Domenica 8 agosto alle ore 9.30 si
inaugura a Tenna, presso il Palazzetto polifunzionale, la mostra
«Paesaggi di guerra. L'immagine del Trentino alla fine della Prima
guerra mondiale | Alta Valsugana».
La mostra fotografica Paesaggi di guerra è un progetto della Rete
Trentino Grande Guerra che ha coinvolto collezionisti privati,
istituzioni, amministrazioni comunali e numerose associazioni
culturali locali in tutto il Trentino e oltre.
Le fotografie, accompagnate da pannelli con testi descrittivi e
testimonianze, raccontano lo scenario di distruzione che si
presentò ai trentini che tornavano dal fronte e dall'esilio nel
1919 (nella foto).
All'interno della mostra viene proposta la videoinstallazione
«Ritorni», opera di Micol Cossali, che interpreta, attraverso un
percorso di testimonianze dell'epoca e foto storiche, lo stato
d'animo di profughi e soldati che, tornando alle proprie case,
scoprivano quanto la guerra avesse stravolto il mondo che avevano
lasciato al tempo della loro partenza.
Un estratto del video è raggiungibile tramite questo
link.
La scoperta drammatica dell'eredità lasciata dalla guerra, fu
accompagnata, in quel primo anno di pace, da una caparbia volontà
di riscatto: assieme alle immagini di macerie e di edifici in
rovina, le fotografie esposte ritraggono l'inizio della
ricostruzione e testimoniano la ripresa della vita quotidiana.
Soldati del Genio militare italiano impegnati in opere di
ripristino, operai sui cantieri, donne e uomini al lavoro, immobili
restaurati.
Un catalogo generale raccoglie un ampia selezione fotografica,
corredata da saggi di Andrea Di Michele, Mauro Grazioli e Fabrizio
Rasera che inquadrano storicamente il periodo e le vicende. Quella
della ricostruzione fu una parentesi, che questa mostra coglie ai
suoi faticosi inizi: il Trentino e l'Alta Valsugana si
risollevarono dopo anni di lavoro intenso.
Tutte le mostre visitabili nel mese di agosto
In Alta Valsugana
Tenna (8 - 19 agosto) -
Caldonazzo (22 agosto - 5 settembre);
Negli altri ambiti territoriali
Valle del Chiese: Daone, fino al 28 agosto;
Vallagarina: Rovereto, fino al 31 ottobre;
Pasubio: Moscheri di Trambileno, fino all'8 agosto - Piazza di
Terragnolo, (14 - 29 agosto);
Altopiani: Centro Documentazione Luserna, fino al 2 novembre;
Valsugana orientale e Tesino: Catello Tesino, fino al 29
agosto;
Vanoi, Primiero, Paneveggio: Caoria, fino al 12 settembre -
Paneveggio, fino al 12 settembre.
Tenna - Palazzetto Polifunzionale
Periodo e orari di apertura
8-19 agosto 2010;
10-12 e 20-22.
Informazioni
327 7413499
www.trentinograndeguerra.it
Approfondimenti
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L'Alta Valsugana alla fine
della guerra
L'Alta Valsugana si estende ai piedi degli Altipiani di Lavarone,
Folgaria e Luserna, dove correva il confine tra l'Austria e
l'Italia.
Subito dopo la dichiarazione di guerra dell'Italia, il 24 maggio
1915, gran parte della popolazione fu evacuata e trasferita oltre
le Alpi.
A Pergine e Levico si insediarono i comandi militari, San
Cristoforo fu trasformato in deposito ferroviario e Caldonazzo,
centro di smistamento per uomini e mezzi, divenne un'immensa
caserma.
Nel 1915 l'area più orientale dell'Alta Valsugana, retrovia
austriaca, fu più volte colpita dalle artiglierie italiane.
Al termine dell'offensiva del maggio 1916 il suo coinvolgimento
diminuì fino al novembre 1918, quando le truppe italiane, sfondate
le linee, la occuparono integralmente.
Terribile fu l'eredità lasciata dal conflitto: i paesi bombardati o
incendiati, le case e le strade in rovina, le campagne solcate da
trincee, disseminate da reticolati, mine e proiettili inesplosi, i
boschi e i pascoli devastati.
I danni di guerra assommarono a quasi 124 milioni di Lire.
I primi interventi di ripristino furono organizzati dall'Esercito
italiano. Al Genio militare spettò il compito di riattare le case
meno disastrate e costruire baraccamenti per i profughi.
Dal gennaio 1919 iniziò la ricostruzione degli edifici e il
dissodamento delle campagne, lavoro assegnato alle donne e agli
anziani.
Fu rimessa in moto la macchina amministrativa, ricostituiti i
presidi sanitari e riaperte le scuole. Passarono anni, tuttavia,
prima che l'Alta Valsugana vedesse risanate le ferite inferte dalla
guerra.
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Levico
Era il Grand Hotel, nel più completo disordine. Mobili in frantumi,
carte e registri erano sparsi sui marmorei pavimenti; mentre le
vetrate erano quasi tutte infrante. A. Fabbri, Ricordi di guerra,
1919
Vetriolo. Degli alberghi di anteguerra… nulla più resta
L. V. Bertarelli, Le Tre Venezie, 1920
A Levico i bombardamenti italiani ebbero come principali obiettivi
la ferrovia, la teleferica Santa Giuliana-Vezzena e il centro
urbano. Alla fine della guerra, 35 case erano completamente
distrutte e 479 lesionate.
Il Genio militare ne riparò una parte e, a fine gennaio 1919, ne
riconsegnò 76.
Il rientro dei profughi, massiccio in inverno, si esaurì in
primavera: a 6.708 persone si dovettero fornire alloggio, razioni
alimentari, vestiario, mobili, coperte, utensili da cucina e arnesi
da lavoro.
A patire gravi danni furono i settori turistico e agricolo; il
primo, era in fase di intenso sviluppo, trainato dalle attività
termali.
Accanto al Grand Hotel des Bains, al Grand Hotel e allo
Stabilimento Bagni Salus, erano cresciuti alberghi, pensioni,
osterie, case private.
Aveva trovato impulso anche l'imbottigliamento delle acque con la
creazione di un nuovo impianto presso la stazione ferroviaria.
Analogo sviluppo si registrava a Vetriolo.
La ripresa delle attività turistiche avvenne dopo il 1921, ma il
settore soffrì un ridimensionamento che perdurò per tutti gli anni
Venti, con contraccolpi sull'occupazione.
Ai primi del Novecento il settore trainante per Levico era
l'agricoltura.
Ma a causa della guerra, le colture si erano deteriorate e i
vigneti dovevano essere rinnovati; i terreni richiedevano la
bonifica dai proiettili inesplosi. I gelsi erano stati tagliati e
il patrimonio zootecnico era sceso da 3.200 capi a 450.
Le 14 malghe comunali erano distrutte, i pascoli bucherellati da
fosse.
L'impegno profuso nel ripristino del settore, portò a magri
risultati: nel 1920 la produzione agricola copriva solo in parte il
consumo locale e nel 1925 quella vitivinicola era ancora senza
sbocchi; le malghe e i pascoli rimasero inagibili fin dopo il
1920.
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Pergine Valsugana
Nonostante la sua collocazione nelle retrovie del fronte, anche
Pergine risentì gli effetti della guerra. Divenuta base logistica
per uomini e materiali dell'esercito austro-ungarico, sul suo
territorio ebbero sede importanti depositi, magazzini e strutture
logistiche. Ma soprattutto, alla fine della guerra, subì i
contraccolpi del caos in cui precipitò l'intera organizzazione
militare.
Nella notte che precedette l'arrivo delle truppe italiane, i
soldati austriaci in fuga, sbandati, affamati, privi di comando,
andarono all'assalto dei magazzini militari. Il giorno precedente
era stato incendiato l'aeroporto del Cirè, oggetto durante la
guerra di incursioni aeree e bombardamenti; a San Cristoforo
l'albergo Seehof fu ridotto in cenere. L'intero borgo era coperto
da una nube di fumo.
L'arrivo dei militari italiani impedì che venissero bruciati i
baraccamenti dei Paludi, sede di un intricato scalo ferroviario,
che richiese due anni di lavoro per essere risanato. Cortili e vie
erano ricoperti di rifiuti, la filanda Gavazzi e la stazione
ferroviaria erano distrutte, le strade rese impraticabili dal fango
e dall'acqua che debordava dai canali di scolo.
Per favorire la ripresa delle attività industriali, con l'aiuto dei
militari italiani, furono subito riparati i canali di derivazione
dell'acqua del Fersina; iniziarono i lavori di ripristino degli
edifici scolastici e del manicomio provinciale, trasformato durante
la guerra in ospedale militare, dopo che nell'estate del 1916 i
ricoverati erano stati trasferiti in Austria.
I lavori si conclusero nel 1927 con la costruzione del Padiglione
d'assunzione su progetto dell'architetto Giorgio Wenter Marini.
Pur essendo fuori dalla zona delle operazioni, il distretto di
Pergine, al quale facevano capo Tenna e la valle dei Mocheni, subì
danni accertati per 10.784.040 di lire, dovuti per metà al
deterioramento delle campagne, dei boschi, dei pascoli e delle
case.
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Caldonazzo
Le case erano quasi tutte abbattute, le rimanenti, prive delle
imposte e dagli oscuri vani trasparivano in tutto il loro orrore la
devastazione ed il saccheggio.
Le vie erano completamente ingombre di rottami, di sudiciume e di
larghe pozze d'acqua putrida che ammorbava l'aria. Pareva il paese
della morte.
Degli abitanti: nessuno, sol qualche uomo fugace con ancora la
divisa da militare austriaca e sol qualche donna dall'aspetto
timido e pauroso.
A. Fabbri, Ricordi di guerra, 1919.
Ai primi di giugno del 1915 il paese di Caldonazzo fu evacuato e
occupato dalle truppe militari austriache.
Furono subito minati la torre medievale e i mulini Prati, possibili
riferimenti per le artiglierie italiane, e incendiati gli edifici
vicini alle linee, come la frazione di Brenta.
I bombardamenti italiani dell'aprile 1916 distrussero il centro
storico da via della Polla alle Case Nove, dal Municipio al
quartiere della Villa.
Al loro rientro i profughi trovarono le case ridotte a cumuli di
macerie, saccheggiate o trasformate in stalle. Il magazzino dei
pompieri non esisteva più, la latteria sociale e la canonica erano
da ricostruire, le chiese - la parrocchiale, San Valentino sul
colle di Tenna e San Rocco - erano lesionale, le scuole
inagibili.
Nuove strade e linee ferroviarie attraversavano il paese, i boschi
di fondovalle erano stati tagliati e la campagna distrutta per far
posto a trincee, baraccamenti e depositi.
I danni vennero calcolati in oltre 21 milioni di lire.
I soldati del 31° Reggimento Fanteria eseguirono i primi interventi
di ripristino sgombrando gli edifici e le vie dalle macerie e dai
rifiuti.
Tra gennaio e giugno del 1919 il Genio militare restaurò ed
attrezzò 250 alloggi in grado di ospitare 1.450 persone; nello
stesso periodo tornarono a funzionare 16 esercizi di mescita, a
febbraio riaprirono le scuole e in agosto il cinema presso il Grand
Hotel Caldonazzo.
Più lenta fu la ripresa delle attività agricole; in autunno 100.000
m2 della miglior campagna erano ancora da bonificare od occupati
dai depositi per munizioni ed esplosivi raccolti nei territori
comunali limitrofi.
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Monterovere
Agosto 1920… Allo spuntar del giorno superiamo Monterovere, dove è
ammassato molto materiale di recupero e dove fumano le fornaci
della calce per le ricostruzioni dell'altipiano e delle valli
limitrofe.
Il bosco circostante è devastato e quattro lunghe linee di radura
indicano il passaggio delle colossali teleferiche austriache.
A. Bertoldi, Monti e strade di guerra, 1920
Nel maggio 1907 l'Imperial-regio comando per la difesa territoriale
di Innsbruck informò il Comune di Caldonazzo che in prossimità
dell'osteria di Monterovere sarebbe sorta una caserma in grado di
ospitare fino a 500 soldati.
Nella caserma, dove dal 1910 fu alloggiata la 4ª Compagnia
Bersaglieri provinciali, trovò sede il nucleo originario del
sistema logistico di supporto alle linee di difesa organizzato
sulla piana di Monterovere già prima del 1915 e potenziato durante
la guerra.
L'afflusso da Caldonazzo di viveri, materiali bellici e da
costruzione era assicurato da una strada costruita tra il 1909 e il
1913 dalle Pionierabteilungen del 2° e 3° Reggimento Tiroler
Kaiserjäger e da una teleferica pesante, a sistema Bleichert,
realizzata dalla ditta Eissler di Vienna nel 1909. La piana divenne
il punto di snodo delle teleferiche per cima Vezzena e
Lavarone.
Nella primavera del 1916 la caserma fu pesantemente bombardata
dalle artiglierie italiane dislocate a Porta Manazzo.
Il Comune di Caldonazzo ebbe riconosciuto dal governo italiano il
danno di guerra e, con l'indennizzo ottenuto, nell'area
dell'ex-caserma fu costruito l'Albergo Alpino.
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Cura del progetto, della mostra, sponsor e ringraziamenti
Paesaggi di guerra
Il Trentino alla fine della Prima guerra
mondiale
Progetto Rete TrentinoGrandeGuerra
Coordinamento Mauro Grazioli, Anna Pisetti, Fabrizio Rasera,
Camillo Zadra
Segreteria organizzativa Giancarlo Sciascia
Allestimenti Studio Giovanni Marzari
Cura grafica Alessio Periotto - Designfabrik
Fornitori Edizioni Osiride, Paolo Gabbana, Zirkotech
Video Micol Cossali
Con il sostegno di
Fondazione Cassa di
Risparmio di Trento e Rovereto
Provincia autonoma di Trento
Museo Storico Italiano della Guerra
Fondazione Museo storico del Trentino
Il Sommolago
Trentino spa
Gruppo di lavoro per l'Alta Valsugana
Mauro Grazioli, Nirvana Martinelli, Anna Pisetti, Fabrizio Rasera,
Giancarlo Sciascia, Camillo Zadra
In collaborazione con
Comunità di Valle Alta Valsugana e Bernstol
Comuni di Caldonazzo, Pergine, Levico, Tenna, Calceranica
Azienda per il Turismo Valsugana e Lagorai
Cassa Rurale di Pergine
Cassa Rurale di Levico
Cassa Rurale di Caldonazzo
Associazione Culturale Aria, Pergine
Associazione Amici della Storia, Pergine
Associazione Tennattiva, Tenna
Associazione Culturale Chiarentana, Levico
Le immagini esposte e pubblicate sono state messe a
disposizione da
Archivio dell'Istituto di Storia e Cultura dell'Arma del Genio,
Roma
Archivio Fondazione Museo storico del Trentino
Archivio Museo Storico Italiano della Guerra, Rovereto
Biblioteca Comunale di Levico
Biblioteca Comunale di Caldonazzo
Centro Documentazione Luserna
Österreiches Staatsarchiv, Kriegsarchiv, Bildersammlung
Luciano Dellai,
Giuseppina Gremes
Cesare Mittempergher
Saverio Sartori
Sergio Sartori
Ringraziamenti
Quinto Antonelli, Cinzia Broll,
Rosa Maria Campregher, Andrea Conci, Gustavo Corni, Luciano De
Carli, Maddalena Di Tolla, Lucio Fabi, Rosaria Fedel, Andrea
Leopardi, Gianmaria Marocchi, Aurelio Micheloni, Romano Mosca, Jole
Piva, Fabrizio Rasera, Lauro Struffi, Saverio Sartori.