A tu per tu con Mietta Sighele, Signora della Musica
Riva del Garda il grande soprano trentino conosciuto in tutto il mondo

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Sembra di vederla Mietta Sighele da Rovereto, Signora della musica internazionale, con il cappottino blu mentre sale, da ragazza, sui grandi palchi del mondo con i suoi piedini da geisha.
Minuta, una voce potente.
Allora erano audizioni, poche note per dire «Eccomi, io sono Liu». Anni dopo il Presidente Sandro Pertini, all’ Arena di Verona, avrebbe pubblicamente omaggiato l’interpretazione della piccola schiava, gettando un’ombra sulla perfida Turandot, figlia dell’imperatore.
Signora, come sta?
«Benissimo grazie, sto preparando Concorso Zandonai e musicaRivafestival, che si svolgeranno in contemporanea, come lo scorso anno. Allora fu l’emergenza sanitaria ad imporre il cartellone. Storicamente i due appuntamenti si svolgevano in periodi diversi, primavera ed estate, ma la formula dello scorso anno ha funzionato splendidamente, ben oltre le nostre aspettative. I cantanti lirici e i musicisti sono venuti da tutto il mondo, con mille precauzioni. Non è stato affatto semplice, ma è stato un successo, lo dicono i numeri e senza far pagare il biglietto. Una scelta doverosa, in un tempo così incerto.»
Senta, torniamo ai suoi teatri, partendo da La Scala di Milano, la Fenice di Venezia, quelli di secolare tradizione della vecchia Europa e oltre, oltre oceano. Oggi Lei li frequenta da un’altra prospettiva, alla ricerca di punti di partenza per la carriera di giovani talenti.
«Un dovere, oltre che un immenso piacere. Vede, dallo Zandonai hanno spiccato il volo molti dei grandi protagonisti della lirica contemporanea, cito solo Francesco Meli ed Ermonela Yaho. Bisogna trovare poi un punto d’arrivo o, se preferisce, un punto di partenza per costruirsi una carriera. Ecco, io mi impegno nel fare questo. Una stretta al cuore, sempre, quando mi scrivono dai teatri del mondo per raccontarmi come va. Un’emozione che a parole non si può trasferire quando vengono a trovarmi e con gli occhi lucidi mi dicono semplicemente “Grazie”. E mi creda, questa è una parola di indicibile potenza. Chi lascia l’Italia e si trasferisce all’estero? Le fughe degli artisti? La carriera è una cosa, la vita un’altra. Si torna sempre, guardi che cos’è questo Paese, il mondo ce lo invidia.»
Non solo Belcanto Lei, da tanti anni, esplora un po’ tutti i mondi della musica.
«Una necessità. Studiare è fondamentale, tutte le strade della musica sono meravigliose da percorrere, apprendere è un piacere. Ascolto tutto. Se ben fatta ogni esecuzione è interessante. E sì, non solo classica, opera, ascolto tutto, anche rap e trap, dove è il testo che conta. Certo, in questi ultimi due generi non sono proprio una specialista e non tutto incontra il mio gusto, ma lo studio comunque. Ampliare le proprie conoscenze nei campi del sapere è vitale.»
La dimora sui colli romani, da 50 anni, ma Lei è da sempre legata a Riva del Garda, dove trascorre molto tempo.
«Riva è una città operosa e gioiosa. Amo quella sua curiosità, la voglia di sperimentare crescendo, ma con grande attenzione, con una capacità di selezione che la fa tendere sempre al bello, ma come lo intendevano i greci. C’è qui una ricerca estetica di fondo che è l’allure della città stessa. Poi vede, anche le amministrazioni hanno dimostrato la capacità di innovare senza tradire quel senso di appartenenza che qui è molto ben definito. Riva è una città che sa cogliere i cambiamenti e che li sa cavalcare, senza mai perdere la propria identità. I suoi abitanti sono entusiasti, possiedono quella che non è semplice leggerezza nel saper stare al mondo, è levità, grazia.»
Una dichiarazione d’amore.
“Direi più una constatazione. Riva è in Trentino, è profondamente trentina ma, allo stesso tempo è altro.»
Insomma, tutto rose e fiori.
«Guardi, in quel suo essere unica nel tutto ci sono mille sfumature. Io parlo di un’essenza, la capacità operativa ma allo stesso tempo ponderata di saper guardare al futuro e, mi creda, non molte città hanno questa inclinazione che ha un nutrimento speciale, la costanza. La prima volta a Riva? Da bambina, non avevo mai visto il mare, tenga presente. Tutto quel blu del Garda mi tolse il fiato. È lo stesso per i cantanti che arrivano qui da tutto il mondo, dal Kazakistan come da Cuba. Il mar dei Caraibi è una delle più belle tele del Creato, ma questo blu qui, dove poi si specchia il blu del cielo è unico. Io lo chiamo blu trentino.»
Questa volta Lei ha aperto una nuova stagione musicale, per esaltare la bellezza dell’inverno in un luogo tradizionalmente vocato all’ospitalità estiva. MusicaRivafestival a Natale, questa sera Emmanuel Pi Djob.
«Sì, musica di diverse confessioni, cristiana, ortodossa, Gospel. Riva lo merita. Veriano [Luchetti, tenore, suo marito - NdR] diceva: Riva non è una città, è un salotto, e aveva ragione.»
Riservata, di sé, della carriera che l’ha portata in tutto il mondo, Lei parla pochissimo. Cede solo a qualche ricordo con il grande tenore Veriano Luchetti, suo marito. Perché?
«Se chiedono rispondo, ma non voglio essere invadente. Quel che è stato è stato, guardo sempre avanti. Muovendomi nella cultura ho imparato tanto. È la mia ricchezza quel che so, lo regalo volentieri. Allo Zandonai faccio così, non sono gelosa dei miei segreti. Insegnare è un dovere, il mio grazie alla vita.»
MusicaRivafestival a Natale, vocalità questa volta come preghiera.
«Gli esseri umani sono tutti uguali nel cuore, nello spirito, nel sentire. Le differenze sono negli occhi di chi guarda, non nel passaporto.»
Signora, che cosa sogna mentre guarda Roma dall’alto? Ogni pietra ricorda che la storia della cristianità è lunga. Lo è anche quella di altre religioni. Spesso questi intrecci fanno paura.
«Perché non si conoscono. Bisogna studiare e viaggiare, maturare conoscenze proprie. Quelle di seconda mano, cucite orrendamente, possono fare molto male.»
Il telefono non smette di squillare. La chiamano da tutto il mondo, perché tra pochi mesi il Belcanto tornerà a Riva del Garda e gli ospiti saranno di livello. L’imprevisto è una costante, mentre si alimenta la macchina di musicaRivafestival, una macchina vorace. Il viso s’adombra, mentre un impresario s’affaccia alla porta. Un picchiettio leggero, chiede «Come va?».
La Signora si gira, un sorriso l’accende: «Benissimo, grazie», gli occhi si stringono, un lampo li attraversa.
F.Q.