Oggi la testimonianza di Edith Bruck al Festival della Memoria

Mirko Bisesti ai giovani nell'incontro con Edith Bruck: «Vi invito ad essere “testimoni di testimoni” con forza e convinzione»

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Edith Bruck, poetessa e scrittrice ebrea di origine ungherese, sopravvissuta alla deportazione nei campi di concentramento e sterminio di Auschwitz, Dachau, Bergen-Belsen ha portato la sua toccante testimonianza oggi a Living Memory, il Festival della Memoria, in collegamento con la Sala Filarmonica del capoluogo trentino, gremita di giovani studenti. Con lei hanno dialogato Denise Rocca, presidente di Terra del Fuoco Trentino e Jadwiga Pinderska-Lech, direttrice delle pubblicazioni del Museo di Auschwitz-Birkenau, una delle massime esperte di raccolta delle testimonianze dei sopravvissuti. In apertura, il saluto dell'assessore provinciale all'istruzione, università e cultura Mirko Bisesti.
 
«Questi appuntamenti sono il frutto di un lavoro quotidiano, che va avanti da molto tempo e pensiamo che il valore di questa iniziativa sia quello di essere un cammino che va avanti lungo tutto il corso dell'anno e non solo per il Giorno della Memoria» - ha detto l'assessore.
«Siamo felici di ospitare tanti giovani oggi qui in sala e anche tanti collegati da esterno, sia dal Trentino che da regioni limitrofe: molti parteciperanno al viaggio del Treno della Memoria; l'invito che vi rivolgo è quello di riportare ai vostri amici e ai vostri compagni di classe che non potranno fare questa esperienza un messaggio importante, che è quello dei tanti testimoni che hanno vissuto la tragedia dell'Olocausto. Anche per ragioni anagrafiche, purtroppo, non potremo averli con noi ancora per tanto tempo, perciò chiedo a voi giovani di essere testimoni di testimoni e di portare avanti questo compito con convinzione, con forza e con determinazione», ha detto ancora Bisesti.
 
Edith Bruck, pseudonimo di Edith Steinschreiber, ha trasmesso attraverso la sua arte la violenza e gli orrori subiti, ma non l'odio, con il quale ha deciso di non condividere la vita fin dai primi momenti della liberazione, tanto che non ha mai denunciato i suoi aguzzini, con la ferma volontà di incitare alla conoscenza e alla riflessione sulla tragedia della Shoah soprattutto le giovani generazioni.
 

 
Il suo racconto ha portato la platea della Filarmonica, in commosso ascolto, a ripercorrere le tappe della deportazione di Edith bambina, da quando fu prelevata con tutta la sua famiglia dalla sua casa, ai mesi trascorsi nel ghetto, al carro bestiame che la condusse ad Auschwitz, alla separazione dal fratellino e dalla madre che non ha mai più rivisto, per un gesto inspiegabile di salvezza di un nazista che le intimò di cambiare fila e di avvicinarsi alla sorella, invece di avviarla al crematorio. E poi il lavoro duro nel campo, l'orrore della morte con la quale ogni giorno conviveva, la fame «cieca, eterna», l'oblio del nome che faticava perfino a ricordare, i suoi stracci pidocchiosi buttati in un angolo il giorno della liberazione in cambio di un vestitino rosa di cotone, il ritorno ad una casa ridotta in macerie e la ricerca di una patria che sapesse ascoltarla.
 
Tutto questo buio, però, illuminato da alcuni brevi lampi di luce, che hanno potuto dare un senso alla sua terribile esperienza, condivisa di recente con Papa Francesco, al quale ha dedicato il suo ultimo libro.
«Finché avrò fiato continuerò ad andare avanti e a raccontare, a testimoniare; per oggi, per domani e per il futuro dei giovani, perché i ragazzi devono capire cosa vuol dire la solidarietà, l'accettazione, la non discriminazione. Ricevo centinaia di lettere, disegni, messaggi dai giovani e questo mi rende felice perché è un segno di speranza», ha detto Edith Bruck al termine del suo racconto.