«Cambia il mittente ma il messaggio è sempre lo stesso»
Il presidente dell’OSAR Nicola Fioretti commenta l’attacco del ministro Maria Elena Boschi alle Autonomie
Non è la prima volta e non sarà l'ultima. Cambia il mittente ma il messaggio è sempre lo stesso.
Questa volta l’attacco alle Autonomie speciali arriva direttamente dalla Leopolda di Firenze dove, alle parole del Ministro Maria Elena Boschi che ha dichiarato «Non è il momento propizio, ma sarei favorevole alla soppressione delle autonomie speciali», sono seguite quelle di Chiamparino (presidente Regione Piemonte) secondo il quale «In materia di Titolo V della Costituzione, si dovrebbe affrontare la questione delle regioni a statuto speciale, anche perché, come dice il film di Alain Resnais, La guerra è finita».
È uno scenario al limite del surreale. Il 15 ottobre scorso infatti, poco più di dieci giorni fa, è stato concluso un accordo tra TN e BZ proprio con questo Governo e con questi attori.
Sembrava di aver raggiunto la quadra, di aver fissato dei punti fermi e invece scopriamo che sotto sotto le idee messe nero su bianco all’interno dello «Stil Novo» sono ancora forti nei renziani.
«Ci vuole una cura radicale per risolvere il problema... Via le province, trasformate in enti di secondo livello e via le regioni a statuto speciale» scriveva Matteo Renzi all’interno del suo libro e a quanto pare la deriva centralistica che caratterizza il suo pensiero non si è di certo ridimensionata.
Nella testa dei renziani si associa la «specialità» al vecchio, ad una sorta di residuato inutile la cui abolizione è utile a garantire modernità ed efficienza al sistema Paese.
Ancora una volta capiamo come l’ignoranza nei confronti delle autonomie sia enorme nei nostri governanti e soprattutto come la semplificazione nei ragionamenti (o il voler semplificare e far passare per semplici questioni complesse) sia la vera caratteristica che contraddistingue questo governo che alla velocità di un tweet pretende di capire e sistemare le cose senza un minimo di approfondimento, senza prendersi il tempo di capire veramente le questioni.
Si parla infatti di Autonomie speciali in modo indistinto. Sia che esse abbiano effettivamente sperperato fiumi di risorse pubbliche, sia che esse siano riuscite a costruire in modo responsabile un modello vincente e responsabile come il nostro, che per altro sta contribuendo giorno dopo giorno al risanamento del Paese.
La questione più amara e profonda però, al di là del grave episodio specifico, è il constatare come a Roma le autonomie non possano contare su interlocutori amici e che le ostilità verso il decentramento dei poteri saranno sempre più forti (e non solo nei confronti delle speciali).
Dobbiamo renderci conto che siamo passati da un federalismo zoppo all’italiana, in cui alle parole non sono mai seguiti i fatti, ad un neocentralismo in cui tutto ruota attorno al Premier e alla sua ristretta cerchia di decisori.
Come scrive Luciano Caveri nel suo blog La logica è quella solita dell'uomo del Destino che da solo sconfigge draghi e leoni e rimette in sesto la baracca fra gli applausi, dopo aver usato forbici e ghigliottine o, forse, spade rotanti come «Goldrake». È un'avvilente caricatura della democrazia e del suo delicato funzionamento [..].
Lo scenario odierno dimostra tutta la debolezza contrattuale che la politica locale (e in generale di tutti i territori) ha nei confronti del governo centrale romano.
È evidente che i margini di libertà che verranno riconosciuti alle autonomie speciali saranno sempre più risicati, che il futuro della stessa autonomia è a rischio e che la clausola di salvaguardia non è un tetto sotto il quale permettersi il lusso di dormire sonni tranquilli.
E’ arrivato il momento di andare oltre questa situazione di stallo in cui si sta giocando sempre e solo una partita al ribasso.
È arrivato il momento di procedere alla stesura di un Terzo Statuto di Autonomia in grado di disciplinare in modo inequivocabile i rapporti tra Stato, Regione e Province Autonome.
Questa battaglia però è da condurre in modo trasversale ai partiti dove la gente deve essere necessariamente coinvolta, perché da un lato è evidente che la politica da sola, non sarà in grado di sostenere le ragioni della nostra Autonomia a Roma e dall’altro non possiamo più accettare che il futuro dei territori e delle autonomia sia dato solo da peso politico e partitico che essi sono in grado di esprimere.
I territori sono molto di più di questo ed è giusto che la partita sia giocata dalla politica ma con il coinvolgimento delle persone che vivono, lavorano e creano il territorio.
Nicola Fioretti
Presidente OSAR