Trento saluta il colonnello Scaratti che lascia il 2° Reggimento
Oggi la toccante cerimonia di addio. L'orgoglio del presidente Dellai La commozione del sindaco Andreatta, l'assenza di Lia Beltrami
Quando due anni fa venne a Trento
per comandare il 2° Reggimento genio guastatori alpini, il
colonnello Pierluigi Scaratti si era insediato con una cerimonia
riservata, quasi tra amici ristretti. Un semplice cambio della
guardia.
Oggi invece ha lasciato il comando alla presenza delle massime
autorità civili che, commosse, hanno voluto salutare in lui un
amico.
Grazie a lui, in due anni Trento è si è accorta che
esistono i 500 ragazzi alpini che lavorano nella caserma Cesare
Battisti. E ne è diventata amica.
E questo è il più grande successo che il colonnello Scaratti ha
raggiunto nella sua brillante carriera.
Le sue undici missioni di pace all'estero, sempre concluse col
massimo dei voti, sono poco se paragonate con il lavoro che ha
fatto qui.
«Questo è il momento del ringraziamento. - Ha esordito il
colonnello nel suo discorso di addio, rivolto ai suoi ragazzi. - Ma
non siete voi che omaggiate me, sono io che ringrazio voi.
Credetemi. Non dimenticherò mai che, senza che nessuno ve lo avesse
chiesto, ad Haiti avete rinunciato alle vostre razioni per dar da
mangiare ai terremotati che morivano di fame. Questo significa che
non siete solo dei soldati, ma degli uomini con un cuore. Siete
degli Alpini.»
«Tornati da Haiti - ha proseguito, rivolgendosi ora alle autorità,
- c'è stata l'opportunità di festeggiare il 150esimo compleanno del
Reggimento. Constatato che le risorse economiche non avrebbero mai
permesso di onorare la nostra bandiera in maniera adeguata, ho
deciso di rompere gli schemi e ho parlato con gli interlocutori
ufficiali di questa comunità.
«Ho scoperto un mondo che per anni era stato sottovalutato da noi
militari. Un mondo solidale, un mondo intelligente, un mondo dove
il servire la comunità fa parte naturale della vita. Lasciatemi
ringraziare il Presidente della Provincia autonoma di Trento,
Lorenzo Dellai, che senza che gli chiedessi niente si è fatto
carico di pubblicare quel volume che ripercorre i nostri 150 anni
di vita.»
«E come non ricordare il sindaco di Trento - ha detto poi, - che ha
voluto insignire il mio reggimento con la più alta riconoscenza che
poteva dare, il San Vigilio d'oro. L'ha fatto in forma pubblica,
solenne, e questo ha fatto onore a tutti noi, considerati ora a
tutti gli effetti cittadini di questa splendida città.»
«Poi siamo partiti per l'Afghanistan. - Ha continuato Scaratti. -
Dovevamo sostituire un reparto che, pur avendo meno effettivi di
noi, aveva lasciato sul campo cinque caduti e un grande numero di
feriti. È stata una missione dura la nostra, difficile. E qui,
ancora una volta, la generosità della Provincia autonoma di Trento
ci ha permesso di portare fatti concreti nel cammino verso la pace.
Una scuola femminile ricostruita e un acquedotto costruito per
servire 8.000 persone…sono cose che la gente afghana ha
riconosciuto e apprezzato sia ufficialmente che ufficiosamente.
Grazie a tutto ciò è stato più facile lavorare, perché avevamo
l'appoggio della gente locale. È stato gratificante fare felici
delle persone che a volte non capiscono che cosa significhi quella
democrazia nel nome della siamo lì.»
«E ancora, come non citare quella videoconferenza del Natale 2010 -
ha ricordato, - quando i nostri ragazzi hanno salutato da Herat le
proprie famiglie che stavano qua. Anche allora le autorità di
questa splendida comunità sono venute qui insieme ai nostri
familiari, considerandoci di famiglia anche loro. Ci hanno fatto
capire di non essere dimenticati. E chi è stato in Afghanistan,
credetemi, sa cosa vuol dire sentire di avere il Paese dietro di
sé. Sapere che la gente comprende i sacrifici che fai. Sapere che
sanno che stai lavorando anche per loro. Sapere che ti vogliono
bene.»
«Lascio il Reggimento al colonnello Fanigliulo - ha concluso
Scaratti, rivolgendosi al suo successore - sapendo che i nostri
ragazzi sono ben addestrati, pieni di esperienza e certamente
dotati di quella grande umanità che li ha ben inseriti in questa
splendida comunità.»
Il generale comandante della Julia, Giovanni Manione, ha
pronunciato il suo intervento facendo notrare come «in una giornata
meteorolicamente così bella, l'unica ombra che si profila sia la
tristezza di un addio a un ufficiale che ha dimostrato di sapere
coniugare organizzazione e strategia con i sentimenti più nobili,
quelli guidati dal cuore».
I discorsi, che dovevano essere pronunciati ai reparti schierati
davanti al colonnello e al generale, erano rivolto in sostanza a
tutti i presenti.
Ai genieri del 2° Reggimento, affinché proseguano «sulla strada
dell'onore, dell'orgoglio e del cuore». E alle autorità locali che
per la prima volta erano presenti a un avvicendamento.
Gli effetti sono stati evidenti a tutti, perché è apparso chiaro
come ai Trentini risulti più facile essere solidali, che ricevere
ringraziamenti.
Il Presidente della Provincia autonoma di Trento, Lorenzo Dellai,
ha dimostrato la propria soddisfazione con orgoglio, applaudendo
insieme al Commissario del Governo, prefetto Francesco Squarcina,
al questore di Trento Giorgio Iacobone, al comandante provinciale
dei Carabinieri, colonnello Fausto Rossi, al comandante dei vigili
urbani di Trento, Lino Giacomoni e al comandante provinciale della
Guardia di Finanza, colonnello Stefano Murari.
Per il sindaco di Trento, Alessandro Andreatta, la commozione è
stata troppo forte per lui. Ha pianto. E lo diciamo anche noi con
commozione, orgogliosi di avere un primo cittadino che si commuove
di fronte a sentimenti così semplici da meravigliarci quando ne
veniamo a conoscenza.
È stata notata invece l'assenza dell'assessore provinciale Lia
Beltrami. Il suo assessorato si occupa di solidarietà
internazionale e tutti ci saremmo aspettati di vederla ringraziare
i nostri ragazzi che hanno rischiato la vita per costruire la
scuola e l'acquedotto nel Gulistan con i soldi della nostra
comunità.
Sappiamo che aveva informato della sua assenza, però francamente ci
sarebbe piaciuto vederla mescolata con i portatori di pace.
Il generale comandante della Julia, Giovanni Manione, e il
nuovo comandante del 2° Genio guastatori alpini, colonnello Roberto
Fanigliulo.
Infine, una considerazione da parte nostra.
Chi scrive queste parole ha avuto la fortuna di conoscere il
colonnello Pierluigi Scaratti.
Presuntuoso com'è, il sottoscritto sogna di aver giocato un piccolo
ruolo nel riavvicinamento tra il popolo degli alpini e la comunità
trentina. Sognare con costa nulla.
Ma Scaratti è vero e concreto.
L'ho incontrato a Trento mentre si adoperava a preparare in due
giorni un battaglione da inviare ad Haiti. L'ho visto darsi da fare
per pubblicare il libro del suo reggimento. L'ho visto andare da
Dellai a spiegare che i suoi soldati avrebbero portato in
Afghanistan una porzione di Trentino. Ho visto Dellai accoglierlo
come un soldato che partiva per il fronte.
E sono andato in Afghanistan per toccare con mano l'ambiente in cui
mandiamo i nostri ragazzi.
A Herat si capisce fin dal primo momento che non si tratta di
un'esercitazione.
«Direttore, tenga la bocca aperta quando sta nel blindato. Se
esplode salva i timpani.»
«Si fidi dei nostri ragazzi, hanno subito tutti degli attentati
o delle sparatorie.»
«Se succede qualcosa, non faccia nulla. Sarete messi in
sicurezza dai colleghi.»
In tutte le situazioni in cui l'ho incontrato, il colonnello
Pierluigi Scaratti non ha mai mutato atteggiamento. Sempre un
ingegnere laureato in scienze strategiche, sempre un uomo che deve
organizzare centinaia di uomini con razionalità, responsabilità e
intuito.
Quello che non conoscevamo di lui era la riconoscenza che ha avuto
verso una comunità come quella trentina, che ha dato poco, ma l'ha
dato con il cuore, quello stesso che ha dimostrato oggi lui di aver
apprezzato.
Quando scesi dal C130 che mi aveva portato da Herat ad Abu Dabi e
salii sul Boeing dell'Aeronautica Italiana che ci riportava a Roma,
al sicuro, venni preso da un attimo di sconforto e mi portai in
coda all'aereo a piangere da solo come un bambino. La tensione, la
commozione, l'età, chissà…
Quando ha lasciato il Trentino, però, anche Pierluigi Scaratti ha
avuto un attimo di debolezza. Non ve lo confermerà mai, ma era
tutto solo e si è ritrovato a piangere anche lui.
Per entrambi, quando si lascia un pezzetto di cuore in un posto,
andarsene è come perdere una piccola parte di sé.
Guido de Mozzi