Più stabilità e qualità nella formazione continua. – I cambiamenti del mercato del lavoro in dieci anni

La ricetta per combattere la precarizzazione e rilanciare l'occupazione. - Treu e Maroni a confronto. Auspicato il completamento della riforma degli ammortizzatori sociali

Fra meno di un mese, il prossimo 24 giugno, saranno ricordati i primi dieci anni dalla nascita della legge Treu (legge 196/97): un passaggio che ha segnato l'avvio di un mercato del lavoro totalmente diverso, con la fine del monopolio pubblico esclusivo e in larga parte inefficiente dello Stato e l'introduzione di nuovi soggetti e formule di flessibilità.
A dieci anni di distanza da allora, il Festival dell'Economia di Trento fa il punto sui cambiamenti, le opportunità concretizzate, i traguardi auspicati e mancati e i risultati delle politiche del lavoro messe in atto prima dal pacchetto Treu e poi dalla legge Biagi del 2003. L'occasione è stata offerta dall'incontro promosso questo pomeriggio da Job 24 alla Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Trento, a cui hanno preso parte l'ex ministro e presidente della Commissione lavoro e previdenza sociale del Senato, Tiziano Treu, l'ex ministro del lavoro e delle politiche sociali Roberto Maroni, insieme a Michele Tiraboschi, docente di diritto del lavoro all'Università di Modena e Reggio Emilia, Giorgio Santini della CISL e Gianni Bocchieri, vicepresidente di Assolavoro, l'associazione che riunisce le agenzie private di collocamento.

«Il tema della riforma del lavoro - ha detto il moderatore dell'incontro, Walter Passerini, giornalista de Il Sole 24 ORE e responsabile di Job 24 - dopo un momento di intensa discussione è stato accantonato a vantaggio di altre questioni scottanti come la riforma delle pensioni e del sistema elettorale, ma è un argomento latente che presto tornerà alla ribalta. In questi anni, si è registrato un aumento dell'occupazione e una contrazione del lavoro nero. Parallelamente si è assistito ad uno spostamento della discussione dal piano normativo e concreto a quello ideologico, soprattutto per quanto rimane ancora da fare: il completamento auspicato da molti del sistema di regolamentazione degli ammortizzatori sociali. La conferenza di Lisbona del 2000 ci ricorda obiettivi ancora lontani dall'essere raggiunti: il tasso di occupazione generale è attestato sul 58,6% contro il 70% di quello auspicato entro il 2010; l'occupazione femminile è ferma al 46,3% contro l'obiettivo del 60% e i lavoratori over 55 anni sono solo il 31,4% contro il 50% auspicato.»

«Come diceva Marco Biagi - ha commentato Roberto Maroni nel suo intervento - il mercato del lavoro italiano è il peggiore d'Europa. Ma molto è stato fatto con il Libro Bianco, che ha offerto una fotografia accurata del mercato del lavoro e indicazioni precise: una nuova flessibilità, come richiesto dal mercato del lavoro, ma regolamentata. Un'altra cosa rispetto alla precarizzazione. L'aumento del tasso di flessibilità è necessario per favorire l'ingresso e la permanenza di donne, giovani e over 55, come avviene già in altri Paesi (ad esempio con il job sharing o il job on call). Non si tratta di uno shopping a cui il datore di lavoro può accedere, poiché tutto è regolamentato dalla contrattazione collettiva con i sindacati».
«Quanto rimane ancora da fare - ha aggiunto Maroni con una nota di rimpianto - è invece proprio il completamento del sistema di ammortizzatori sociali, che devono essere strumenti universali, attivi e con valore in prospettiva (come la vera formazione continua).»


Un richiamo, quello di Maroni, condiviso anche da Tiziano Treu che ha voluto focalizzare l'attenzione sulle maggiori criticità del sistema italiano. «Nel nostro Paese non manca la flessibilità; piuttosto cresciamo poco, siamo poco innovativi e i servizi di qualità alla persona e alle imprese sono in forte ritardo, rispetto alle medie europee. Il fenomeno del lavoro nero e dell'evasione fiscale rimangono ancora piaghe intollerabili.»
Sulle misure da prendere per rilanciare l'occupazione, Treu ha le idee chiare. «Per incentivare il lavoro femminile non serve la flessibilità, ma politiche specifiche di conciliazione (come servizi all'infanzia, incentivi, congedi). Occorre più qualità, soprattutto nella formazione continua, e più stabilità, per contrastare il senso di ansia e incertezza che cresce soprattutto fra i giovani, oltre a politiche serie per contrastare il fenomeno delle morti bianche e promuovere la sicurezza sul posto di lavoro.»

Un altro versante di discussione si è aperto con l'analisi di Michele Tiraboschi, che ha puntato il dito contro un sistema giuridico vecchio e non adeguato a cogliere le trasformazioni del mondo del lavoro.
«Il diritto del lavoro non deve più essere considerato come uno strumento di tutela unilaterale del contraente debole, ma come una tecnica per promuovere competizione e innovazione. In Italia manca inoltre uno strumento condiviso e autorevole di valutazione statistica sul mercato del lavoro».
Un'accusa arriva poi anche ai sindacati, responsabili di una mancanza di capacità progettuale e al sistema in generale, responsabile di non aver promosso un'adeguata cultura di relazioni industriali nei settori produttivi e del territorio.

Sul tema della scarsa adeguatezza della normativa in materia, è intervenuto anche Giorgio Santini della CISL. «Tra diritto del lavoro e relazioni tra parti sociali esiste una correlazione che dovrebbe alleggerire il primo a favore del rafforzamento del secondo. L'idea delle soft laws, un sistema di leggi leggere che lasciano spazio all'autonomia e alla gestione del cambiamento, introdotta da Biagi, è da salvaguardare. Occorre inoltre lavorare per risolvere le criticità occupazionali che riguardano soprattutto alcune categorie, e per riformare il sistema degli ammortizzatori sociali, che oggi coprono soltanto 700 mila italiani, contro, ad esempio, i 4,5 milioni di tedeschi.»

Una nota più ottimista è arrivata dall'intervento di Gianni Bocchieri, che ha evidenziato come le ultime leggi in materia abbiano avuto il merito di «fluidificare un mercato del lavoro che era improntato al monopolio pubblico. Ma molto c'è ancora da fare se ben il 95% del mercato dei contatti di lavoro è ancora informale. Le agenzie di collocamento private oggi vengono erroneamente additate come le responsabili della precarizzazione: niente di più sbagliato. Prima del '97, per trovare lavoro, l'unico punto di riferimento erano gli uffici dei politici.»
Bocchieri ha però invitato a risolvere una volta per tutte la diatriba ideologica: "La continua contrapposizione ha un ulteriore svantaggio perché genera sfiducia e incertezza nei giovani.»

Un ultimo accenno, a chiusura della discussione, è stato riservato alla riforma delle pensioni con un richiamo da più parti all'attenzione nei confronti dei giovani con interventi mirati (ad esempio, la totalizzazione dei periodi di lavoro saltuari ai fini della pensione).

(as)