Casse Rurali, forte presidio del territorio trentino

Dai relatori, il ruolo (e le sfide) della cooperazione contro lo spopolamento

Intervento Augusto dell'Erba presidente Federcasse.

Si è svolto a Trento – palazzo Geremia – un convegno nazionale del credito cooperativo organizzato dalla Federazione trentina per dibattere sui temi del rapporto centro-periferia, spopolamento, cambiamento climatico e presidio territoriale.

Roberto Simoni: attenzione ai modelli di sviluppo, certi progetti (banca regionale) mettono in discussione natura e missione di una cooperativa di credito, come gli ambiti territoriali e la denominazione sociale. No a fughe in avanti se non condivise, la cooperazione deve mantenere stretta la relazione con le proprie comunità.


Mario Tonina (vicepresidente Pat): qui la cooperazione ha prodotto risultati tangibili, la Provincia segue con attenzione e rispetto il dibattito interno al movimento cooperativo.


Giorgio Fracalossi (Gruppo Cassa Centrale): Le banche devono decidere in autonomia come interpretare le esigenze del territorio.

Teresa Fiordelisi (Gruppo Iccrea): occorre coniugare la relazione fisica con la rivoluzione digitale.


Giorgio Donato (Banca d’Italia): «Le capogruppo hanno lavorato bene. Ora serve intercettare le nuove esigenze delle comunità locali».


 
Un convegno intenso e ricco di spunti, quello organizzato dalla Federazione trentina a Palazzo Geremia nel capoluogo per riflettere sull’intensità della relazione tra banche cooperative e territorio. In uno scenario che cambia velocemente, con il clima che si surriscalda e la popolazione che invecchia.
Ad ascoltare i relatori la platea di amministratori e dirigenti delle Casse Rurali trentine e una buona rappresentanza del credito cooperativo nazionale, che ieri ha tenuto a Trento il Consiglio nazionale di Federcasse.
La cooperazione – in particolare quella di credito – è per sua natura fortemente legata ai territori in cui opera e alle comunità che incontra. Il credito cooperativo è stato interessato negli anni scorsi da una profonda riforma che ha introdotto una capogruppo (due in Italia) con funzione di coordinamento e direzione. È cambiata l’organizzazione delle banche cooperative, che soprattutto negli ultimi anni si sono spesso aggregate per aumentare di dimensioni e bacino territoriale.
L’incontro di oggi è servito per fare il punto sul modello, analizzando punti forti e criticità, soprattutto in visione futura.
 

 
Il presidente della Cooperazione trentina Roberto Simoni, in apertura di convegno, aveva messo in guardia senza giri di parole dal rischio che determinati progetti come quello - appena enunciato - di costituzione di una banca regionale mettano a rischio la natura e la missione di una cooperativa di credito, specie se non preventivamente condivisi dalla base sociale:
«Occorre interrogarci sul senso del limite – ha detto Simoni – se si cambia lo schema di gioco serve un nuovo «patto sociale”, un traguardo collettivo e raggiunto insieme, non corse solitarie o spallate individuali.»
A lui ha risposto indirettamente il vicepresidente della Provincia autonoma Mario Tonina, il quale ha affermato che «il dibattito di questi giorni merita una vigile attenzione.
«Le preoccupazioni del presidente Simoni meritano rispetto e ci stimolano attraverso il dialogo a trovare soluzioni condivise.
«Siamo nella terra dell'autonomia e della cooperazione – ha proseguito – e la nostra storia ha prodotto risultati tangibili, regole antiche, tradizioni, fatica, tenacia, valori che si palesano anche attraverso i segni del paesaggio.»
 
Il presidente di Federcasse Augusto dell’Erba ha posto l’attenzione sulla presenza delle banche cooperative nelle aree più disagiate, spesso unici sportelli bancari nel paese (in 702 comuni).
Dell’Erba ha richiamato il tema della proporzionalità delle norme bancarie, che attualmente non distinguono tra una banca grande e una piccola.
«Non invochiamo misure di favore per avere imprese di credito più lucrative, ma per fare meglio il nostro lavoro, in rispetto della nostra specificità, al servizio alla comunità.»


 
Per il sindaco Franco Ianeselli, che ha aperto i lavori, «più che il numero di sportelli bancari conta la capacità di interpretare il territorio».
Famiglie e imprese hanno ancora bisogno della presenza fisica degli sportelli bancari sul territorio, come è emerso nella relazione di Andrea Viola, dell’Università Cattolica di Milano. Le imprese vicine ad una Bcc o Cassa Rurale hanno più facile accesso al credito, in particolare di lungo termine.
Le banche di grandi dimensioni non hanno lo stesso effetto.
Le banche cooperative sono molto efficaci nel servire le micro e piccole imprese che sono quelle che hanno maggiori difficoltà di liquidità e di finanziamento.
Il ruolo di presidio territoriale è stato il tema della tavola rotonda cui hanno partecipato il presidente di Cassa Centrale Giorgio Fracalossi, la vicepresidente di Iccrea Teresa Fiordelisi, la presidente della Famiglia cooperativa Primiero Francesca Broch e l’imprenditore della pasta Riccardo Felicetti.
 
«Siamo innanzitutto banche – ha esordito Giorgio Fracalossi – abbiamo la responsabilità di conservare, gestire il denaro e restituirlo. Una responsabilità enorme.»
In merito ai modelli organizzativi, il presidente di Ccb ha detto che «ogni banca cooperativa decide autonomamente la forma migliore per garantire il presidio del territorio, senza direttive dalla capogruppo.
«La capogruppo è stata molto importante per garantire continuità e organizzazione anche nella recente emergenza pandemica.»
 
«La riforma non ha inciso sulla natura delle nostre banche – ha affermato la vicepresidente di Iccrea Teresa Fiordelisi – è cambiata l'organizzazione.
«Le ragioni di economicità non vanno declinate per singolo sportello ma guardando all'equilibrio complessivo della singola banca.
«La prossima sfida sarà quella di coniugare la relazione fisica col digitale, ecco perché qualche studioso parla di prossimità a distanza.»
 

 
Due le esperienze di eccellenza portate all’attenzione del convegno: la Famiglia cooperativa di Primiero, con la presidente Francesca Broch («Mi è capitato di avere momenti difficili legati all’azienda. È lì che la gente si unisce e dà sostegno»), e Riccardo Felicetti, a.d. dell’omonimo pastificio di Predazzo («per noi restare è stata sfida di presidio. Testoni, capacità, coraggio, un po’ di fortuna e ci siamo impuntati per poter diventare ambasciatori di quel territorio, un elemento di senso di appartenenza»).
Clima e demografia condizionano la vita anche nelle aree montane. Per il meteorologo Luca Mercalli «qui avete prerogative anche dal punto di vista tecnologico che vi rendono un modello.
«In montagna si vive bene, e il telelavoro consente di sperimentare nuovi mestieri e nuove occasioni per vivere permanentemente in montagna, basta una buona connessione.
«Il cambiamento climatico offre quindi anche opportunità ai territori, occorre coglierle.»
 
Per Giovanna Fambri (Ufficio statistica della Pat) “la popolazione in Italia cala, ma il Trentino e l’Alto Adige vanno in controtendenza. L’innovazione digitale consente di vivere anche in luoghi decentrati, ma occorre continuare a difendere e valorizzare il nostro territorio”.
Bilancio positivo nei primi anni di riforma per Giorgio Donato, Capo Servizio supervisione bancaria della Banca d’Italia.
«Avete lavorato in un contesto molto difficile. La coesione e la resilienza sono stati fattori di successo. Ora serve intercettare le nuove esigenze delle comunità locali.»
 
Conclusioni di Sergio Gatti, direttore generale di Federcasse: «Per le Casse Rurali e Bcc la sfida per il futuro è quella di inventare un modello originale di servizio: “figital” (un po’ fisico un po’ digitale), digitale ma con componente di accompagnamento, di comprensione delle esigenze che non può che prevedere qualche forma di presenza.»