Settant’anni fa si concludeva la lunga Battaglia di El Alamein
Dal 1° luglio al 3 novembre 1942 le parti in lotta persero oltre 40.000 ragazzi. Oggi i caduti della Folgore sono stati commemorati nel sacrario di El Alamein

Si è conclusa al sacrario di El Alamein la cerimonia di celebrazione dei caduti della Folgore che termino il 3 novembre 1942, esattamente 70 anni fa.
Il pellegrinaggio, organizzato magnificamente dall’AnpDi, ha visto la presenza di oltre 500 Paracadutisti con i relativi labari di ogni sezione d’Italia, del Presidente Nazionale generale Fantini, del sottosegretario alla difesa Gianluigi Magri, di un nutrito numero di catanesi col loro Consigliere Nazionale Tommaso Daidone e siciliani vari.
La cerimonia ha toccato momenti di viva commozione e di esaltante ammirazione nel ricordo dell’immane sacrificio, testimoniato anche dall’impegnativa presenza di tre veterani ultra novantenni.
Una nota di orgoglio campanilistico merita il cappellano militare nazionale don Alfio Spampinato, catanese e parà purosangue, che nella Messa è riuscito pronunciare un messaggio di pace infiammando i cuori dei «folgorini» di incrollabile fede nei valori della Patria, che alla pace rivolge la necessità di avere delle Forze Armate di prim’ordine.
Come si può immaginare, a fine cerimonia nel cielo dell’Egitto è rimbombato l’eco del grido di battaglia «Folgore!»
Le successive visite guidate da esperti ai campi di battaglia hanno scatenato nei i presenti sensazioni di commozione che la semplice conoscenza storica non poteva realizzare.
Come non commemorare la sofferenza di quei soldati ventenni (perlopiù volontari) che, in un rapporto di 1 a 15, si scagliavano contro forze preponderanti, non solo numericamente ma anche per armamenti e logistica.
Come non ricordare, a quasi 70 anni dalla fine della guerra, che il fior fiore della nostra gioventù veniva sacrificata nel nome di principi contrapposti?
Noi ci occupiamo spesso dei nostri ragazzi sotto le armi, e spesso andiamo a trovarli per vedere come stanno nei teatri operativi, conoscere cosa pensano, cosa provano, come vivono i loro anni migliori a contatto con la morte.
Non c’entrano i motivi per cui si trovano lì, dato che le Forze Armate prendono ordini dal Potere costituito. C’entrano solo la volontà di dare il meglio di sé e il desiderio di avere in cambio il sostegno del Paese a chi rischia la vita per il bene comune.
Anche El Alamein è stato un teatro dove i nostri ragazzi hanno combattuto senza supporto né morale né logistico del loro Paese. Anzi, sono stati spesso boicottati da cittadini connazionali che, contrari alla dittatura, non esitavano a segnalare al nemico notizie utili a batterli.
Questo è un concetto che da tempo portiamo avanti con il nostro giornale. Noi siamo contrari alla guerra, condividendo in pieno la nostra Costituzione.
Ma quando il Paese decide che è necessaria, i nostri ragazzi vanno sostenuti nella maniera più assoluta, senza riserve.