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Viaggio al tetto del mondo/ 4 – Di Luciana Grillo

Fine di un viaggio che dovevo fare. I fiordi sono bellissimi, ma il senso di solitudine che sprigionano è infinito…

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Il 4 giugno sbarco ad Alesund, città che ha più o meno 70.000 abitanti e che si estende su varie isole collegate da ponti.
Pare che ci siano stati importanti ritrovamenti archeologici, ma non c’è possibilità né di saperne di più né tanto meno di visitarli.
Tutti parlano del terribile incendio che si sviluppò nel 1904 e che distrusse tutto il centro della città, facendo fortunatamente solo una vittima.
L’intervento immediato dell’imperatore Guglielmo II di Germania, che trascorreva le vacanze in quella zona, consentì la ricostruzione della città in tempi brevi.
Gli architetti norvegesi impegnati in quell’opera si ispirarono all’Art Nouveau, stile che si era diffuso nell’Europa continentale: non più legno ma pietra e mattoni, per evitare altri rischi di incendi, strade armoniose affiancate da palazzi eleganti che ancora oggi sono affascinanti, viali alberati e canali.
A me sembrava in certi momenti di essere a Salisburgo, in altri a Venezia perché molte case, sempre colorate, affiorano dall’acqua, in altri ancora – quando ripide salite si incrociavano con le strade a valle – a San Francisco.
 

 
Una città affascinante, con una sua personalità ben definita.
La pioggia e il vento mi obbligano a rifugiarmi in un bel bar, prendo un caffè in attesa che il tempo migliori, poi affronto la salita che porta alla cattedrale, anche questa ricostruita dopo l’incendio, con pietre a vista, decori e battistero in marmo di Carrara, ampie vetrate che descrivono la pesca di San Pietro, la vita dei pescatori e i salvataggi miracolosi in mare.
Dietro l’organo ci sono mosaici donati dall’imperatore Guglielmo II, tra questi si nota chiaramente l’Aquila tedesca.
Sospesa al centro della navata c’è una piccola nave, «Thalatta» che fu donata da un capitano, mentre il Crocifisso alla destra del pulpito fu eseguito dalla scultrice Ambrosia Tonnesen e donato alla chiesa in memoria di suo padre.
In pratica, la ricostruzione è il frutto della generosità di tanti.
 

 
Se il tempo fosse stato più clemente, avrei girovagato ancora…
Il giorno successivo, navigazione lungo il grande fiordo che avevamo già percorso andando a Moloy.
Questa volta la destinazione è il ghiacciaio Briksdal, in compagnia di una guida italiana, un simpatico ragazzo di Domodossola: breve tratto in bus, poi in piccole auto da sette posti che chiamano troll ascesa alla base del ghiacciaio: questo breve viaggio è interessante, sia perché il troll è aperto e l’aria fredda – ma ci sono le coperte in dotazione per coprirci le gambe – sia perché la strada è tutta un tornante, da una parte si vedono i troll che salgono dietro di noi, dall’altra quelli che ci precedono.
Si può anche salire a piedi, sono indicati alcuni sentieri.
Una volta arrivati, il ghiacciaio è azzurro, come quelli visti in Terra del Fuoco, e si scompone alla fine in tanti “tentacoli” che scendendo diventano cascate e ruscelli piuttosto impetuosi.
 

 
La presenza dei turisti è controllata, ogni venti minuti i troll salgono, dopo venti minuti ridiscendono in modo che lassù non ci sia troppa gente.
Naturalmente anche qui c’è un negozio di souvenir e un bar. Si vendono (ma non ho visto nessuno che le compri) le pelli di renna, dal colore bruno e dal pelo un po’ ispido.
Ritorno alla nave, pranzo mentre altri passeggeri sbarcano per raggiungere il ghiacciaio. Anche io scendo di nuovo per fare una passeggiata lungo il fiordo: la natura è incontaminata, c’è tanto verde e davanti alle poche case ci sono bellissimi cespugli di fiori. Naturalmente anche qui c’è qualche negozio.
Tutto ciò che può piacere ai viaggiatori è carissimo; è meno cara la merce venduta da un giovane peruviano… che non è norvegese! Compro solo delle caramelle alle erbe perché ho una tosse fastidiosa.
 

 
Ultima tappa è Vic, un piccolo grazioso villaggio dove non c’è assolutamente nulla se non prati verdi, fiori e case colorate. Una chiesa antica è chiusa, una moderna anche.
Mi chiedo perché invece che a Vic la nave non si sia fermata a Bergen… in un microscopico market compro ancora del salame (in bustine monodose) di alce, di renna e di balena.
Sulla nave dicono che in Germania questa sia una merce proibita, ma io partirò dall’aeroporto di Amburgo, non da uno norvegese, quindi, partendo dalla Germania, le mie provviste dovrebbero arrivare sane e salve in Italia.
Ho tentato di incontrare l’Hotel Director che ha sostituito Civitella, ma non ha avuto tempo, né di ricevermi, né di rispondere alla mia richiesta. Pazienza!
 

 
L’8 giugno fine della crociera, sbarco ad Amburgo. Velocemente raggiungo con un taxi l’hotel prenotato (questa volta in pieno centro e aperto 24 ore su 24), lascio i bagagli e in treno vado a Lubecca, città del marzapane.
Il treno è molto affollato, ci sono mamme con bimbi in passeggino e studenti che tornano a casa. La stazione di Lubecca è a due passi dal centro, si entra in città passando sul ponte delle bambole (per via di alcune statue che a me non sembrano bambole ma persone) e attraversando la porta medievale Holstentor: ho camminato tanto per raggiungere le chiese in parte o del tutto ricostruite dopo i bombardamenti come la Marienkirche, la città vecchia che sorge su un’isola al centro del fiume Trave, la Breite Strasse, lunga strada pedonale con tanti bei negozi, il bellissimo Municipio che, come tutto il centro, è patrimonio dell’umanità. Dopo un bel caffè sorbito nella piazza principale affollata e colorata, ritorno ad Amburgo in treno.
È il 9 giugno, in taxi all’aeroporto e in volo per tornare a casa…in tempo utile per votare!

 Fine del viaggio al tetto del mondo 
È difficile fare un bilancio di questo viaggio: io amo le città piene di vita, i bei palazzi, i parchi, le strade affollate… I fiordi sono bellissimi, ma il senso di solitudine che sprigionano è infinito.
Sono contenta di averli visti e percorsi, ma il ricordo di Tromso, Trondheim ed Alesund rimane più vivo in me; le case sull’acqua, l’organo maestoso, persino la chiesa addobbata con i fiori di plastica sono immagini preziose che mi accompagneranno nel tempo.

Luciana Grillo

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