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Intervista di fine mandato al presidente Maurizio Fugatti

Signor presidente, dopo cinque anni di governo, quanto è cambiato Maurizio Fugatti, sia come uomo che come politico?

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Come prima intervista ai candidati alle elezioni provinciali del 22 ottobre abbiamo iniziato col presidente uscente, Maurizio Fugatti, che ricandida per la coalizione del centrodestra.
Eletto presidente della Provincia autonoma di Trento il 28 ottobre 2018 con il 46,73% dei voti, è stato il primo presidente trentino di centrodestra dal dopoguerra.
La sua non è stata una legislatura facile, avendo incontrato nel suo percorso emergenze di grande impatto, come la tempesta Vaia, il Covid, la Guerra Russo-Ucraina…
Siamo partiti da qui.
 

 
Presidente Fugatti, in questi cinque anni si è trovato a fare slalom tra le emergenze. Come può valutare oggi la sua attività?
«Non per evadere la domanda, ma sinceramente penso che debbano essere gli altri e nella fattispecie i nostri concittadini a dover dare una risposta.
«È un dato di fatto comunque che le emergenze, davvero mai viste finora per entità e gravità, hanno costretto a ripensare il programma con il quale ci siamo presentati agli elettori. Ripensare e riorganizzare però, non disattendere.
«Se pensiamo infatti a come siamo partiti, ossia a quella grande operazione di ascolto e di confronto con i territori che abbiamo chiamato Stati generali della montagna, si può comprendere che le emergenze non hanno cancellato la voglia e l’impegno a gestire il presente e a programmare il nostro futuro.»
 
Ci sono stati dei momenti in cui pensava di non farcela?
«Momenti difficili e di grande fatica non sono mancati, è ovvio. Posso però dire che lo sconforto ed il disorientamento non hanno mai avuto la meglio.
«Specie durante il Covid-19, sapevo che la comunità aveva bisogno di punti di riferimento e questo per me si è tradotto in responsabilità ma al tempo stesso in energia e coraggio.»
 

 
Come ha trovato la struttura amministrativa della Provincia autonoma di Trento?
«Mi è capitato di mettere alla prova la struttura tecnico-amministrativa della Provincia autonoma di Trento ancora prima di essere nominato Presidente, visto quello che era successo con Vaia a cavallo delle legislature.
«Lì ho capito soprattutto una cosa: che la burocrazia provinciale, in particolare la classe dirigenziale ha una grande competenza tecnica e amministrativa. Questo mi è stato di aiuto, non conoscendo tra l’altro praticamente nessuno all’inizio.
«Nel complesso il giudizio è certamente positivo, anche se le caratteristiche che una macchina così complessa presenta nel suo operare sono davvero molte. Ma su questo abbiamo anche lavorato per migliorare la situazione.»
 
Qual è stata la disgrazia che più ha segnato la sua persona e la sua amministrazione?
«Ho diversi ricordi molto forti, lutti e tragedie che inevitabilmente hanno attraversato questa legislatura.
«Tuttavia ammetto di aver pianto quando mi trovavo nella sede dei vigili del fuoco e del soccorso alpino di Canazei: è stato il giorno dopo il crollo del ghiacciaio della Marmolada e si sapeva già che sarebbe stato un tributo di vite umane altissimo.
«Mi sono sentito addosso tutto quel peso e quell’angoscia. Ma si doveva resistere e reagire. C’era in ballo la sicurezza di molti oltre che il dolore di chi ha pagato tanto per quella tragedia.»
 

 
Accusato dapprincipio di non aver messo mano al Festival dell’Economia che lei definiva «di sinistra», è stato poi criticato per aver affidato la gestione al Sole 24 ore. Come giudica oggi questo cambiamento?
«Ho già detto in diverse occasioni che i fatti hanno dato ragione a questa scelta. Una scelta fatta non certo d’impulso - ci siamo presi il tempo necessario per maturarla - e che aveva le sue motivazioni che ancora oggi giudico legittime.
«Poi sono anche arrivati i risultati, che gratificano una storia più che lusinghiera di un Festival che è e rimarrà prima di tutto un patrimonio della comunità trentina.»
 
Quando ha puntato sullo spettacolo di Vasco Rossi, i sostenitori le hanno dato del visionario e i detrattori del megalomane. Invece è andato tutto bene. A un anno di distanza, come commenta quell’avventura?
«Guardando a un anno di distanza sono ancora più convinto che sia stato giusto, come territorio, cogliere l’occasione che si è presentata.
«Quella di avere una rockstar del calibro di Vasco Rossi per inaugurare il suo tour post Covid in Trentino, in un grande spazio pubblico restituito ai cittadini, la Trentino Music Arena.
«Una sfida vinta, come hanno dimostrato i numeri, anche considerando i disagi normali per eventi di tale livello.
«Basti pensare che si è trattato del primo concerto di quella dimensione in Italia e in Europa dopo la pandemia e dell’evento musicale più visto nella stagione concertistica del 2022.
«Ma il Vasco Live e tutto quello che vi era collegato è stato anche un momento che ha visto il nostro territorio impegnato al massimo, con la sua macchina organizzativa eccezionale e la piena collaborazione tra tutte le realtà provinciali e dello Stato per garantire la sicurezza di tutti, e un’iniziativa capace di generare ricadute economiche quantificate in quasi 44 milioni di euro.
«Il Trentino quindi si è messo in gioco, come sa fare, dando vita ad una scommessa che continua, per un territorio che vuole essere protagonista, anche nei grandi eventi.»
 


Che fine farà lo spazio San Vincenzo? Come mai non abbiamo avuto ancora altri spettacoli di respiro nazionale?
«La Trentino Music Arena di San Vincenzo è a disposizione della comunità come area attrezzata per la musica e l’intrattenimento, aperta alle evoluzioni.
«Nell’estate 2023 si è animata con diversi appuntamenti. A fine luglio la prima edizione di Trentino Love Fest, che si è chiusa con un risultato nell’ordine dei 12-13 mila spettatori, per la maggior parte giovani, un’attenzione alla solidarietà e lo spazio dato agli artisti emergenti che sono apprezzati – piaccia o no – alle nuove generazioni.
«Poi Trentino musica e spettacolo, la seconda rassegna a fine agosto che ha confermato anche nomi di rilievo nel panorama della musica italiana, i live e una serie di workshop dedicati alla musica, mentre si ragiona poi su altri eventuali appuntamenti a settembre.
«La Trentino Music Arena è dunque una risorsa concreta, un progetto che va giudicato nel lungo periodo e punta a far crescere il progetto insieme alle nuove generazioni che sono il futuro del Trentino.»
 
Ora passiamo ad alcune criticità. La prima riguarda l’istruzione degli immigrati in Trentino nel 2019, che l’Europa avrebbe pagato. Perché aveva detto di no?
«Il sistema di accoglienza in Trentino necessitava di una revisione, che questa Giunta ha voluto imprimere in maniera decisa sin dal suo insediamento.
«C’era uno spostamento eccessivo verso i temi dell’accoglienza che portava il nostro territorio ad essere addirittura attrattivo verso i migranti per tutte le iniziative che c’erano.
«Ora la situazione è più equilibrata e la capacità del trentino di fare accoglienza ben si è vista con il popolo ucraino dove le Istituzioni sono state in prima linea.»
 

 
Per quale motivo aveva deciso che la Valdastico dovesse uscire a Rovereto Sud, accorciando troppo poco l’autostrada da Vicenza al Trentino?
«Non c’è nessuna decisione a priori sull’esatto collocamento e sul progetto di un’eventuale infrastruttura. Come Giunta provinciale abbiamo invece avviato un percorso di analisi tecnica e urbanistica che comprende gli ambiti di connessione del Trentino, nella convinzione che al nostro territorio servano investimenti e collegamenti per il proprio sviluppo futuro.
«Ecco perché l’esecutivo ha approvato la variante al Piano urbanistico provinciale relativo all’Ambito di connessione del cosiddetto Corridoio est.
«È un passaggio formale importante, che conferma la volontà di procedere sul percorso di collegamento con il Veneto sul quadrante orientale, prendendo in esame un’area che va dalla Valsugana, com’era già previsto dal Pup del 2008, alla Vallagarina.
«Ora si apre il confronto con i territori interessati. Dobbiamo tenere presente che abbiamo di fronte un’opportunità: un eventuale collegamento Valdastico nord – a dirlo è lo studio di una società specializzata – potrebbe generare, senza costi per il Trentino, vantaggi economici quantificati in 3,3 miliardi e con un impatto occupazionale di 2mila persone l’anno a opera completata. Numeri davvero importanti.»
 
Perché abbiamo detto no al mega Palazzo del Ghiaccio a Baselga di Piné?
«Baselga di Piné era stata designata come sede olimpica delle gare del pattinaggio di velocità, avevamo un progetto e nel luglio dello scorso anno avevamo stanziato 50,5 milioni di euro per l’adeguamento e la copertura dell’attuale pista.
«Purtroppo i costi sono velocemente lievitati nelle settimane successive fino ad arrivare a una cifra che si aggirava tra i 70 e i 75 milioni di euro.
«A quel punto ci siamo confrontati e, con grande senso di responsabilità, abbiamo deciso di accantonare il progetto.
«|Baselga di Piné rimarrà comunque il punto di riferimento nazionale per il pattinaggio di velocità su ghiaccio: abbiamo messo in campo progettualità per riqualificare lo stadio del ghiaccio (29,5 milioni di euro) e quelle per implementare interventi di sviluppo sull’altopiano in accordo con il Comune (21 milioni di euro).»
 
Come pensa di fare per gli orsi problematici? Sopprimerli a freddo suona male. Non c’è un modo per esportarli come si fece a suo tempo con la Jurka?
«Oggi in Trentino sono presenti più di 100 orsi: in un recente studio, Ispra ha stimato che tra l'1 e il 3% degli esemplari possa manifestare annualmente (ossia ogni anno da qui in futuro) segni di pericolosità o particolare problematicità.
«Per questi animali è prevista, sin dal 1997, la rimozione nei casi più gravi, ben individuati da una scala di rischio. Gli individui troppo dannosi o addirittura pericolosi devono dunque essere abbattuti: si tratta di una linea che viene seguita anche nel resto d'Europa e in nord America, a garanzia dell’incolumità delle persone.
«Se ci fosse stato consentito di abbattere JJ4, il povero Andrea Papi sarebbe ancora vivo. Per questo chiediamo che la gestione degli orsi sia gestita autonomamente dalla Provincia.»
«In questi anni, oltre a Jurka, altri tre esemplari sono stati trasferiti all’estero grazie ai contatti dell’Amministrazione e senza alcun supporto esterno, ma questa non è una soluzione facilmente adottabile: in primo luogo perché le operazioni di cattura comportano rischi per la sicurezza dei forestali e in seconda istanza perché è difficile individuare istituzioni che si assumano la responsabilità di accogliere orsi pericolosi.
«Penso a M49: non lo vuole nessuno.»
 

 
E non è auspicabile aumentare gli spazi al Casteller?
«La struttura del Casteller è stata costruita per l'accoglienza provvisoria degli orsi e non per la loro captivazione permanente. «Non è auspicabile la presenza in Trentino di un’area con la funzione di prigione per esemplari pericolosi, con i rischi che questo comporta.
«La struttura del Casteller, ampia circa 8.000 metri quadrati, è destinata alla cura e alla riabilitazione di animali feriti, ad esempio a seguito di incidenti stradali.»
 
E per gli orsi in esubero, pensa di chiederne l’inserimento nel calendario venatorio?
«Abbiamo avviato un doppio percorso istituzionale che punta a ridurre la popolazione di plantigradi, affinché sia maggiormente compatibile con le attività umane.
«Accanto alle iniziative diplomatiche avviate dai Ministeri dell'ambiente e degli esteri per lo spostamento di un numero consistente di esemplari, che tuttavia ad oggi non ha portato ai risultati sperati, stiamo impostando un Piano di gestione autonomo degli animali: per questo motivo è stato costituito un apposito comitato tecnico.
«Insieme all'Alto Adige chiediamo maggiore autonomia nella gestione dei grandi carnivori per la sicurezza dei nostri cittadini e per tutelare allevamenti e agricoltori che lavorano negli alpeggi e che sono sempre più in difficoltà.
«Una richiesta che i sindaci di Giudicarie, Rendena e Val di Sole hanno esplicitato in un recente incontro con il vice premier Matteo Salvini, che ha portato al tavolo del Consiglio dei ministri le loro istanze. È una questione di ordine pubblico.»
 
Aveva deciso l’abbattimento di due lupi, ma la sospensiva del Consiglio di Stato è arrivata prima dell’abbattimento. Come mai?
«Il Consiglio di Stato ha emesso un parere diametralmente opposto rispetto a quello del Tar, che aveva definito intrinsecamente legittimo l’abbattimento. Incomprensibile. Anzi, inconcepibile per l’autonomia trentina.
«La rimozione dei due esemplari di lupo che appartengono al branco responsabile delle predazioni a malga Boldera, nel comune di Ala, puntava a dissuadere il resto del gruppo dal compiere nuove predazioni.
«Noi ci muoviamo rispettando le norme vigenti, mentre queste sentenze, che seguono percorsi quantomeno originali, di fatto si pongono contro l’agricoltura di montagna.
«Il nostro compito è quello di tutelare tutti coloro che hanno deciso di vivere nei territori alpini e che dedicano enormi sforzi e sacrifici per preservare un territorio che necessita della cura e della fatica dell’uomo. E che non possiamo consentire che venga abbandonato.»
 

 
Il problema dei grandi carnivori può essere affrontato dall’Euregio, con l’appoggio dei rispettivi governi nazionali?
«Si rende necessaria una profonda revisione degli impianti normativi esistenti e sono gli stessi cittadini a chiedere un intervento congiunto per far fronte a questo problema.
«Lo scambio e la cooperazione a livello di Euregio svolgono dunque un ruolo decisivo nella promozione unitaria di misure per una gestione efficace dei grandi carnivori.
«Se riusciremo a ribadire le nostre motivazioni con forza, determinazione e con una sola voce in sede europea, avremo sicuramente maggior voce in capitolo, nell’interesse delle comunità locali.»
 
Dopo anni di opposizione, è passato dall’altra parte. Le è stato facile cambiare barricata?
«Non c’è nessun cambio di barricata per come la vedo io. Abbiamo mantenuto una linea coerente con i nostri principi di sempre.
«È successo piuttosto che questi principi e il programma che abbiamo proposto ai trentini intercettassero una diffusa e - se posso permettermi - profonda voglia di cambiamento.»
 
Dopo cinque anni di governo, quanto è cambiato Maurizio Fugatti, sia come uomo che come politico?
«L’esperienza è forse la migliore maestra di vita e questi anni di governo mi hanno permesso di vedere le cose anche da una prospettiva alla quale prima non accedevo.
«Un po’ ci sta il gioco delle parti che a volte porta ad esagerare nei toni e nelle prese di posizione.
«Ho anche ammesso degli errori su certi temi. Vero è che quando sei al governo senti di dover rappresentare tutti ma al tempo stesso difendere una linea che è stata sposata dalla maggioranza dei trentini.»

Guido de Mozzi – g.demozzi@ladigetto.it


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