«L’Italia non dorme ma è immobile»

«Non ho soluzioni; se ne avessi non starei qui con voi a parlarne» - Ilvo Diamanti analizza spietatamente la situazione del Paese

«L'Italia è un paese immobile che non trova le ragioni per muoversi, anche se ne avrebbe la capacità. Gli italiani faticano, lavorano, sono in perenne movimento, ma non hanno prospettive, sono fermi sul posto.»
Questo il pensiero di Ilvo Diamanti, a Urbino e Parigi, presente oggi pomeriggio al festival dell'economia di Trento per trattare il tema «Come sbloccare il paese immobile».
«L'Italia - ha continuato - è un paese di contraddizioni, stabile ed instabile allo stesso tempo, dove 7 ragazzi su 10 a 29 anni vivono ancora con i genitori, dove ci si dichiara anziani solo dopo gli 80 anni e giovani ancora a 35, dove si dichiara di vivere in un periodo di declino pur mantenendo comportamenti da boom.»
«Se è vero che la crisi della politica è un evento che già negli anni 80 del secolo scorso abbiamo vissuto - ha incalzato - non possiamo dimenticare come allora, quantomeno, l'economia galoppasse; oggi il paese ci appare ingovernabile, instabile, frammentato, diviso».

I fattori che bloccano il Paese secondo l'illustre politologo, sono diversi.
«Il Paese è bloccato innanzitutto perché non esiste più il ricambio generazionale: la classe dirigente è vecchia, la classe politica italiana ha una età media molto più alta rispetto agli altri paesi della Comunità Europea, ma soprattutto non esistono quei conflitti generazionali che stanno alla base dello sviluppo di una sana società.
«In seconda battuta, stiamo vivendo in una fase sociale "clanica", nel senso che l'Italia è suddivisa in una miriade di piccoli clan che hanno a cuore i propri piccoli interessi di bottega piuttosto che il bene comune, la solidarietà sociale nazionale.
«Il Sindacato, ad esempio, costituito per metà da pensionati e per l'altra metà soprattutto da dipendenti pubblici, è assolutamente incapace di guardare con occhi di sfida al futuro; Confindustria è frammentata al suo interno in mille realtà, a seconda dell'area geografica degli imprenditori, e non è più capace di fare fronte comune.
«E' dilagante il familiarismo morale, in cui le piccole organizzazioni, caratterizzate da un alto livello di solidarietà interno, diventano corporative e sono tutte in grado di mettere in stallo il sistema Italia con scioperi e proteste, impedendo così il procedere di decisioni importanti per il paese ma a loro ostili.
«Infine, altro grosso problema è il localismo, ovverosia l'Italia è un paese piegato su se stesso, attaccato al proprio ambito locale, a "geografia variabile" e malato di traslochite, per cui è ancora possibile con un referendum cambiare appartenenza regionale come ci narra la cronaca italiana degli ultimi giorni.

«Il sistema politico si è arreso, i partiti di massa, che simboleggiavano la società nella complessità, sono scomparsi, e quelli che sono rimasti non sono in grado di semplificare la società, si delegittimano l'un l'altro: la politica ha perso il proprio ruolo guida, la società si autoreferenzia attraverso l'agire delle mille corporazioni che si sono andate formando».
Come superare l'impasse? Diamanti, ironico, non sa dare risposte («se ne avessi, non starei qui con voi a parlarne, non ne ho proprio voglia di far politica; amo il mio attuale stato lavorativo») ma prova a dare delle linee guida: bisogna sicuramente cambiare l'odierna legge elettorale che non permette la governabilità del paese e che tiene, qualunque sia la coalizione vincente, il governo sotto botta di un piccolo gruppo di senatori; poi, il ricambio della classe politica deve essere frequente e sempre in atto;infine, bisogna far riacquistare alla popolazione fiducia sul futuro del paese, nella sua interezza: il bene comune deve tornare a prevalere sul bene particolare.