Elezioni del 22 ottobre – Intervista a Simone Marchiori
Il segretario del PATT: «Siamo l’unico vero partito autonomista, abbiamo stabilizzato lo scenario politico e mantenuto in Trentino la scelta del candidato presidente»
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Dottor Marchiori, il PATT – pur mutando acronimi nella sua storia – è sempre stato in bilico tra la destra e la sinistra del ventaglio politico Trentino. Forse più a destra che a sinistra, perché ricordo che in un colloquio di molti anni fa, il vostro leader fondatore Enrico Pruner, mi aveva confidato che «il Trentino non sarebbe mai finito nelle mani dei comunisti. A costo di ricorrere all’ONU (sic!)».
Questa premessa l’ho riportata per smorzare le polemiche che vi hanno accusati di essere delle “banderuole”: prima con il Centrosinistra e poi con il Centrodestra.
Un’altra precisazione. L’Ex presidente Ugo Rossi aveva tenuto a precisarmi che il suo non era un governo di centrosinistra, ma «di centro e di sinistra».
Poi, come abbiamo visto, il PD ha consegnato la Provincia autonoma di Trento alle destre, togliendo il sostegno a Rossi per il secondo quinquennio. Ricordo che Paolo Ghezzi aveva provato ad attribuire al PATT la colpa della sconfitta, ma sappiamo tutti come è andata.
Ora Rossi ha rinunciato a ricandidarsi ma, a quanto pare, è contrario alla vostra scelta di allearsi con Fugatti.
Con lui c’è anche Roberto Stanchina, che ha preferito staccarsi dal PATT e legarsi a Campo Base.
Infine, Michele Dallapiccola ha lasciato il PATT per motivi meno ideologici… Con voi non poteva candidare per la quarta volta. È così?
«È lo Statuto del PATT che pone il limite dei tre mandati, non di certo io.»
Ma andiamo per gradi. Anzitutto avete ricondotto in ovile alcune correnti che avevano pensato di candidare da sole. Ne parlammo a suo tempo, ma forse è bene riassumere le ragioni che vi hanno rimessi insieme.
«Abbiamo raggiunto la riunificazione degli autonomisti allargando il campo ai popolari.
«Un evento importante alla base del quale c’è la condivisione di un manifesto valoriale con alcune parole d’ordine: autonomia, tradizione, sostenibilità, responsabilità, sussidiarietà, dinamicità, inclusività e innovazione.
«Quella fatta dal PATT assieme agli altri due movimenti, insomma, non è una pura sommatoria di sigle, nemmeno un cartello elettorale che dal 23 ottobre torna a sciogliersi.
«È il primo passo verso quel partito di raccolta modello SVP il cui modello è stato inseguito da anni.»
Quali sono le ragioni politiche che hanno convinto il PATT a legarsi con il Centrodestra di Maurizio Fugatti?
«Innanzitutto il nostro è un accordo tecnico-programmatico con il solo Fugatti. E questo non è un dettaglio, in quanto è esattamente ciò che avveniva con il centrosinistra.
«Come ho avuto modo di affermare a più riprese, il Patt non è vincolato da specifiche appartenenze ideologiche, ma pone la tutela e la salvaguardia dell'Autonomia al centro della propria missione politica.
«Chi afferma il contrario, afferma l’esatta negazione dei principi che stanno alla base dell’esistenza stessa di un partito autonomista: se io scelgo prima dove andare, rispetto a cosa fare, a quali sono le mie priorità, come posso pensare di essere incisivo?
«Pensi che prima di definire l’accordo con il Presidente Fugatti abbiamo cercato una collaborazione con il centrosinistra, ma non siamo riusciti a trovare una via praticabile a causa della mancanza di interlocutori e di punti di accordo significativi. Sono passati 5 anni dal 2018 e non vi è stato alcun percorso di rigenerazione e di innovazione in quell’area.
«L'elemento chiave che ha spinto il Patt a sostenere il candidato presidente Maurizio Fugatti è stato l'accordo programmatico che abbiamo sottoscritto. In questo accordo abbiamo messo al centro dell'attenzione i valori dell'autonomia, che sono stati un pilastro fondamentale della nostra politica per ben 75 anni.
«La nostra decisione è quindi fondata sulla convinzione che questo patto rifletta i principi e gli obiettivi che il Patt ha per il Trentino.
«Siamo convinti che questa collaborazione ci consentirà di lavorare insieme per promuovere e difendere l'Autonomia e i valori che riteniamo cruciali per il nostro Trentino e le nostre comunità.»
La vicenda di Fratelli d’Italia non vi aveva lasciati indifferenti. Non vi andava giù che la candidatura alla presidenza dell’Autonomia trentina venisse scelta a Roma. Poi FdI ha fatto il patto con la Lega, la quale ha garantito - in caso di vittoria - la vicepresidenza. Una sorta di promessa per le legislature successive? Ci può illustrare la sua posizione in questa situazione?
«Ritengo che certe decisioni, come quella sulla vicepresidenza, debbano essere prese dopo il voto. Ma non lo dico io, è la legge che lo stabilisce, altrimenti saremmo in un sistema all’americana in cui viene eletto il ticket presidente-vice.
«Dato che qui vige una regola diversa, è importante che i trentini abbiano l'opportunità di esprimere la propria preferenza attraverso il processo elettorale e, in seguito, sulla base dei risultati e delle esigenze politiche emergenti, si possano affrontare questioni come la composizione dell'esecutivo. L'importante è che il processo sia trasparente e rispecchi la volontà degli elettori.
«Quanto al fatto che la vicepresidenza ipotechi le prossime legislature questo non è affatto vero. Ogni elezione è una partita a sé e il successore di Fugatti sarà chiamato a guadagnarsi tale titolo sul campo nel corso della legislatura. Peraltro il vicepresidente è, a tutti gli effetti, un assessore al parti di un altro.»
Condivide tutto quello che ha fatto Fugatti? Avrete una visione unitaria sul futuro del Trentino? Cosa potrebbe cambiare con voi in coalizione?
«In questi cinque anni in cui il Patt è stato all'opposizione, ci sono state questioni sulle quali abbiamo avuto divergenze rispetto al governo. Come ad esempio la posizione sulla Valdastico, su cui abbiamo chiaramente espresso il nostro punto di vista.
«Tuttavia il nostro supporto a Fugatti è basato su una visione differente di queste partite che è stata accettata non solo dal Presidente ma anche dall’intera coalizione che lo sostiene. Una visione messa nero su bianco attraverso l’accordo programmatico sottoscritto dal Presidente.
«Quindi riteniamo che la visione sia assolutamente unitaria ma, soprattutto, autenticamente autonomista.
«Per quanto riguarda ciò che potrà cambiare, qui c’è sicuramente l’approccio: il Patt è un partito radicato sul territorio, vicino alle comunità locali, e questo ci permette di avere una comprensione più approfondita delle esigenze e delle preoccupazioni dei cittadini.
«All'interno di questa coalizione, ci proponiamo di portare la nostra vicinanza ai territori e ai problemi locali, affrontando le sfide che il Trentino deve fronteggiare.
«La sanità è uno dei settori che riteniamo necessiti di miglioramenti e su cui desideriamo concentrare i nostri sforzi dato il grande lavoro programmatico che abbiamo fatto.
«Lavorando insieme, crediamo di poter contribuire a un futuro del Trentino in cui le diverse esigenze territoriali siano prese in considerazione in modo più approfondito, promuovendo il benessere della nostra Terra e delle sue comunità.»
Ugo Rossi sta facendo una campagna per così dire «referendaria», avvisando gli elettori che scegliere Fugatti o Valduga è come dire NO all’autonomia trentina col primo o SÌ all’autonomia col secondo. Come commenta questa dicotomia… manichea?
«La dicotomia presentata da Ugo Rossi, in cui collega la scelta tra Fugatti e Valduga a una visione dell'autonomia trentina, sembra adottare una tattica politica che mira a creare una netta polarizzazione e a suscitare forti emozioni tra gli elettori.
«Questo approccio che definirei "manicheo," sembra essere un tentativo di screditare l'avversario politico attraverso l'uso dell'allarmismo e la generazione di paura tra il pubblico. In poche parole populismo.
«Ritengo che Ugo Rossi stia adottando una strategia di attacco politico che, in passato, egli stesso ha condannato all'interno del nostro partito.
«Questo approccio sembra essere in contraddizione con l'approccio collaborativo che ha caratterizzato la sua precedente esperienza come Presidente della Provincia e che è stato un punto di forza degli autonomisti nel corso degli anni.
«Ma se la mette su questo campo basta vedere cosa dice la Segretaria nazionale del PD in merito all’autonomia… Dove stanno gli anti autonomisti? In questo momento sicuramente a sinistra.»
La Valdastico va completata? Va fermata? Sarebbe meglio sottoporla a referendum?
Nel nostro programma, che poi è diventato quello del presidente, siamo molto chiari: innanzitutto bisogna fare chiarezza in merito al populismo di chi, a sinistra, va in giro a dire che la Valdastico è stata bocciata e non si farà.
«Attualmente l’uscita della Valdastico, così come fu approvata dalla giunta Rossi, è a Trento sud. Tale tracciato si è stati costretti a prevederlo per evitare che fosse il governo a decidere senza aver nemmeno bisogno di interpellarci.
«La nostra posizione è sempre la stessa: le vie di comunicazione come questa devono portare benefici soprattutto al territorio che attraversano.
«Quindi il tracciato della Valdastico dovrà sicuramente risolvere i problemi di traffico pesante della Valsugana, ma deve trovare anche l’accordo dei territori.»
Condivide certamente la destinazione d’uso dello spazio del San Vincenzo fra Trento e Mattarello. Ma pensa che lo spazio potrebbe anche contenere anche il nuovo stadio di calcio?
«L’area di San Vincenzo era inutilizzata e incolta da anni, il fatto che sia stato trovato un utilizzo era fondamentale per evitare che fosse uno sperpero di denaro pubblico dato che ormai da anni si sapeva che le caserme militari non sarebbero state realizzate lí.
«Il fatto che adesso diventi un’area con strutture sportive oltre a quelle per l’intrattenimento, è un buon modo per valorizzarla come merita e per tutto l’anno.»
Il Trentino riuscirà alla fine ad avere un Nuovo Ospedale?
«È ormai essenziale, anche per la presenza e le necessità della facoltà di medicina. Si spera che gli strascichi del vecchio appalto siano ormai archiviati e si possa partire con determinazione e slancio.
«Consapevoli che l’opera impiegherà comunque degli anni per vedere la luce ma che non può più essere bloccata da ricorsi e controricorsi che nulla hanno a che fare con la bontà del progetto.»
Università e studentati, centri di ricerca e sviluppo. Lei è convinto che sia questa la strada per orientare la produttività trentina verso il futuro?
«Assolutamente sì. Ritengo che l’Università e i centri di ricerca e sviluppo siano centrali per orientare la produttività trentina verso il futuro. L'istruzione superiore e la ricerca sono fondamentali per la crescita economica, l'innovazione e lo sviluppo sostenibile del Trentino. L'Università offre non solo una formazione di alta qualità, ma anche un terreno fertile per la ricerca e lo sviluppo tecnologico.
«Gli studenti sono un prezioso serbatoio di talento e creatività. Attrarre giovani menti brillanti nel Trentino non solo contribuisce a potenziare il nostro capitale umano, ma alimenta anche la diversità e l'innovazione nella nostra comunità. Inoltre, le sinergie tra l'Università, i centri di ricerca e lo sviluppo consentono di affrontare sfide complesse e trovare soluzioni innovative che possono stimolare la crescita economica e migliorare la qualità della vita nel Trentino.
«Investire nell'istruzione superiore e nella ricerca è un investimento nel futuro del territorio, garantendo che il Trentino rimanga all'avanguardia in settori chiave, promuovendo l'innovazione e fornendo opportunità per i giovani talenti.
«Sono convinto che questa sia una strada cruciale per orientare la produttività trentina verso un futuro di successo e prosperità.
«Bisogna al contempo creare le basi perché gli studenti si sentano parte attiva della società trentina condividendone bisogni e identità.»
Non si usa mai chiedere previsioni sul voto. Ma lei non ha paura che l’iniziativa di Divina potrebbe restituire il Trentino al Centrosinistra?
«Penso che, chi inizialmente andava a cercare FDI e ora fa il centrista, non sia credibile per definizione. Divina da questo punto di vista non può fare il moderato equidistante dai poli.
«L’unico voto utile in tal senso è quello al PATT, l'unico vero partito autonomista, che ha stabilizzato lo scenario politico, che ha influenzato la scelta del candidato presidente mantenendola in Trentino e che ha posto le basi di un programma di coalizione innovativo e autonomista.»
Guido de Mozzi – [email protected]