Grande Guerra/ 2 – 90 anni fa nasceva la «Leggenda del Piave»
Titolo: La leggenda del Piave - Autore: Ermete Giovanni Gaeta (E.A. Mario) Data di pubblicazione: 1918 - Genere: Canzoni patriottiche - Durata: 4'.8"
Fu in occasione della Battaglia
del Solstizio che Ermete Giovanni Gaeta scrisse la più celebre
canzone della prima Guerra Mondiale, paragonabile per successo e
diffusione forse solo a Lili Marlene della seconda Guerra
Mondiale.
L'autore era già famoso per aver scritto molte ballate popolari
napoletane, quali la «Tamuriata Nera», ma in quell'epoca venne
travolto anche lui da quell'amor patrio che la disfatta di
Caporetto aveva diffuso in tutto il Paese. Scrisse la canzone di
getto e la firmò con lo pseudonimo E.A. Mario, con la quale la
«Leggenda del Piave » passò alla storia.
Quasi per miracolo, la sua canzone si diffuse in tutto il Paese con
velocità quasi inspiegabile per quell'epoca (esattamente come
sarebbe accaduto per Lili Marlene, che passò velocemente tutti i
confini e venne tradotta in decine di lingue).
Resisi conto dell'enorme carica emozionale che quella canzone
riusciva a infondere nella gente (civile e militare), il Comando
Supremo decise di organizzare decine di bande militari che
suonassero la Leggenda del Piave in prossimità delle prime
linee, delle retrovie, dei paesi più coinvolti. Chiunque, sospinto
da quelle note, si sentiva in dovere di dare la vita per la
patria.
Alla vigilia dell'ultima battaglia del Piave, E.A. Mario scrisse
anche l'ultima strofa, che però a guerra finita e una volta
demilitarizzato il paese, venne tolta per la necessità di
ricostruire rapporti di pace con la vicina Austria (il nemico
«impiccatore»). Venne poi cambiata anche una parola che al regime
fascista non stava bene e che in effetti non rispondeva a verità,
cioè che la disfatta di Caporetto fosse accaduta per il tradimento
di alcuni reparti. E infatti, se da una parte le strofe sono state
ridotte a tre, dall'altra la parola «tradimento» venne
sostituita con «fosco evento».
La Leggenda del Piave venne suonata ininterrottamente per
tutto il percorso della ferrovia che dal Friuli portava a Roma il
feretro del Milite Ignoto. Nella capitale, E.A. Mario seguì
appartato e commosso il trasporto del Milite Ignoto dalla stazione
al Vittoriano mentre decine di bande accompagnavano solennemente i
resti del soldato privo di identità che ora riposa nell'Altare
della patria.
Il Duce, male interpretando una istanza fattagli dall'autore
qualche anno dopo la sua ascesa al potere col fascismo, fece avere
a E.A. Mario la somma di lire mille. In realtà, E.A. Mario regalò
alla Patria anche le sue medaglie d'oro e le fedi nuziali nel
1941.
A guerra finita, la Leggenda del Piave divenne ufficiosamente
l'inno nazionale del Paese per due anni, 1946-47, cioè da quando
cadde la monarchia dei Savoia (l'inno nazionale era la Marrcia
Reale) a quando venne deciso il nuovo inno Fratelli
d'Italia. Alla fine non venne scelta come inno nazionale
proprio per l'enorme carica emotiva che riusciva e riesce comunque
tuttora a trasmettere a chi l'ascolta.
Ma poiché rappresenta il momento in cui il Paese è riuscito a
trovare quell'unità necessaria per il bene di tutti, forse dovrebbe
essere un po' rispolverata dalle nostre istituzioni, che al momento
la fanno rappresentare solo alla sfilata del 2 giugno, festa della
Repubblica, e non più il 4 novembre, ex festa della Vittoria.
TESTO
Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio dei primi fanti il ventiquattro maggio; l'esercito marciava per raggiunger la frontiera per far contro il nemico una barriera! Muti passaron quella notte i fanti, tacere bisognava e andare avanti. S'udiva intanto dalle amate sponde sommesso e lieve il tripudiar de l'onde. Era un presagio dolce e lusinghiero. il Piave mormorò: «Non passa lo straniero!» |
Ma in una notte triste si parlò di un fosco evento e il Piave udiva l'ira e lo sgomento. Ahi, quanta gente ha visto venir giù, lasciare il tetto, poiché il nemico irruppe a Caporetto. Profughi ovunque dai lontani monti, venivano a gremir tutti i suoi ponti. S'udiva allor dalle violate sponde sommesso e triste il mormorio de l'onde. Come un singhiozzo in quell'autunno nero il Piave mormorò: «Ritorna lo straniero!» |
E ritornò il nemico per l'orgoglio e per la fame voleva sfogar tutte le sue brame, vedeva il piano aprico di lassù: voleva ancora sfamarsi e tripudiare come allora! No, disse il Piave, no, dissero i fanti, mai più il nemico faccia un passo avanti! Si vide il Piave rigonfiar le sponde e come i fanti combattevan l'onde. Rosso del sangue del nemico altero, il Piave comandò: «Indietro va', straniero!» |
Indietreggiò il nemico fino a Trieste fino a Trento e la Vittoria sciolse l'ali al vento! Fu sacro il patto antico, tra le schiere furon visti risorgere Oberdan, Sauro e Battisti! Infranse alfin l'italico valore le forche e le armi del'impiccatore! Sicure l'Alpi, libere le sponde, e tacque il Piave, si placaron l'onde. Sul patrio suol vinti i torvi Imperi, la Pace non trovò né oppressi, né stranieri! |
Nel 2000 uscì anche un ottimo libro sul Piave, scritto da Fortunato Minniti, edito da Il Mulino, che noi suggeriamo di leggere perché riporta molti particolari utilissimi per capire che come nacque la «leggenda» e per quale motivo sarebbe il caso di coltivarla per le prossime generazioni.
Allo stato risulta introvabile, ma siamo certo che le Civiche Biblioteche lo abbiano ancora.

Titolo: Il Piave
Autiore: Minniti Fortunato
Editore: Il Mulino - Collana L'identità italiana
Anno 2000 - Pagine 152