Crisi del lavoro: servono politiche di medio-lungo termine
Consolida ha promosso un ampio confronto tra istituzioni e imprese per indagare le ragioni della carenza di lavoratori in estesi settori dell’economia trentina
La mancanza di lavoratori è diventata una vera e propria crisi che colpisce trasversalmente i diversi settori imprenditoriali e produttivi: agricoltura, turismo, ristorazione, sanità e sociale, per dirne alcuni.
Consolida, il consorzio della cooperazione sociale trentina, ha organizzato oggi un convegno presso la Cantina sociale di Trento per cercare di analizzarne le ragioni e ricercare strategie per affrontarla insieme agli attori pubblici e privati del territorio.
«L’attuale e inedita crisi del lavoro – ha affermato Francesca Gennai, vicepresidente del consorzio – non ha risparmiato neppure il sistema imprenditoriale cooperativo sociale: mancano educatori, operatori sociali, medici, infermieri.
«Si tratta di un sistema nato con un ruolo di promozione delle persone e che ha come punto di caduta centrale del suo fare la “cura” e il benessere delle persone e della comunità.
«Proprio per questo è urgente interrogarsi su come costruire strategie gestionali e culturali, ma anche alleanze territoriali forti per arginare gli elementi contestuali che la stanno rendendo la cooperazione, pezzo fondamentale del welfare, meno attrattiva come luogo di lavoro da una parte e di investimento pubblico dall’altra a fronte invece di una domanda di servizi di cura in esponenziale aumento.»
La crisi del lavoro di cura, ha sottolineato Gennai, ha una natura complessa e molteplici ragioni, alcune infrastrutturali altre culturali: la risignificazione individuale e collettiva del lavoro tra senso e compenso; il valore reputazionale e sociale del lavoro di cura che si collega alle questioni di genere; l’invecchiamento della popolazione che incide non solo sui bisogni ma anche sulla forza lavoro, le riforme normative, le politiche di welfare e del lavoro e la necessità di una rivisitazione dei rapporti contrattuali con la pubblica amministrazione; il ritardo nell’innovazione tecnologica dei sistemi di cura.
«La complessità del fenomeno – ha detto Gennai – richiede un’analisi integrata e una ricerca delle modalità per affrontarlo, condivisa a livello territoriale tra tutti gli attori, pubblici e privati.
«La partecipazione numerosa e eterogenea a questo appuntamento ci conforta e ci stimola a proseguire.»
In sala c’erano infatti rappresentanti della politica e delle istituzioni, dei sistemi imprenditoriali, delle associazioni di rappresentanza dei lavoratori e della società civile, centri di ricerca e formazione.
Il tema è stato affrontato dai relatori con tre chiavi di lettura: dell’impresa, delle politiche del lavoro e della formazione.
Riguardo a quest’ultimo aspetto, Francesco Profumo, presidente di Fondazione Bruno Kessler, ha messo in rilievo la necessità di ripensare al sistema formativo in modo profondo e con un’ottica a medio lungo termine.
«I bambini che hanno appena iniziato la primaria termineranno il loro percorso scolastico tra vent’anni.
«Per questo serve superare la logica a silos, standardizzata, per costruire insieme un modello formativo personalizzato che garantisca loro una buona qualità di vita e li renda resilienti in questo mondo che di certo ha solo l’incertezza e la rapidità.»
Gianluca Salvatori, segretario generale di Euricse, ha affrontato il tema del lavoro nell’ottica delle politiche comunitarie per l’impresa, rappresentando come l’economia sociale sia finalmente entrata nelle priorità europee e come sia destinata a diventare un elemento centrale ancora di più nei prossimi dieci anni.
«Perché le persone si avvicinino al lavoro sociale non basta più quindi contare su una motivazione individuale elevata, ma serve che il valore di questo lavoro venga riconosciuto, apprezzato e retribuito adeguatamente.»
Le risorse destinate alle politiche attive del lavoro, in provincia di Trento, come ha assicurato Riccardo Salomone presidente dell’Agenzia del Lavoro, sono quasi raddoppiate dal 2009 ad oggi.
«Non basta investire risorse, serve ridisegnare le politiche.
«Serve ritrovare sintonia tra la pubblica amministrazione e la cooperazione sociale, superare il modello dell’organizzazione burocratica in cui le cooperative sono mere erogatrici di servizi.
«Questo è il nodo e non vuol dire ridurre il ruolo del pubblico, anzi rafforzarlo, recuperando l’idea di una amministrazione comunitaria e di rete.»
Sulla stessa linea Salvatori, che però ha invitato anche il Terzo settore e la cooperazione sociale a fare uno sforzo.
«Per costruire un partenariato pubblico-privato – ha detto – occorre essere orientati all’innovazione e operare non settorialmente ma interpretando l’interesse generale della comunità che è più dell’interesse pubblico e certamente non è un interesse specifico.»