Il «sultano» Erdogan espelle dieci ambasciatori occidentali
Sono i diplomatici di Stati Uniti, Francia, Germania, Olanda, Canada, Finlandia, Svezia, Norvegia, Danimarca e Nuova Zelanda
Il lato negativo sta nel fatto che il presidente della Turchia Recep Tayyip Erdogan ha dimostrato che «il potere è lui e non accetta interferenze», neanche se sono solo dialettiche.
Il lato positivo è che in questa maniera la Turchia si sta sempre più allontanando dalla possibilità di entrare a far parte dell’Unione Europea.
Gli ambasciatori di Stati Uniti, Francia, Germania, Olanda, Canada, Finlandia, Svezia, Norvegia, Danimarca e Nuova Zelanda avevano chiesto la liberazione di Kavala, un dissidente che è in carcere in attesa di giudizio dal 2017.
Erdogan, ignorando che le comunicazioni diplomatiche vengono dettate dai governi di appartenenza dell’ambasciata, ha ordinato al suo Ministro degli esteri di dichiarare gli ambasciatori che hanno inoltrato la richiesta come «indesiderati».
Eppure è da secoli che vige il principio che «l’ambasciatore non porta pena».
Si tratta dei rappresentanti di Paesi importanti per Ankara, tra i quali Washington, definito proprio ieri dal ministro della Difesa turco Hulusi Akar «un alleato strategico» per via dell’acquisto di aerei da combattimento F-16, ma che lo Stesso Eerdogan, ha bollato con il commento «Biden ha cominciato male».
Dal carcere, venerdì scorso Kavala venerdì scorso ha fatto sapere che non parteciperà alle udienze sul suo caso, perché «un processo giusto non è possibile in queste circostanze».
Comunque sia, Erdogan sarà a Roma la prossima settimana per partecipare al G20.
A margine del vertice, il Sultano, come lo chiamiamo, desidera avere un colloquio personale con il presidente americano Joe Biden.
Beh, avrà da vedersela anche con il nostro Draghi, che gli ha dato del dittatore.