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La politica non deve «entrare» nelle scuole: va «insegnata»

Se è necessario che i ragazzi trentini imparino a studiare la nostra Autonomia, essi devono imparare anche l’arte di governarla

Quando negli anni Sessanta frequentai Ragioneria, erano davvero altri tempi.
Sia perché gli esami di maturità prevedevano qualcosa come 17 esami, sia perché si poteva andare a ottobre. Ma la cosa che un ragazzo di oggi non può riuscire a immaginare è che tutti coloro che venivano promossi nella sessione estiva ricevevano tre o quattro proposte di lavoro.
E ciò che forse i ragazzi non riusciranno mai a comprendere è che la maggior parte di noi lo ha rifiutato, per fare l’imprenditore.
Sì, erano altri anni, quelli della ricostruzione dopo 50 anni di guerre.
Ma erano anche altri metodi di studio. Non si passava l’anno se non si studiava, tanto vero che la mia generazione condivide un concetto di fondo: «il difficile è stato diventare ragionieri, tutto il resto è venuto da solo, dall’università alla professione».
 
In proposito desidero ricordare un emerito professore di ragioneria e tecnica bancaria che si chiamava Mario Zane. In quinta ragioneria ha tenuto a spiegarci che l’ordinamento bancario trentino era diverso da quello nazionale, perché le Casse Rurali avevano una vita del tutto particolare grazie allo statuto di autonomia che caratterizzava la Regione Trentino Alto Adige.
Si parla ancora del primo Statuto di autonomia, che però già aveva fatto assumere alla nostra comunità le prime differenze con il resto del Paese.
La cosa singolare è che la Commissione d’esami non sapeva nulla della tecnica bancaria trentina, per cui il prof. Zane ce l’aveva insegnato solo perché dovevano saperlo. Alla fin dei conti, almeno sulla carta, avremmo fatto verosimilmente i ragionieri in Trentino.
 
Oggi, a una quarantina d’anni di distanza, la Provincia autonoma di Trento ha finalmente deliberato di introdurre nelle scuole lo studio della nostra autonomia.
La materia va studiata a vari livelli.
Il primo, va da sé, è lo studio della storia dell’Autonomia dal 1946 a oggi, con le intuizioni dei Padri fondatori, le lotte e le conquiste fatte dalla nostra gente.
Ma il più importante è il funzionamento dell’apparato amministrativo, in comparazione con quello dello Stato e delle regioni a statuto ordinario. Ancora oggi la gente non sa cosa sono i nove decimi che Roma ci restituisce per farci amministrare in tutta autonomia il 90 percento delle competenze amministrative.
Tutto è diverso dal resto del Paese ed è giusto che i ragazzi imparino non solo a conoscere il proprio ordinamento ma anche che impari a usalo, ad amarlo, a migliorarlo e conservarlo per trasmetterlo ai propri figli.
 
Quindi c’è un terzo campo in cui la Conoscenza deve muovere i propri passi. La Politica.
La Politica, signori miei, non deve entrare nelle scuole, deve essere insegnata.
I ragazzi non devono assolutamente essere indottrinati od orientati secondo la volontà di un insegnante di parte o di un assessore di turno.
Devono invece imparare a capire che la Politica è una professione che richiede una grande preparazione. Il più delle volte uno studio specifico.
Ognuno deve studiare i meccanismi della politica, l’etica della politica, l’onestà intellettuale, la ricchezza dei valori, il buonsenso e il pragmatismo dell'arte di governare.
Tutto questo va dunque insegnato facendo ben attenzione di usare il metodo di Socrate, la Maieutica, che consisteva nel dotare l’allievo degli strumenti culturali che gli consentissero di trovare dentro di sé la verità.
 
Abbiamo visto che l’argomento ha sollevato un mare di critiche da parte dell’opinione pubblica, ma questo solo perché la gente – a torto o a ragione – non crede nella capacità degli insegnanti a evitare le prese di posizione personali, o tantomeno nella capacità dei politici al potere di tenere lontane le proprie tentazioni d’intervento.
Ma in qualche modo si dovrà pur cominciare.
I nostri concittadini non devono più trovarsi inseriti nei meccanismi della politica senza avere una scuola di base. Non devono farsi da sé. Devono essere dotati, appunto, delle armi necessarie per esprimere la propria volontà di governo.
E senza per questo dover frequentare l’università di Scienze politiche, sia perché lo studio non deve essere un fine ma un  mezzo, sia perché la politica deve appartenere anche a chi laureato non è.
Questa è la nostra idea.
 
Guido de Mozzi

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