Letta e Calenda come i capponi dell’Azzeccagarbugli
Manzoni osservava come si beccassero tra loro mentre stavano per andare in padella
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La campagna elettorale che si sta svolgendo in vista delle elezioni del 25 settembre è abbastanza chiara nelle sue linee.
Il centrodestra è compatto e, secondo i sondaggi, va in tutta serenità verso la vittoria elettorale. Fratelli d’Italia avrebbe oggi il 23,3%, la Lega il 13,5%, Forza Italia il 9%, per un totale del 45,8%.
Il centrosinistra è ancora in alto mare. I sondaggi attribuiscono al PD il 23,2% (poco meno di FdI), Verdi e a Leu avrebbero il 3,4%, Italia Viva con Azione e Insieme per il Futuro porterebbero insieme il 5%, per un totale di 31,6%.
Il Movimento 5 Stelle avrebbe l’11,3%, portando il totale al 42, 9%, ma tutte le forze del centrosinistra non vogliono legarsi con i pentastellati.
Naturalmente – lo ripetiamo – si tratta di sondaggi fatti prima della campagna elettorale, destinati quindi a subire le variazioni dettate dall’andamento della campagna. Campagna che potrebbe essere incisiva soprattutto sul 40% di indecisi o astensionisti.
Andando per gradi, mentre il centrodestra ha raggiungo un accordo quadro pacifico, il centrosinistra invece è ancora in lite.
La diatriba è tra Enrico Letta e Carlo Calenda, per i quali hanno in comune solo la volontà di non imparentarsi con i Grillini.
Letta, conti alla mano, vorrebbe un accordo complessivo con tutti gli altri, e alla svelta.
Calenda invece non vuole Leu e Verdi («hanno votato sempre contro la fiducia a Draghi») e non gradisce Di Maio («È incompetente e voltagabbana»).
Poi c’è Matteo Renzi, che attende l’accordo tra Letta e Calenda prima di decidere, non escludendo di candidare da solo, anche se secondo questi sondaggi non raggiungerebbe neanche la soglia minima per entrate in Parlamento.
Forse domani decidono e magari il buonsenso riuscirà a portare buoni consigli, ma al momento Letta e Calenda sembrano i capponi che Renzo Tramaglino aveva portato all’Azzeccagarbugli: si beccavano tra di loro invece che accordarsi per salvarsi.
Quanto ai contenuti della campagna elettorale che, come abbiamo detto, potrebbe modificare la situazione degli indecisi, non vediamo nulla di buono.
Il centrodestra – in vantaggio – può solo commettere errori, per cui farebbe bene a limitare le sortite al minimo indispensabile.
La Meloni si è affrettata a dire che intende fare solo le promesse che possono essere mantenute. Il messaggio è rivolto a Salvini e a Berlusconi, che – tra flat tax, pensioni e assunzioni – sembra che non facciano i conti con le disponibilità di bilancio.
Però ha commesso anche la Meloni un errore, quello di annunciare che il nuovo Parlamento renderà presidenziale la Repubblica italiana, alla francese. Poteva farlo senza metterlo nei programmi, perché non si conosce l’atteggiamento degli elettori sul tema.
Altro errore di Salvini è quello di voler presentare la squadra di ministri prima ancora delle elezioni. Pensa di collocarsi all’Interno e, ammesso che gli elettori lo gradiscano al Viminale, ragiona come se ammettesse di non poter prendere più voti di Fratelli d’Italia.
Per contro, se Meloni e Salvini concordassero di fare una campagna tra loro concorrenziale per invitare gli elettori a scegliere tra lei e lui, trascinerebbero anche elettori non dichiaratamente di centrodestra.
Dall’altra parte vediamo Letta che commette l’errore di proporre una specie di tassa patrimoniale sull’eredità dei grandi patrimoni. Non vogliamo dire che sia un principio giusto o sbagliato, diciamo solo che in campagna elettorale non si deve mai parlare di aumentare le tasse.
Per il resto è ancora presto per giudicare gli items del centrosinistra, perché manca totalmente il programma comune in quanto non c’è ancora un accordo quadro.
Ha ragione Letta a dire che si tratta di scegliere «tra noi e la Meloni», ma al momento si tratta solo di speranze. Insomma non riuscirebbe a creare quel clima di concorrenza che potrebbero ottenere invece Meloni e Salvini, perché non ha argomenti. I migliori argomenti li aveva Draghi, il quale non ci sarà più.
Infine, entrambe le parti perdono tempo a parlar male degli avversari. Una consolidata legge della comunicazione vuole che non si parli mai della concorrenza, né bene, né male.
G. de Mozzi