Gli immigrati, capitale umano da valorizzare
Uno studio del Centro OCSE sulle soluzioni locali per l'integrazione. - Il caso della Provincia autonoma di Trento e il ruolo svolto dal Cinformi
Secondo uno studio dell'Ocse, gli
immigrati che arrivano in Italia hanno un livello di qualificazione
di ben quattro volte superiore a quello della popolazione nativa.
Le competenze degli immigrati qualificati rappresentano dunque un
«capitale umano» da sfruttare, in particolare per compensare le
carenze di competenze riscontrabili a livello locale. Il problema,
però, è che raramente gli immigrati qualificati sono utilizzati per
ciò che valgono e sanno fare, trovando impieghi per lo più formali
e sottoqualificati. Per poter beneficiare dei vantaggi della
migrazione qualificata, è fondamentale che i fenomeni di
immigrazione siano affiancati da efficaci meccanismi di
valorizzazione di tale capitale umano e di assistenza agli
immigrati nell'adattamento delle loro qualifiche al nuovo mercato
del lavoro. Se carenti, sotto questo profilo, sono le politiche dei
governi nazionali, molto possono fare i governi locali, che più
compiutamente sono in grado di identificare qualifiche e competenze
(non sempre certificate da un titolo di studio) degli immigrati,
accompagnarli in percorsi di formazione mirati ed operare una
ricognizione della domanda espressa dal mercato del lavoro
locale.
Di tutto ciò si è parlato oggi pomeriggio presso la sede del Centro
per l'imprenditorialità e lo sviluppo locale dell'OCSE, nell'ex
Convento Agostiniani di Trento, con Francesca Froy, analista di
politiche presso l'OCSE di Trento e coordinatrice di uno studio
comparato sull'integrazione locale degli immigrati nel mercato del
lavoro in Canada, Gran Bretagna, Spagna, Italia (tra cui la
Provincia autonoma di Trento) e Svizzera, e l'assessore alle
politiche sociali della Provincia autonoma di Trento Marta
Dalmaso.
«L'immigrazione - ha affermato Froy - viene spesso pianificata
senza un'adeguata integrazione degli immigrati stessi». Un esempio
positivo è proprio quello del Trentino, territorio che guida la
classifica delle regioni e province italiane dove più presenti sono
le condizioni favorevoli all'accoglienza, ai processi di
integrazione sociale e ad una convivenza ordinata. Di cosa si sta
facendo in provincia di Trento per favorire l'integrazione e la
valorizzazione degli immigrati ha parlato diffusamente l'assessore
Dalmaso, citando l'attività del Centro informativo per
l'immigrazione (Cinformi).
Dal momento della sua progettazione nel 2001 fino ad oggi, il
Cinformi ha inteso ideare e realizzare misure per agevolare la
fruizione di diversi servizi da parte dei cittadini stranieri, e
quindi colmare il gap di conoscenze, competenze linguistiche,
familiarità con i meccanismi istituzionali, che in vario modo
ostacolano gli immigrati nel rapporto con le istituzioni italiane.
Qui rientrano le attività degli sportelli informativi e di
orientamento che consentono l'accesso ordinato alla Questura e ad
altri servizi, gli interventi di mediazione linguistica e la
predisposizione di materiali informativi in diverse lingue, e tutti
gli strumenti legati alla comunicazione mediatica e alla
sensibilizzazione dell'intera popolazione trentina rispetto al
fenomeno migratorio.
Il Centro, nell'ampia gamma di attività finora realizzate, ha
certamente inteso dare un'impronta promozionale ai suoi interventi,
che sono volti a fornire agli utenti strumenti e opportunità per
potersi muovere attivamente e, nel tempo, autonomamente nella
società, nella prospettiva di rappresentare, in questo modo, un
investimento per il benessere della società trentina e lo sviluppo
economico-sociale del territorio.
Il Cinformi si è da sempre mosso dando grande valore ai rapporti di
partnerariato tra istituzioni e attori sociali diversi, all'interno
delle amministrazioni pubbliche, e coinvolgendo anche il terzo
settore e le forze della società civile, tentando di evitare
interventi disorganici e improvvisati.
«Certo si tratta di un lavoro lento, impegnativo e non privo di
ostacoli - ha affermato Dalmaso - ma che proprio per questo può
ragionevolmente promettere risultati veri, agendo nei confronti di
immigrati e autoctoni che già convivono, ma talvolta devono ancora
trovare i percorsi adeguati affinché la sfida rappresentata dal
fenomeno migratorio non sia un'occasione perduta di confronto e di
conoscenza reciproca. È necessario che, specialmente su alcune
questioni che riguardano la vita quotidiana dei nuovi arrivati, si
promuova una politica complessiva, svincolata dalle singole
emergenze e dalle polemiche giornalistiche, di largo respiro e con
obiettivi a medio-lungo termine, applicata con interventi diffusi e
monitorati, in grado di incidere stabilmente sulla qualità della
vita dei diretti interessati e del tessuto sociale nel quale sono
inseriti».
Nella dinamica nazionale delle assunzioni di forza lavoro
immigrato, la provincia di Trento occupa una posizione di
primissimo piano, dovuta alla centralità, nel suo sistema
produttivo, del lavoro stagionale in agricoltura e nei servizi
turistici. Oramai da parecchi anni, in questi comparti produttivi è
in opera un sistema di ingressi programmati che registra
annualmente l'assunzione di varie migliaia di lavoratori immigrati
stagionali. Non si sono create tensioni competitive tra autoctoni e
stranieri per quanto riguarda il mercato del lavoro, a cui gli
immigrati accedono in massima parte per occupare mansioni precarie,
con un basso livello di qualifica e con scarsa mobilità. In questo
senso, data la distribuzione per profili professionali
dell'occupazione straniera, anche nel caso trentino risulta
pertinente il ricorso alla categoria della segregazione per
descrivere il lavoro degli immigrati e, in particolare, quello
delle immigrate.
Certo non mancano indicatori interessanti di emancipazione, come ad
esempio la quota significativa di artigiani e titolari di attività
commerciali o legate alla ristorazione; ma, complessivamente, si
conferma la concentrazione dell'occupazione straniera in
corrispondenza di profili privi di qualificazione.
Un nodo critico, evidenziato dall'assessore Dalmaso, legato alla
presenza nel mercato del lavoro locale degli immigrati è
rappresentato dagli ancora poco diffusi investimenti sul terreno
della formazione professionale. «È infatti generalizzata una
modalità di impiego della manodopera straniera "al ribasso", che
potrebbe non rivelarsi nel medio periodo funzionale alle esigenze
dell'economia trentina, né pienamente sostenibile. In Trentino come
nel resto d'Italia, tutti coloro che si occupano di immigrazione
sono perfettamente consapevoli del problema della certificazione
delle credenziali formative, ossia della situazione molto diffusa
in cui immigrati istruiti non riescono ad ottenere il
riconoscimento del valore legale, l'equipollenza del loro titolo di
studio, e questo vale sia per i capitali formativi sia per le
esperienze professionali pregresse che è molto difficile
certificare. Quello che ne consegue è la dequalificazione della
manodopera straniera istruita. Anche in Trentino deve emergere una
maggiore consapevolezza del fatto che questo tipo di
"discriminazione" sicuramente inibisce l'espressione del potenziale
delle categorie svantaggiate: se si importa manodopera qualificata
e la si mette a fare lavori di basso profilo, si sottoutilizza una
possibile risorsa competitiva. Tutto ciò obbliga a prendere le
distanze dall'illusione di un mercato che si autoregola,
riconoscendo la necessità di un opportuno governo, e controllo, non
soltanto dei flussi ma della stessa domanda di lavoro».
(cz)