Economia sociale, il protagonismo dei cittadini risolve le crisi

Al Festival Economia si è parlato del ruolo della cooperazione alla prova dei mercati

Di economia sociale non c’era traccia nei documenti europei fino al 2008, anno della grande crisi dei subprime.
Poi il ruolo è cresciuto, non solo come «riparatore» dei fallimenti di mercato, ma come opportunità e ricomposizione delle fratture sociali.
Il bene comune non è esclusiva competenza del pubblico ma chiama in causa la responsabilità dei cittadini, anche come attori economici.
L’Italia è un Paese di riferimento anche per l’Ocse. Attesa per la prossima settimana dal Consiglio ministeriale dell’Ocse una Raccomandazione che riprende l’esperienza italiana.
Ed ora l’Istat «misurerà» l’impatto economico e sociale dell’economia sociale.
Gardini (Confcooperative): l’economia sociale ha un unico obiettivo: far vincere il Paese.

Al Festival Economia di Trento si è parlato del ruolo dell’economia sociale alla prova dei mercati. Per la verità, come ha osservato il segretario generale di Euricse Gianluca Salvatori, una crisi dopo l’altra ha portato il mercato alla prova di sé stesso, e ha mostrato i propri limiti.
L’alternativa non è quindi lo Stato, ma un rapporto collaborativo tra cittadini associati, le istituzioni pubbliche il privato for profit, associate per l’attuazione dell’interesse generale.
 
«È un modello che va oltre il Terzo settore – ha affermato il presidente di Confcooperative Maurizio Gardini – è come se i cittadini si prendessero sulle spalle un pezzo di problemi del Paese per provare a risolverli in modo collettivo.
«Nella dicotomia tra Stato e mercato, lo Stato non ha prospettiva di statalizzare, il mercato non ha prospettiva se non per pochi (poiché governato da logiche speculative): diventa quindi necessario una economia sociale che sia un’opportunità di integrazione e ricomposizione delle fratture sociali, in ogni settore, dal welfare alle comunità energetiche.
«È necessario un patto tra istituzioni e mondo dell’economia sociale altrimenti rischiamo che si aggravino le fratture.»
 
All’incontro ha partecipato in video la viceministra del Mef Laura Castelli, la quale ha sottolineato il ruolo dell’Italia nella promozione e valorizzazione dell’economia sociale.
«Attraverso l'action plan che l'Europa ha assegnato ai paesi membri – ha affermato – l'Italia può fare qualcosa di grande: misurare l’impatto economico e sociale dell’economia sociale, così come già avviene in altri Paesi europei.
«Al centro dell'economia c'è il sociale, perché l'economia sociale è uno dei modi di fare industria.
«Quest'anno ho creato un capitolo di bilancio che prevede risorse per realizzare tutti i punti dell'action plan e il mondo cooperativo recita un ruolo importante per l'apporto che fornisce al territorio.
«Ci sono molte cose da mettere in ordine in questo settore, ma occorre sapere che lo Stato è un alleato.»
 
Il percorso italiano di riconoscimento dell’economia sociale parte da lontano, addirittura dalla Costituzione che è una delle poche a dedicare un articolo specifico alla tutela e promozione della cooperazione.
In realtà il concetto di cooperazione è un filo rosso che percorre tutta la Carta costituzionale, e non si ferma all’art.45.
La Vicepresidente della Corte Costituzionale Daria de Pretis ha ricordato anche l’art. 118 sulla sussidiarietà orizzontale.
«Il perseguimento dei fini pubblici non è appannaggio esclusivo della pubblica amministrazione – ha affermato - ma agli stessi fini possono concorrere anche i provati cittadini che si organizzano spontaneamente.
«Questo è il modello della cooperazione. I cittadini non sono terminali di una esternalizzazione della pubblica amministrazione ma compagni di viaggio.»
 
Parole riprese da Gianluca Salvatori, segretario generale di Euricse che in questi giorni sta partecipando a Ginevra al convegno dell’organizzazione internazionale del lavoro (OIL) delle Nazioni Unite, secondo cui il bene comune non è esclusiva competenza del pubblico ma chiama in causa la responsabilità dei cittadini, anche come attori economici.
«Fino a pochi anni fa non c’era traccia nei documenti europei, e l’economia sociale veniva interpellata solo come soggetto riparatore, capace di intervenire solo in ultima istanza nella marginalità eterna.
«Adesso si pensa di trattare diversamente questo settore, a partire da una fiscalità di favore. Ma ci sono volute le crisi del 2008, del 2012, il Covid e ora la guerra.»
 
Il Piano di azione (Action Plan) approvato a dicembre è una svolta. La durata è decennale, ci vorrà del tempo, ma il momento è favorevole.
Una crisi dopo l’altra ha portato il mercato alla prova di se stesso, ed ha mostrato i propri limiti.
L’alternativa non è lo Stato, ma un rapporto collaborativo tra cittadini associati, le istituzioni pubbliche il privato for profit, associate per l’attuazione dell’interesse generale.
 
Antonella Noya, responsabile unità economia sociale e innovazione dell’OCSE (Oecd Trento), ha anticipato che l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico sta preparando una Raccomandazione che dovrebbe essere approvata la prossima settimana dal Consiglio Ministeriale dell’OCSE presieduto dall’Italia.
«L’Ocse lavora da 25 anni su questi temi. Il nuovo ruolo dell’economia sociale è stato amplificato dalle crisi.
«Dove l’economia tradizionale perdeva, l’economia sociale resisteva perché basata su valori diversi da quelli del mercato. Lo abbiamo visto anche con l’emergenza Covid, dove l’economia sociale ha dimostrato di essere agile, saper mettersi in rete, trovare soluzioni.
«L’Italia è un sistema di riferimento, e anche dall’estero si guarda con molto interesse a quello che succede da noi, siamo fonte di ispirazione.»
Il Trentino vanta una esperienza da ben duecento anni nella mutua di carattere assicurativo. Il presidente di Itas Mutua Giuseppe Consoli ha ripercorso la storia e lo spirito mutualistico che l’ha ispirata.
«Una azienda radicata in Trentino ma presente in tutta Italia che rappresenta un motivo di orgoglio non indifferente.»
 
 Le proposte di Gardini (Confcooperative)  
Quattro leggi per ripartire: sulle cooperative di comunità, sulle comunità energetiche, sui capitali pazienti per sostenere gli investimenti e il riconoscimento per le Banche di Credito Cooperativo che sono banche diverse dalle altre.
Sono le richieste che Maurizio Gardini presidente di Confcooperative ha lanciato alla viceministro Laura Castelli.
Pensare che le risorse del Pnrr possano servire a statalizzare e internalizzare i servizi sarebbe l’errore più grande. Noi oggi siamo alle prese con un paese che ha forti fratture sociali e territoriali dove il mercato con le sue regole ha determinato delle conseguenze sulla società.
È necessario un patto tra istituzioni e mondo dell’economia sociale altrimenti rischiamo che si aggravino le fratture.
L’economia sociale va oltre il terzo settore. Lo è una cooperativa agricola che pone la sicurezza alimentare qualitativa e quantitativa.
Lo è un workers buy out che ricostituisce un’impresa in default.
Lo sono le cooperative di comunità che rappresentano l’ancora di salvezza per 5.000 comuni italiani: il 60% del nostro territorio.
Le comunità energetiche che rispondono al bisogno di energia. O le piattaforme digitali.
Così come avvertiamo la necessità di ricostruire un nuovo sistema di welfare passando dai minori agli anziani.
Anche la necessità di ricostruire un sistema sanitario. È il tempo dell’economia sociale. È il tempo del Pnrr ma siamo ancora alle prese con un Pnrr che è ancora lontano e non abbiamo le certezze di atterrare al 2026.
Occorre mettere in campo le energie migliori a partire dalle fondazioni bancarie. Mancano competenze per progettare e finanziare.
Occorre un meccanismo virtuoso. L’economia sociale ha un unico obiettivo: far vincere il paese.