L'occasione perduta – Di Massimo Parolini

Trento perde la «Madonna dei bombardamenti» di Armani, che vola in America

 
 
Nemo profeta in patria, dice il proverbio.
È successo nei giorni scorsi anche al pittore trentino Ernesto Giuliano Armani (Malé 1898 - Rovereto 1986), la cui opera «La madonna dei bombardamenti» (1945) è stata battuta dalla casa d’aste Von Morenberg di Trento a 5.000 euro e ha preso il volo per l’America.
 
 
Sembra che il proprietario, alla notizia, non sia stato molto felice e abbia ripetuto «Il quadro doveva rimanere in Trentino».
Ma l’asta è fatta e ha le sue regole.
Perché, direte, doveva proprio rimanere in Trentino?
Per tante ragioni, ma la principale è perché sembra sia l’unico quadro che rappresenta il bombardamento di Trento durante la seconda guerra mondiale (da quel 2 settembre del 1943 della Portela in avanti).
 
L’opera (un olio su tela, 85x65, incorniciato con legno dorato riccamente intagliato) rappresenta una giovane madre, con i capelli lisci e scuri, che sorregge teneramente un bambino dai capelli dorato-rossicci, in atteggiamento triste e impaurito mentre alle sue spalle sorge una città incendiata e devasta, attraversata da un fiume.
 
L’opera fu commissionata ad Armani in quegli anni ed era già stata esposta nel 2003 a Palazzo Trentini in una bella antologica dedicata dal Consiglio provinciale al maestro di Malé.
Il comunicato stampa annunciava la mostra con queste parole.
«Gli spazi espositivi di Palazzo Trentini ospiteranno, dal 17 marzo al 12 aprile prossimo, le opere di Ernesto Giulio Armani pittore architetto scomparso nel 1986 e considerato uno dei più apprezzati acquerellisti, non solo in campo locale, ma anche nazionale. Esponendo le opere di Armani, Palazzo Trentini ha voluto compiere un vero e proprio riconoscimento alla memoria di uno dei suoi più illustri artisti, offrendo una grande vetrina di opere che spaziano dalle vedute di città, alle cattedrali, ai paesaggi, al ritratto, ai cavalli sino ai progetti di architettura.»
 
Eppure, pochi giorni fa, nessun museo o ente pubblico trentino, ai quali la casa d’aste invia regolarmente i cataloghi di tutte le opere con largo anticipo, si sono interessati ad acquisire nel proprio patrimonio espositivo l’opera in oggetto.
Distrazione, forse.
Peccato, diciamo noi.
Come ricordava l’anno scorso il figlio Giuliano (orafo a Bardonecchia), in un’intervista in occasione del ritrovamento di uno dei capolavori del padre ritrovata dal gallerista Dusatti di Rovereto (che ad Armani ha dedicato una grande mostra per i cent’anni dalla nascita), ossia dell’opera Umili eroi (1941) acquisita nella sua collezione dalla Cassa rurale di Isera, in una lettera autografa del 1932 l'arcivescovo di Trento Celestino Endrici lo ringraziava per la sua «attenzione verso i soggetti a tema religioso».
 
Un ringraziamento, quello del grande vescovo inviso agli austriaci, caduto ora nel vuoto.
Sicuramente questo quadro avrebbe fatto bella mostra di sé (al Diocesano o al Mart) e andrà invece in qualche collezione oltreoceano.
Poco male, si può ribattere. Che l’arte trentina, spesso autoreferenziale anche nel mercato, si diffonda in Italia e all’estero, può essere un buon farmaco.
D’altronde Armani (a cui Maurizio Scudiero ha dedicato una monografia) è presente in collezioni e musei persino dell’America del Sud (ai Musei civici di arte e storia di Brescia è visibile ad esempio un suo acquerello che raffigura l’interno della bresciana chiesa di Santa Maria delle Grazie).
Tuttavia rimane un po’ di amarezza, per un pezzo di memoria storico-artistica che se ne va e che poteva rimanere per essere gustato da cittadini e turisti in un nostro museo pubblico (laico o religioso).
 
Ernesto G. Armani nasce a Malé (TN) nel 1898, figlio di Augusto e nipote di Basilio Armani, noto pittore e litografo trentino.
Nel 1910 frequenta la Scuola Reale Elisabettina di Rovereto (con Depero, Melotti, Garbari, Bonazza, Baldessari) e nel 1919 la facoltà di Architettura presso l'Istituto Tecnico Superiore di Milano.
Non ancora ventenne viene inviato sul fronte della Galizia, della cui esperienza restano gli acquerelli che colgono i momenti di riposo e di meditazione dei soldati, esposti nel 2005 a Castel Ivano in una bella mostra (Artisti trentini nelle due guerre) curata da Fiorenzo Degasperi ed Elisabetta Staudacher.
 
Nel 1922 consegue la laurea di architetto civile. Tra i suoi progetti ricordiamo gli interventi presso la località sciistica nell’Oasi Zegna di Bielmonte, in provincia di Biella.
Negli anni seguenti svolge attività di architetto-scenografo e di pittore, esponendo nelle principali città italiane e all'estero. In Olanda (ad Amsterdam e L'Aia) e in Belgio.
Intraprende un ciclo di esposizioni nell'America del Sud, a Buenos Aires, Rosario e Montevideo dove, nel 1952, inaugura un'importante mostra delle sue opere.
In seguito continua l'attività di pittore studiando le cattedrali gotiche francesi a Parigi, Chartres e Reims.
Visita frequentemente Londra affascinato dalla sua atmosfera e vi dipinge i grandi ponti e monumenti lungo il Tamigi.
 
Assieme al figlio inizierà l’attività di orafa, sperimentando la tecnica dell’incastonatura di fiori e vegetali nell’oro.
Nel 1966 il Presidente della Repubblica gli conferisce l'onorificenza di Commendatore in riconoscimento dei suoi speciali meriti di artista in Italia e all'estero.
A Rovereto, alla quale era molto legato, tornò nel ’70. Viene aggregato, tra l’altro, all'Accademia degli Agiati, all'Accademia d'Italia.
Si spegne il 21 giugno 1986 a Rovereto.
 
Oltre alle cattedrali ricordiamo i suoi diafani paesaggi ad acquarello ritraenti scorci come Piazza Duomo a Milano, Castel Sant’Angelo o il ponte sul Tamigi.
Acquerelli che fecero apprezzare l’artista specialmente all’estero, tanto che negli anni 1928-1929 furono esposti in più occasioni in Germania ed Olanda, mentre negli anni Trenta e Cinquanta fecero scalo, assieme ai quadri ad olio, anche in America del Sud.