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Ettore Lunelli, ovvero l’arte come ricerca dell’essenza

Il presidente del Consiglio Soini ha inaugurato l’antologica dell’artista trentino

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Ettore Lunelli - La Primavera - 1993 - (Particolare. A pié di pagina l’intero).

«Figura ieratica, affilata, schiva, un viso carico d’energia e vitalità, occhi profondi, buoni, barba bianca, capelli bianchi, fluidi, lunghi, annodati a coda di cavallo a battere il tempo dei passi sulle spalle: un uomo senza tempo o meglio oltre il tempo.»

Così - in catalogo - Danilo Curti Feininger fotografa Ettore Lunelli, un trentino che ha vissuto per l’arte. Insegnante proprio di educazione artistica alle scuole medie (di Borgo Valsugana, di Lavis, poi alle Manzoni di Trento), fu allievo di Ermete Bonapace e tra il ‘39 e il ‘43 frequentò l’atelier di Luigi Bonazza.
Diplomato all’Accademia delle Belle Arti di Bologna, è stato lungamente membro dell’Ucai, l’Unione cattolica artisti italiani, partecipando a molte collettive organizzate dall’associazione.
 


Quello che i tre figli Raffaella, Lorenzo e Francesco hanno ora amorevolmente composto a palazzo Trentini, auspice la Presidenza del Consiglio provinciale, è un omaggio a tutto tondo alla sua versatile creatività pittorica, a cento anni dalla nascita e a tredici dalla scomparsa.
Ecco quindi che la vasta produzione custodita nell’abitazione dell’artista esce allo scoperto e si mostra con abbondanza negli spazi di via Manci 27 a Trento, esibendo tutta la poliedrica espressività degli oli su tela, delle tempere, dei dipinti a lacca, delle grafiche pazientemente e sapientemente realizzate in casa.
 


Lunelli è una di quelle figure di artista schivo e disinteressato dalle dinamiche di mercato, che per questo rimane meno conosciuto rispetto ai meriti.
Merita quindi questo bel «viaggio» tra i suoi dipinti, quello proposto dalla rassegna «Composizioni di luce - L’arte come conoscenza», che a palazzo Trentini – da oggi e per tutto il mese di luglio – vengono proposti con suddivisione in sezioni, pensate in base al soggetto: persone, paesaggi, natura silente (così il pittore appellava le cosiddette nature morte), arte sacra.



C’è anche una particolare sezione con opere degli anni Novanta: tempere all’uovo su tavola, una serie intitolata «Fiabe senza Parole», dedicata alla natura e all’integrazione dell’uomo con essa, rappresentata per lo più da boschi e da animali selvatici.
Infine la grafica: serigrafie, xilografie, acqueforti, anche stampe di disegni realizzati con tavoletta grafica al computer. E biglietti di auguri natalizi, una serie che parte negli anni ’50 e arriva agli anni ’80.
 


Curti Feininger all’inaugurazione di oggi pomeriggio ha ricordato la fierezza che questo antico maestro ha messo nella sua opera, illuminata anche da una fede sincera e profonda.
L’altro critico d’arte, Giuseppe Calliari, ha spiegato l’affollamento di opere esposte dai figli: «una vera e propria quadreria alla maniera barocca – ha detto – per far risaltare quella intensa dimensione del fare, dell’agire manualmente, che ha portato Lunelli a sperimentare tecniche compositive diverse e ad esplorare tutte le possibilità del figurativo sub specie geometrica, in cui si è voluto cimentare sempre alla ricerca dell’essenza che sta dietro il visibile».
 

 
Il presidente del Consiglio provinciale Claudio Soini, che ha accolto il pubblico e aperto il vernissage in sala Aurora, ha detto che questa poliedricità tecnica è uno dei motivi di interesse d’una mostra che contribuisce egregiamente alla missione degli spazi espositivi di palazzo Trentini: proporre il bello alla nostra popolazione e indurla così ad entrare nella sede dell’Autonomia trentina, facendone una vera e trasparente casa della comunità, come dev’essere.
 
La mostra resta aperta al lunedì al venerdì tra le 10 e le 19,
il sabato in orario 10-12.

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