Ritirato il ddl legge sulla doppia preferenza di genere

Il Consiglio della Provincia autonoma di Trento ha concluso. Punto

Ieri pomeriggio in Consiglio provinciale, dopo ulteriori e vani tentativi di superare l’invalicabile ostruzionismo opposto dalle minoranze con migliaia di emendamenti al testo unificato dei disegni di legge proposti da Lucia Maestri del Pd e da Giacomo Bezzi di Forza Italia per introdurre la doppia preferenza di genere nel sistema elettorale del Trentino, prima il presidente della Giunta Rossi e poi i due firmatari hanno annunciato all’aula il ritiro del provvedimento.
Prendendo atto della decisione e in assenza di altri punti all’ordine del giorno, il presidente del consiglio Dorigatti, ha chiuso i lavori in aula.

 Ultimo appello di Rossi alle minoranze: approvare il ddl e poi referendum 
Il pomeriggio era iniziato con una sospensione della seduta, chiesta dal presidente Rossi per illustrare alle minoranze l’emendamento «canguro» da lui annunciato nel corso della mattinata, che con le firme di due soli esponenti dell'opposizione avrebbe permesso di superare le circa 4.000 modifiche ostruzionistiche rimaste «vive» dopo le 1.400 dichiarate inammissibili da Dorigatti.
Gli emendamenti sarebbero stati così ridotti a 90-95 spianando la strada all’approvazione del disegno di legge.
 
Rientrati in aula, la discussione è ripartita dal punto in cui si era fermata prima della pausa, vale a dire dall'emendamento 164 proposto da Degasperi (5 stelle) all'articolo 1. Borga (Civica Trentina) ha rivendicato la libertà di voto per gli elettori trentini stigmatizzando la presunta superiorità morale della maggioranza che pretende di «guidare per mano il popolino», che dovrebbe invece poter decidere autonomamente.
 
Il presidente Rossi ha ripreso il concetto di popolo per ricordare che la modifica alla legge elettorale avrebbe potuto essere sottoposta al giudizio dei cittadini con un referendum, ricordando che già il consigliere Degasperi aveva avanzato questa proposta. Offrendo questa opportunità alle minoranze Rossi ha lanciato un ultimo appello ad accogliere la riduzione degli emendamenti per permettere l’approvazione del ddl. Poi, ha concluso, «basterebbero 7 consiglieri per chiedere di inchinarsi al giudizio del popolo».
 
 Cia, Fasanelli e Degasperi favorevoli al referendum ma non al «canguro» 
Borga ha ribattuto che la proposta di Rossi non era stata accolta poco prima dalle minoranze e che il referendum non è una concessione della maggioranza ma un diritto.
Bezzi (Forza Italia) ha condiviso invece «in pieno» la proposta di Rossi, perché l’unica alternativa è il ritiro del ddl, da ripresentare nella prossima legislatura.
Anche Cia (gruppo misto) si è dichiarato d'accordo con Rossi, ma ha rifiutato di prendere una posizione tale da dividere le minoranze.
Fugatti (Lega) ha ribadito il proprio «no» all'ipotesi referendum, preferendo opporsi all'approvazione del disegno di legge.
 
Degasperi (5 stelle), soddisfatto che la sua proposta di referendum avanzata nell'ottobre scorso e allora sdegnosamente respinta, sia stata ora recepita dal presidente Rossi («se fosse stata accolta, ha osservato, saremmo arrivati ad una soluzione rapida»), ha aggiunto di essere sempre disponibile a ritirare i propri emendamenti, ma solo nel caso in cui gli altri consiglieri di minoranza condividano l’ipotesi di andare poi a referendum.
Civettini (Civica Trentina) ha ricordato che in realtà l'ipotesi del referendum non sarebbe percorribile a poco più di un anno dalle elezioni.
 
E rivolto alla maggioranza ha osservato: «avete voluto voi anteporre questo ddl ad altri provvedimenti più importanti», dicendosi pronto a proseguire l'esame del testo ad oltranza.
Fasanelli (gruppo misto) ha condiviso la posizione di Cia e si è espresso contro l'irrigidimento delle posizioni.
Tuttavia, ha aggiunto, «la gente fuori da quest’aula si attende altro. Vi sono cose molto più urgenti che qui dovremmo discutere».
 
 Rossi annuncia con rammarico l’impossibilità di proseguire. «Persa un’opportunità» 
Il presidente Rossi è nuovamente intervenuto registrando che a fronte delle cinque firme fin'ora raccolte, 4 di maggioranza e 1 di Bezzi (FI), sull'emendamento che ridurrebbe drasticamente gli emendamenti ostruzionistici, non vi sono altre adesioni da parte delle minoranze, nemmeno rispetto alla possibilità di sottoporre successivamente la legge a referendum.
A questo punto, prendendo atto dell'impraticabilità dell'aula, ha chiesto un'altra sospensione per consultare sul da farsi i consiglieri di maggioranza.
 
Rientrati nuovamente in aula dopo la riunione, il presidente Rossi ha ribadito che le minoranze hanno respinto tutti i tentativi (canguro e ipotesi referendum) di ridurre gli emendamenti al ddl.
E vista la conseguente impraticabilità dell’aula, pur «confermando la piena volontà politica della maggioranza a portare avanti il contenuto del proprio programma elettorale», ha preso atto dell'impossibilità di proseguire.
 
«La legge – ha spiegato – non può essere votata in tempi ragionevoli e definiti, per cui a nome della maggioranza registriamo con grande rammarico questa impossibilità perché la discussione risulterebbe sterile e non porterebbe da nessuna parte.
«Resto convinto – ha concluso – che sia stata persa un'opportunità importante anche se non unica per perseguire l'obiettivo della parità di genere.
«L'augurio è che questo dibattito a volte aspro e difficile da capire contribuisca a stimolare sul piano culturale più che giuridico a fare in modo che anche nella politica si arrivi ad una sostanziale parità di genere.»
 
 Maestri ritira il ddl e accusa: «schiaffo alla democrazia, all’autonomia e ai trentini» 
Nerio Giovanazzi (Amministrare il Trentino) ha preso atto con soddisfazione della volontà della maggioranza di ritirare il disegno di legge, «da cui sarebbe uscita una proposta pasticciata e peggiorativa della situazione attuale».
«Meglio lasciare l’attuale libertà agli elettori di assegnare se vogliono la loro preferenza anche a due donne.
«Credo – ha commentato – che il presidente abbia fatto felici anche molti consiglieri di maggioranza.»
 
Giovanazzi ha concluso rendendosi disponibile, dopo questo passaggio, a condividere altri disegni di legge proposti dalla maggioranza, evitando altre forme di ostruzionismo.
A questo punto ha chiesto la parola Lucia Maestri (Pd).
«La cifra che ha contraddistinto questi 4 anni di legislatura – ha esordito – è data dai 47.629 emendamenti ostruzionistici presentati sui disegni di legge proposti dalla maggioranza.
«Cifra che potrebbe crescere ancora da qui alla fine del quinquennio. E che pesa molto sulla possibilità data alla maggioranza di portare a casa disegni di legge e atti politici sui quali è stata eletta.
«Ne risentono il buon funzionamento di quest'aula, della democrazia e dell'autonomia anche al di là dell'obiettivo mancato per il Trentino della doppia preferenza di genere.»
 
Maestri ha poi stigmatizzato il linguaggio irrispettoso utilizzato durante il dibattito in aula nei confronti delle persone ma soprattutto delle istituzioni dell'autonomia.
Il terzo sfregio espresso per Maestri da quest'aula «è stato nei confronti dei Comuni, delle associazioni e dei sindacati che hanno voluto e sostenuto questo ddl».
A suo avviso «il Consiglio provinciale non ha tenuto conto della voce di un bel pezzo di Trentino».
«Questi 47629 emendamenti – ha denunciato – sono stati schiaffi. Noi le abbiamo provate tutte, ci abbiamo messo tutto il nostro impegno ed entusiasmo, tentando addirittura di far rimanere in piedi 90 emendamenti delle minoranze.
«Ma anche in questo caso abbiamo trovato dei muri e posizioni preconcette.»
Maestri ha concluso definendo la sospensione dell’esame in aula del ddl «uno schiaffo agli uomini e alle donne che vivono nel Trentino».
 
Bezzi (Forza Italia) ha concordato con la scelta di Maestri di ritirare il ddl auspicando «una maggiore maturità dell'aula nella prossima legislatura perché il Trentino sia più al passo con i tempi».
A suo avviso la chiusura al provvedimento è «un grave errore politico perché sui diritti civili, le divergenze tra gli schieramenti di maggioranza e minoranza non hanno ragion d'essere».
Bezzi ha concluso dichiarando di aver «fatto tutto il possibile, ma le posizioni si sono troppo ideologizzate».
Il presidente Dorigatti, preso atto del ritiro del disegno di legge ha dichiarato conclusa la sessione del Consiglio.