Il ministro Bersani: «Liberalizzazioni, la riscossa civica del Paese»
Difendere le riforme «che aiutano consumatori e imprese». - Il consumatore non deve pagare l'accesso a un servizio con una tassa d'ingresso
«In tre mesi, con l'introduzione
dell'indennizzo diretto RC auto, è stato liquidato il 40 per cento
degli incidenti stradali, tra altri tre mesi si salirà al 60 per
cento: non sembra nemmeno di essere in Italia».
Strappa l'applauso del pubblico, al Teatro Sociale, il ministro
dello sviluppo economico Pier Luigi Bersani,
invitato dal Festival dell'Economia a un confronto non facile su un
tema caldo ("Liberalizzazioni: come farle, dove farle") che sembra
dividere il Paese: da una parte i consumatori, tutti noi,
dall'altra i monopoli che ancora sopravvivono e «resistono» e le
categorie, i tassisti piuttosto che i barbieri o i benzinai, che
protestano e scendono in piazza. Come dire che dalle
liberalizzazioni c'è chi ci guadagna e chi ci perde.
Ma è davvero così? Dal «dialogo» che il ministro ha intrattenuto,
sotto la regia di Massimo Mucchetti, vicedirettore
del Corriere della Sera, con Mauro D'Ascenzi ad
della Acos spa di Novi Ligure e presidente aggiunto di Federutility
(Federazione delle imprese energetiche e idriche), Gian
Maria Gros-Pietro, presidente di Autostrade spa e di
Federtrasporti, e Michele Polo professore di
economia politica alla Bocconi di Milano, è emerso che le
liberalizzazioni piacciono, innanzitutto, ai consumatori, che da
esse si attendono - anche se non sempre è accaduto così - la
«grande promessa» che le muoveva: il calo dei prezzi e delle
tariffe di telefoni, gas, acqua, energia elettrica, pedaggi. Una
promessa che si è tradotta in qualche successo ma anche qualche
delusione.
Nate a metà degli anni 90 sotto la spinta dell'Ue, hanno
interessato in particolare le Public Utilitys (elettricità, gas,
telecomunicazioni, trasporti). L'idea di fondo fu quella di
guardare ai primi distinguendo le fasi del ciclo produttivo, da
mantenere in capo ad un unico operatore, e quei segmenti - la
vendita di servizi - che possono essere attuati da più operatori.
La scommessa è di articolare un settore prima integrato separando i
segmenti da affidare alla concorrenza, affidando la sorveglianza
dei settori di rete ad una Autorità. Le soluzioni adottate - lo ha
ricordato Polo - sono state diverse. C'è il caso della rete
elettrica, scorporata nella società Terna, una situazione
intermedia (Snam Rete Gas) e una soluzione ancora diversa per le
telecomunicazioni. Molte soluzioni possibili e la necessità di
seguire e controllare questi settori. A monte e a valle abbiamo la
creazione della concorrenza e la fissazione di tetti antitrust.
Poi c'è l'altro grande insieme di servizi su cui la
liberalizzazione si è affacciata: i servizi professionali, il
commercio al dettaglio, i taxi, eccetera, settori per i quali è
abbastanza facile capire perché vanno privatizzati. Il problema
reale - ha affermato Polo - è che sono settori diffusi con lobby
che possono resistere al cambiamento.
Problemi aperti? La destinazione delle reti, innanzitutto, e la
necessità di chiarire se vanno separati. Prendendo atto che vi sono
voci nostalgiche che richiamano alla «vecchia» proprietà pubblica.
Ma un giudizio sulle liberalizzazioni non può che guardare agli
esiti. Nel caso dell'elettricità, ad esempio, l'Italia rimane il
paese dove questa costa di più in Europa. "Il problema - dice Polo
- è di investimenti e di parco impianti".
«Se liberalizzazioni si devono fare - afferma D'Ascenzi - che siano
vere liberalizzazioni. In Francia si sono fatte in presenza di due
grandi monopoli. In Italia, nel settore acqua, i privati sono
invece scappati. Il pericolo ora è che l'acqua esca da un approccio
industriale. Per l'energia elettrica la liberalizzazione l'ha fatta
Bersani, nel settore gas il problema è quello di diversificare le
fonti».
Parola chiave che si sposa alle liberalizzaizoni è
«concorrenza».
«Ma - si è chiesto Gros-Pietro, presidente dell'Iri quando venne
ceduta Autostrade - dobbiamo guardare prima di tutto se i
concorrenti ci sono! Liberalizzare quando ci sono solo uno e due
compratori significa creare un altro monopolio od oligopolio. La
concorrenza è una forma di regolazione del mercato che permette il
ricambio dei dirigenti e di far affluire capitali ai settori nuovi.
Quando l'impresa è a controllo pubblico, chi comanda è chi fissa le
regole, che nomina i dirigenti. Nella gestione privatistica si fa
attenzione a ciò che si fa, perché l'utente pretende. Come si fa ad
aumentare i profitti se le tariffe crescono meno? I profitti
c'erano anche prima, solo che percolavano. I consumatori? Non si
difendono solo con le tariffe: si è migliorato l'asfalto delle
nostre autostrade ma ci sono le code. Per ulteriori miglioramenti
della qualità servono investimenti, ma occorre poterli fare, questo
chiediamo al governo».
Premesse per l'autodifesa di Bersani. «Le liberalizzazioni - si è
chiesto il ministro - hanno risolto qualcosa oppure no?» Risposta:
«Credo di sì, ma mi rammarico che ci sia poca attenzione su questo
tema. Non dobbiamo dimenticare che hanno dato slancio allo sviluppo
degli investimenti, 11 miliardi solo nel settore della
distribuzione elettrica, che la concorrenza comincia ad esserci,
che i settori interessati sono stati costretti a prendere atto che
è arrivato il momento di darsi una regolata. Il sistema - continua
il ministro - si era sagomato attorno ai monopoli, sono convinto
che se le avessimo fatte prima, ora non avremmo la situazione
attuale».
Bersani ricorda, in polemica con Tremonti, che è aumentato il
piccolo commercio, che negli ultimi 4 mesi ha mostrato un andamento
più favorevole del grande commercio. Fa l'esempio degli indennizzi
RC auto, ma cita anche le 2.400 panetterie aperte senza
licenza.
Il caso ferrovie. «"Nessuno se ne era occupato. Che effetto ci
sarà? Perfezioniamo le regole, rapidamente. Occorre definire quali
sono le tratte e i servizi da non privatizzare. Tutto ciò significa
aprire la testa a un sogno, riattivare gli investimenti". Il gas?
Andremo avanti, la legge arriverà, ma lì c'è un vincolo: il mercato
lo fa chi ha le risorse. La liberalizzazione non risolverà il
problema del costo dell'energia».
Cosa frena le liberalizzazioni? Bersani fa riferimento a
«meccanismi collusivi e di opacità nei confronti del consumatore,
meccanismi che potrebbero essere eliminati dal mercato ma che il
mercato non elimina».
«Il consumatore deve pagare ciò che consuma in modo trasparente,
non essere costretto a pagare l'accesso ad un servizio (la ricarica
telefonica, ad esempio), una sorta di tassa d'ingresso. Sarebbe
bastato che un solo operatore non lo avesse fatto e gli altri si
sarebbero adeguati.»
Perché allora le Autorità non sono intervenute? «Non hanno,
normativamente, abbastanza potere - risponde il ministro. - Nessuno
vuol mettere il dito nel mercato, ma non si può chiamare prezzo ciò
che è invece una tassa. Se parliamo di prezzi mi fornisci un
servizio, se mi fai pagare l'accesso e non me lo motivi, sei tu che
metti il dito nel mercato».
Il messaggio di Bersani è tutto per le imprese: «Seguite le
migliori pratiche europee, il consumatore italiano non ha l'anello
al naso, le liberalizzazioni vi aiutano a trovare le soluzioni più
moderne»
La conclusione è ancora del ministro. «Si sta giocando una riscossa
civica in questo paese. Stiamo cercando di far capire che il
cittadino dev'essere trattato bene, che i giovani se sanno fare un
mestiere lo devono poter fare, che se vogliamo pagare meno tasse
bisogna che tutti le paghino e che la pubblica amministrazione
dev'essere al servizio del cittadino. Se portate in porto senza che
siano snervate in parlamento, le riforme cambieranno un'enormità di
cose in Italia. E' un messaggio di cambiamento profondo quello che
stiamo dando, un cambiamento dove vince chi ha spirito civico e
fiducia».
Prima dell'incontro pubblico, il ministro Bersani aveva tenuto
anche una conferenza stampa al Palazzo della Provincia. Incalzato
dalle domande dei giornalisti, il ministro ha detto che nel
complesso le liberalizzazioni stanno funzionando, nonostante gli
allarmi, sovente ingiustificati, lanciati da qualcuno (Bersani ha
fatto riferimento ad esempio alla tesi per cui la norma che
cancella il pagamento della penale per chi passa da un mutuo ad un
altro più conveniente sarebbe la causa dell'attuale crescita dei
tassi, dovuta invece a tutt'altre ragioni).
«Bisognerebbe - ha aggiunto - che il nostro Paese accettasse le
riforme con più serenità, senza drammatizzare. Perché poi alla fine
il mondo non casca, le farmacie, le banche, le assicurazioni
continuano ad esistere, come del resto avviene in tutta
Europa.»
Bersani ha anche messo in guardia nei confronti di chi chiede
sempre meno tasse. «Attenzione - ha detto - perché non è detto che
queste proteste arrivino da chi paga davvero di più. Spesso
arrivano invece da chi paga già poco, non vorrebbe pagare nulla ma
poi, quando ne ha bisogno, ricorre ai servizi pubblici.»
Ed ancora, la tesi della «casta dei politici», cara ad esempio ad
un altro ospite del Festival, Gian Antonio Stella. Bersani si è
detto favorevole ad aprire una fase di riforme elettorali e
istituzionali, per dare più efficacia alla democrazia.
«Attenzione - ha però precisato - perché assieme alla politica deve
cambiare anche la società. Non vorrei che il cambiamento, pur
necessario, della politica e delle istituzioni diventasse un alibi
per non cambiare nulla di tutto il resto.»
Infine il Partito democratico del Nord. Per Bersani il Nord deve
porsi alla testa di un processo di innovazione profondo, che vada a
vantaggio anche del Sud. No invece ad una sorta di «riserva
nordista».
(cz)