Romagna, hanno chiesto di poter essere in grado di contribuire alla crescita della nazione migliorando il proprio sistema con una gestione diretta delle risorse e la facoltà legislativa in settori chiave. Non posso che vedere qualcosa di positivo in questo.
 
Concordo dunque con chi dice che deve essere possibile applicare un regionalismo differenziato a tutti coloro che ne fanno richiesta, purché si tengano sempre a mente le parole di De Gasperi, che hanno segnato l’inizio del nostro percorso e ricordando sempre che essere autonomi non significa essere isolati.
E l’esempio più chiaro è la nostra terra: non abbiamo mai fatto mancare, fieri della Specialità che ci caratterizza, il sostegno allo Stato, né dal punto di vista economico, né tantomeno organizzativo. Basti pensare solo a quanto fa la nostra macchina della Protezione civile dove vi sia necessità.
 
La crescita di un sistema che valorizzi quei territori che dimostrano di essere in grado di saper gestire al meglio le proprie risorse, è dunque qualcosa che dobbiamo sostenere per difendere la nostra stessa Autonomia, ma dobbiamo sempre ricordare a chi manifesta queste istanze che essere Regione a Statuto speciale offre sì delle straordinarie opportunità, ma comporta anche dei doveri.
Noi contribuiamo alle finanze dello Stato sia con la parte del nostro gettito fiscale che rimane a Roma, sia gestendo noi stessi le spese per le competenze che ci competono.
E a coloro che parlano contro questo sistema io dico che provino loro stessi ad amministrare con eguale autonomia il proprio territorio, piuttosto che attaccare chi invece ha saputo dimostrare l’efficienza di questo sistema.
 
Il presidente del Consiglio della Regione autonoma Trentino Alto Adige Roberto Paccher.

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Nulla di nuovo, purtroppo, nell’improvvisa tirata anti-autonomistica di alcuni interventi alla Camera, durante l’audizione del nuovo ministro Boccia.
L’ha segnalata con preoccupazione l’onorevole Vanessa Cattoi e bene ha fatto.
È un fenomeno trasversale ai Governi che si succedono, questo degli attacchi alle autonomie.
È capitato ripetutamente negli ultimi anni e si spiega con la conoscenza gravemente superficiale della storia, delle radici, dell’attualità che contraddistinguono realtà istituzionali come la nostra, come quella altoatesina, come quelle dove gli Statuti speciali riconosciuti dalla Costituzione hanno consentito crescita, coesione sociale, saggio autogoverno e anche compartecipazione alle difficoltà del bilancio statale.
 
Lo stesso presidente della Corte Costituzionale Giorgio Lattanzi, nella sua lectio di ieri al teatro Sociale, ha espresso perplessità di fronte agli atteggiamenti ondivaghi della politica italiana verso il regionalismo e l’autonomismo: fino a pochi anni si demonizzavano a senso unico i territori speciali, oggi si tende a celebrare il regionalismo differenziato e si vuole esportare ed allargare il modello a tutto il Paese.
La verità è che è ancora carente la cultura regionalistica e autonomistica, nonostante i chiari e illuminati riferimenti costituzionali, nonostante una lunga storia che merita rispetto.
 
Invito chi ha preso la parola a Montecitorio a venire a Trento, perché occorre toccare con mano e vedere, prima di rinnovare giudizi affrettati, tanto infondati quanto dannosi per l’immagine di territori come il nostro, seriamente impegnati in un autogoverno responsabile e solidale.
 
Il presidente del Consiglio provinciale di Trento Walter Kaswalder.
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