Italia-Libia./ 2 – Chiusa un’avventura cominciata 97 anni fa
Le tappe della nostra avventura coloniale libica. Seconda parte: dal 1934 al 1945
Nel gennaio del 1934 Mussolini aveva
nominato Italo Balbo Governatore della Tripolitania e della
Cirenaica, che nella carica succedette ad altri nomi illustri come
Giuseppe Volpi di Misurata, Emilio De Bono e Pietro Badoglio.
Secondo gli storici, Mussolini lo avrebbe trasferito a Tripoli per
toglierselo di torno in quanto la sua popolarità, nata in seguito
alle sue famose trasvolate oceaniche, lo poteva rendere un
pericoloso antagonista sulla scena politica italiana.
Fin da subito Italo Balbo (nella foto di fianco) si propose
di avviare progetti di opere pubbliche, quali la costruzione della
rete stradale, in particolare la litoranea che segue il
Mediterraneo per centinaia di chilometri e che in suo onore si
chiamò via Balbia. Cercò inoltre di attirare coloni italiani e
seguì una politica di integrazione e pacificazione con le
popolazioni musulmane, fatto che non aveva precedenti. Infine, fu
sotto il patronato di Balbo che Tripolitania e Cirenaica si fusero
nell'unica colonia di «Libia».
Ma il suo dissenso col Duce aumentò sempre di più e raggiunse
l'apice nel 1938 quando Balbo espresse la propria assoluta
contrarietà alla promulgazione delle legge razziali (delle quali
quest'anno ricorre il triste settantesimo anniversario).
Dopo l'invasione tedesca della Polonia nel settembre del 1939,
Balbo si recò in visita a Roma per esprimere la convinta
preoccupazione per l'alleanza militare con la Germania e per la
politica seguita da Mussolini sia sul piano interno che sul piano
internazionale.
Il 28 giugno 1940, pochi giorni dopo l'entrata in guerra
dell'Italia, Italo Balbo rimase ucciso mentre faceva ritorno da una
ricognizione in territorio egiziano. Il suo aereo, un
Savoia-Marchetti SM79, venne abbattuto da un cannone antiaereo
italiano. I sospetti sull'in-cidente, che ufficialmente venne
considerato uno sfortunato caso di fuoco amico, non vennero mai
sopiti. Ma se da una parte la vedova di Balbo, Emanuela Florio,
riteneva che si fosse trattato di un assassinio ordinato da
Mussolini, dall'altra il capopezzo che abbatté l'aereo di Balbo,
Claudio Marzola, negò sempre sdegnosamente per tutta la vita una
simile ipotesi.
Nella nostra ricostruzione giornalistica sui cent'anni di storia
comune tra Libia e Italia, questa premessa era necessaria, non solo
perché Italo Balbo era stato forse l'unico a portare risultati
positivi alla nostra colonia, ma perché tutto il sistema difensivo
italiano contrapposto all'armata britannica di stanza in Egitto si
presentò del tutto inutile nelle mani di chi gli è succeduto.
La guerra in Nordafrica iniziò nel settembre del 1940, quando, dopo
molte esitazioni e dietro continue pressioni da parte del Duce, le
truppe italiane avanzarono in Egitto, fino a Sidi El Barrani, a
circa 90 km oltre il confine libico. Le truppe italiane, sebbene
molto superiori di numero, erano mal comandate, scarsamente
equipaggiate e, soprattutto, completamente demotivate. In autunno
il generale inglese sir Archibald Wavell con un corpo d'armata di
circa 30.000 uomini contrattaccò e sbaragliò una forza di oltre
200.000 italiani, facendo decine di migliaia di prigionieri e
avanzando fino al golfo della Sirte.
Le nostre truppe si ritirarono in fretta e disordinatamente,
abbandonando la Cirenaica al suo destino. Solo un
caposaldo venne tenuto con disperata determinazione, l'oasi di
Giarabub (nella foto di
lato). Il fortino, che si trovava a 50 km dal confine con
l'Egitto e a 300 km dal mare, era comandato dal maggiore Salvatore
Casta-gna (poi promosso sul campo tenente colonnello), eroe della
Grande Guerra. Castagna era arrivato in Libia nel 1937, comandò
prima il presidio dì Iefren, poi quello di Bardia e infine di
Giarabub, dove lo sorprese l'inizio della seconda Guerra
mondiale.
Giarabub non si arrese che al termine di un assedio durato ben
quattro interminabili, terribili mesi, senza cibo, acqua né
munizioni. Da quell'episodio il regime fece un film intitolato
«La saga di Giarabub», la cui colonna sonora rimase a
lungo simbolo del valore italiano, destinata a celebrare l'eroico
tenente colonnello Castagna: «Colonnello non voglio il pane, voglio
il piombo pel mio moschetto», il cui testo riportiamo nel riquadro
a pié di pagina. (Nota di colore: nel film recitava anche Alberto
Sordi, nella parte del soldato Alberto Sordi)
Comunque sia, verso la fine di marzo del 1941 il nostro piccolo
presidio di Giarabub si arrese. La sua caduta, ma soprattutto la
sua eroica resistenza, non ebbe alcun valore strategico. Anche se
Rommel fosse arrivato per tempo, il presidio di Giarabub non
sarebbe servito molto al feldmaresciallo.
Il colonnello Castagna invece si fece una lunga prigionia in India
e alla fine della guerra venne rimpatriato in Italia, dove gli
furono riconosciuti gli onori (e la carriera) che gli erano
dovuti.
Le prime forze tedesche comandate da Erwin Rommel sbarcarono in
Libia nei primi mesi del 1941. Il generale tedesco assunse il
comando delle operazioni sul campo, mentre il comando supremo, come
dicono gli storici «piuttosto pavido e indeciso», rimase ai
generali italiani. La controffensiva italo-tedesca portò a
controllare nuovamente la Cirenaica, eccettuata la città di Tobruk
che rimase in mano britannica per un certo periodo (Rommel non si
perdeva in inutili assedi, aggirava gli ostacoli).
Per contro, nel giugno 1941 le forze alleate invasero la Siria e il
Libano, occupando Damasco il 17 giugno e prevenendo così una
eventuale penetrazione italo-tedesca della Siria. Allo stesso modo
le forze britanniche presero il
controllo dell'Iraq e, congiuntamente con l'Armata Rossa (l'Unione
Sovietica era stata attaccata il 22 giugno), invase l'Iran.
Entrambi i Paesi erano fonti petrolifere irrinunciabili.
L'Africa Korps di Rommel (nella foto di lato) avanzò
rapidamente a est, al punto che Londra decise di rilevare le truppe
assediate a Tobruk. Ma la liberazione del suo porto diede nuovo
impulso a Rommel, che spinse indietro l'Ottava Armata Britannica
fino alla linea di El Alamein.
El Alamein (???????, al-'Alamayn), che in arabo significa «due
bandiere», è una città del Governatorato di Matruh, del nordovest
dell'Egitto, sul mar Mediterraneo, 106 Km a ovest di Alessandria
d'Egitto e 240 Km a nord del Cairo.
Erwin Rommel è un generale che la tradizione ha consegnato alla
gente come «volpe del deserto». Anche se la storia ufficiale ci va
più cauta, non si tratta di una definizione peregrina, perché era
un generale assolutamente creativo. Da giovane tenente aveva
condotto un reparto vincente a Caporetto nel 1917, ma tutta la sua
carriera fu improntata dall'innovazione nelle tecniche militari.
Nel deserto sahariano Rommel aveva adottato la tecnica impiegata
dalla Marina, quella dei convogli e delle squadre da battaglia,
degli scontri e delle avanzate come se il deserto fosse un immenso
mare di sabbia. Ebbe facilmente la meglio sulle truppe Australiane
anche perché, ci si passi il termine poco storico ma giornalistico,
erano male abituati dal Regio Esercito Italiano. Il quale, come
vedremo, al comando di generali capaci, riuscì ad esprimersi meglio
di Tedeschi e Alleati.
La prima battaglia di El Alamein ebbe luogo tra il 1° luglio e il
27 luglio 1942. La truppe dell'Asse erano avanzate fino all'ultimo
punto difendibile prima di Alessandria d'Egitto e del Canale di
Suez. Tuttavia rimasero a corto di rifornimenti e i britannici
ebbero modo di allestire una solida linea difensiva.
E qui sta uno dei punti critici dell'intera guerra del
Mediterraneo. L'Italia, che aveva conquistato la Libia per
controllare il Mar Mediterraneo, divenuto strategico con l'apertura
del canale di Suez, non è mai stata in grado di contrastare le
forze navali nemiche. Questo, da una parte perché gli Inglesi
avevano obbiettivamente
secoli di tradizioni marinare alle spalle, dall'altra perché non
abbiamo voluto occupare l'isola di Malta, spina nel fianco
dell'intero sistema navale italiano, ma soprattutto perché gli
Inglesi erano costantemente informati sulle nostre operazioni. Ma
non era il nostro sistema informativo a fare acqua, come
sostenevano i Tedeschi, ma l'opposto, perché era proprio il sistema
tedesco di criptazione «Enigma» ad essere penetrato dal sistema
inglese «Ultra». Il comando militare italiano informava delle
proprie iniziative militari il comando tedesco, il quale a sua
volta inviava il rapporto criptato a Berlino, informando cosi
inconsapevolmente anche gli Inglesi. Inoltre, e anche questo lo si
venne a sapere dopo la fine della guerra, gli Inglesi avevano il
radar. Insomma noi eravamo ciechi, mentre il nemico ci vedeva anche
di notte.
Fatto sta che ogni convoglio italiano destinato alla Libia veniva
regolarmente intercettato e affondato dagli Inglesi. Significativo
il fatto che le truppe tedesche imbarcate sulle navi italiane
dirette a Tripoli fossero dotate di un berretto grigioverde
double-face, con il colore rosso fluorescente dalla parte interna:
in questa maniera, in caso di affondamento i soldati in acqua erano
ben visibili.
La seconda battaglia di El Alamein avvenne tra il 23 ottobre e il 3
novembre 1942 dopo che il generale Bernard Montgomery (nella foto qui sopra) sostituì il
comandante dell'Ottava Armata britannica. La storia non presenta
l'immagine di Montgomery come la gente se lo immagina. Ritiene
piuttosto che ebbe la fortuna di trovarsi al momento giusto nel
posto giusto.
Le forze del Commonwealth lanciarono l'offensiva e nonostante la
disperata resistenza delle divisioni italiane (tra le quali
ricordiamo la Folgore e l'Ariete) e tedesche
sfondarono il fronte facendo migliaia e migliaia di prigionieri.
Rommel venne respinto
indietro e, prima della fine, venne fatto rimpatriare da Hitler.
Una questione di immagine.
Da parte italiana, il generale Giovanni Messe (nella foto a sinistra), a detta
di molti il migliore generale italiano di tutto il conflitto, venne
mandato in Libia troppo tardi e quasi per caso (aveva chiesto il
trasferimento dalla Russia per incompatibilità con il generale
comandante in capo dell'Armir). Con il suo avvento
l'intero esercito italiano si riscattò, ma con ormai inutile spreco
di vite umane e incredibili sacrifici. Era troppo tardi.
L'8 novembre 1942, truppe americane e britanniche erano sbarcate in
Marocco e Algeria (operazione Torch). Le forze locali della Francia
di Vichy avevano opposto poca resistenza prima di unirsi alle forze
alleate. Infine, le truppe tedesche e italiane vennero prese nella
morsa di una doppia avanzata dall'Algeria e dalla Libia. Avanzando
da est e da ovest, gli Alleati spinsero le forze dell'Asse
completamente fuori dall'Africa.
Il 13 maggio 1943 il Duce mandò un tele-gramma al generale Messe
per ordinargli di deporre le armi, concludendolo il messaggio così:
«Onore a lei e ai suoi uomini».
Vennero presi prigionieri 250.000 soldati dell'Asse.
Il Nordafrica venne usato come punto di partenza per l'invasione
della Sicilia e dell'Italia nel 1943, e questo sta a significare
quanto fosse stata di importanza vitale per l'Asse il
raggiungimento degli obbiettivi.
La saga di
Giarabub |
Il generale Salvatore Castagna
(Continua)