Oggi l’incontro a Trento dei partiti autonomisti del Nord d'Italia

Patt, Svp, Uv e Ual hanno voluto rafforzare l’alleanza per consolidare le rispettive autonomie in un momento molto delicato per il loro futuro

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I partiti autonomisti del Nord Italia, PATT, la SVP, l’Union Valdôtaine e la UAL, si sono ritrovati con lo slogan «Uniti per un’autonomia più forte», un’occasione per fare il punto sull’attuale situazione politica nazionale e per rinsaldare l’alleanza in un momento in cui il presidente del Consiglio Renzi sta mettendo mano al Titolo V della Costituzione italiana, quello che istituisce le regioni.
I presidenti delle province autonome di Trento e di Bolzano, Ugo Rossi e Arno Kompatscher, hanno dimostrato, dati alla mano, come le autonomie del Nord abbiano portato benefici ai bilanci propri e dello Stato.
Hanno anche assicurato i partecipanti che l’iter legislativo di riforma costituzionale viene costantemente monitorato tramite i parlamentari autonomisti. Insomma non si fidano del governo, anche se Renzi ha assicurato più volte di lasciare intatte le autonomie più corrette.
 
Le Regioni d’Italia sono nate nel 1970 per volontà delle sinistre, che in questa maniera potevano contare sulle proprie amministrazioni nelle regioni rosse. Ma al di là della questione di potere, la scelta non era affatto peregrina. L’Italia è un paese in cui ogni regione si differenzia dall’altra anche in modo decisamente marcato. Una legge valida dal Brennero alla Sicilia scontenta inevitabilmente qualcuno.
Ora sono proprio le sinistre a voler mettere mano alla Costituzione per ridurre le competenze delle regioni a favore di un antistorico neo centralismo.
La ragione - al di là del potere in senso stretto - è collocabile ad alcune spese locali che sono state fatte alla leggera e a voci come la sanità che sembrano sfuggire al controllo degli enti locali.
La problematica però è un’altra: la mancanza di un complessivo e articolato sistema del controllo budgettario.
 
In altre parole, un ente locale non può avere competenze su alcune voci e non su altre, perché in questa maniera non dispongono di margini di manovra.
Il Trentino e l’Alto Adige, per esempio, attribuiscono alla Sanità un budget maggiore che nel resto del Paese, ma nessuno può dire nulla perché i bilanci di Trento e di Bolzano sono perfettamente sani e con avanzo per le spese in conto capitale.
Di fronte alla scelta tra far crescere di più l'autonomia delle regioni a statuto ordinario e l’accentramento delle competenze, il Governo non ha avuto dubbi, optando per la seconda soluzione.
Il principio del controllo budgettario non è stato recepito da Renzi, ma neanche da Chiamparino, presidente delle Regioni d’Italia. Il che non fa sperare bene per il futuro costituzionale degli enti locali.
 
Hanno dunque fatto benissimo PATT, SVP, l’Union Valdôtaine e UAL a sottoscrivere a Trento un protocollo dove si impegnano a rivendicare «convintamente» le proprie specialità, a mettere in campo una rappresentanza parlamentare unita e compatta, a promuovere l’Europa delle Regioni e a seguire l’esempio dell’Euregio transfrontaliero.
Oggi c’era anche un rappresentante della provincia di Belluno, che fra l’altro è destinata a scomparire con il resto delle province italiane. Giustamente si è domandato per quale motivo il bellunese non possa godere delle stesse prerogative di Trento e di Bolzano, stante il fatto che le sue specialità etniche, orografiche e peculiari sono estremamente simili a quelle del Trentino Alto Adige.
Una domanda più che legittima, per la quale in questo momento ci pare difficile che Roma sia disponibile a dare una risposta di buonsenso.
 
GdM