Crisi di governo, è giunto il momento della verità

Lunedì la prova generale alla Camera, martedì l’ora del giudizio al Senato

In questi giorni abbiamo assistito alle scene peggiori di questa Legislatura.
Cominciamo con Conte e Renzi che si sono accusati entrambi di ricatti incrociati. Ognuno accusa l’altro di ricatto, alla faccia del dialogo doveroso in ogni democrazia.
E Zingaretti ha aggiunto del suo per insaporire la questione, affermando che nelle alleanze si deve essere solidali. Come dire che nessuno può avere un’opinione diversa da quella della maggioranza.
Il tutto si esaspera con una frattura sempre più profonda, con la conseguenza che chi perde ha chiuso. Una questione di vita o di morte.
Quindi c’è da immaginarsi che nessuno dei due potrà fare marcia indietro. Qualcuno deve perire.
 
Questo lo scenario in cui si è andata a snodare la caccia ai «responsabili», cioè ala ricerca dei cambia casacca tanto odiati dai grillini.
Non vogliamo passare per renziani, perché non lo siamo. Non stiamo dalla parte di nessuno a priori, ma giudichiamo i fatti. E questa specie di mercato grossolano è avvilente.
Per loro non si tratta di salvare l’Italia, ma Conte. Il premier non è un parlamentare e, nel caso di uscita dal governo, torna a casa subito.
Questo vale anche per la sua maggioranza, la seconda maggioranza peraltro, che andrà a casa comunque, ma dopo. Ridotto il numero dei parlamentari, crollati gli indici di gradimento, la maggior parte dei sostenitori di Conte non tornerà in Parlamento. Quindi si batteranno fino all’ultimo per sostenere Conte, anche a costo di trovargli una terza maggioranza.
 
Dall’altra, anche Renzi rischia di tornare a casa e di non venire più eletto. La sua percentuale secondo i sondaggi è del due percento, sotto alla soglia minima per entrare in Parlamento.
E vista la brutta figura che ha nutrito presso la gente togliendo la fiducia al governo, avrebbe chiuso definitivamente.
Quindi si batterà affinché in qualche modo si trovi la quadra e si vari comunque un nuovo governo per evitare le elezioni anticipate.
Da una parte deve sostenere la tesi che Conte è inadeguato, dall’altra è disposto a confermarlo, se necessario.
 
Quindi si passa a fare la conta. Lunedì il premier si presenta alla Camera. Verosimilmente chiederà la fiducia, ma non è scontato perché tecnicamente una sfiducia non c’è stata. E alla Camera dovrebbe ottenere la maggioranza assoluta dei deputati.
L'indomani, martedì, Conte andrà in Senato a chiedere anche alla Camera Alta la fiducia. E qui i numeri non ci sono.
Per avere la maggioranza assoluta deve ottenere 161 voti. Ne ha 158, con i quali può ottenere la maggioranza relativa. Il che gli consentirebbe di governare, ma dovrebbe fare i conti sempre.
Questo potrebbe non stare bene soprattutto al presidente Mattarella, il quale ha sempre affermato che vuole solidità di governo.
 
Quindi lunedì e martedì assisteremo alle fasi più critiche di questa legislatura, che si sta giocando la durata naturale puntando su un premier non eletto dal popolo.
Noi sappiamo che alla fine troveranno il modo per mettersi d’accordo, ma il quadro della situazione è incerto e soprattutto non edificante.
Il Paese ha bisogno di certezze, di regole chiare, di avviare i grandi investimenti da tempo approvati, di avviare quelli nuovi, di rifare gli ospedali vetusti (come quello di Trento), di rivedere un po’ tutta la sanità, di ridare vita alle imprese piccole e medie, che sono l’ossatura dell’Italia.
La posta sul tavolo, come vediamo, è molto alta. Speriamo che a vincere sia il banco, l'Italia.

GdM