Il Governo Draghi ha ottenuto la fiducia anche dalla Camera

Hanno votato sì in 535, hanno votato no in 56, cinque astenuti – I 5 Stelle allo sbando

La fiducia al Governo Draghi era scontata. Come annunciato, i deputati di Giorgia Meloni (FdI) hanno votato contro, precisando però che avrebbero sostenuto le scelte condivisibili.
Era più incerta la posizione dei pentastellati, attraversati da mille dubbi nonostante il responso della Piattaforma Rousseau. E i dissidenti sono stati 16, che hanno votato NO contrariamente alla volontà del Movimento.
Ora i vertici del Movimento 5 Stelle devono prendere la decisione di espellere quei sedici disubbidienti.
Ma anche qui ci saranno problemi perché la direzione è spaccata. Crimi li avrebbe già espulsi, ma si è deciso di far decidere ai Probiviri.
Una spaccatura dei Grillini potrebbe significare il disastro, perché tra taglio dei deputati (voluto da loro), crollo dei consensi e adesso una scissione, rischiano il crollo alle prossime elezioni.
 
Interessanti i punti portati da Draghi nell’emiciclo a sostegno del proprio esecutivo, che poi sono gli stessi rappresentati in Senato.
Oltre alla lotta contro la pandemia e alla formulazione del Recovery plan, la portante del suo esecutivo sarà costituito dalle riforme.
Ieri abbiamo accennato alla riforma fiscale, impostata da Ezio Vanoni nel 1951 e modificata nel 1970 da Bruno Visentini e Cesare Cosciani. Dopo 50 anni è necessario rivedere l’impianto fiscale.
Oggi parliamo della riforma della giustizia le cui azioni da svolgere per Draghi sono principalmente «quelle che si collocano all’interno del contesto e delle aspettative dell’Unione europea».
«Si deve aumentare l’efficienza del sistema giudiziario civile, attuando e favorendo l’applicazione dei decreti di riforma in materia di insolvenza, garantendo un funzionamento più efficiente dei tribunali, favorendo lo smaltimento dell’arretrato e una migliore gestione dei carichi di lavoro, adottando norme procedurali più semplici, coprendo i posti vacanti del personale amministrativo, riducendo le differenze che sussistono nella gestione dei casi da tribunale a tribunale e infine favorendo la repressione della corruzione.»
 
Ed è sceso in alcuni dettagli: «Sono proprio le farraginosità degli iter, la moltiplicazione dei passaggi burocratici, spesso la causa inaccettabile di ritardi amministrativi ma anche il terreno fertile in cui si annida l’illecito».
Delinea e conferma un altro tassello del suo programma: «semplificazione e trasparenza» come azioni chiave per combattere corruzione, rilanciare competitività ed investimenti.
Interessante la visione di una piccola e media impresa «da orientare all’internazionalizzazione».
Draghi ha preso appunti di tutti i 63 interventi, di cui farà tesoro, dei quali però risponderà solo a quattro argomenti.