70 anni fa l’Anschluss del 13 marzo e il Plebiscito del 10 aprile
A partire da quel momento l'Austria non esisteva più, per prendere il nome non ufficiale di Ostmark del Terzo Reich. Fino al 4 maggio 1945
Il significato letterale del termine
tedesco Anschluss sta per «annessione», ma quando
viene citato ci si riferisce solo all'annessione dell'Austria da
parte della Germania Zanista avvenuta nel 1938, esattamente
settanta anni fa.
Per la precisione avvenne un po' prima, Il 12 marzo 1938, quando la
Germania invase l'Austria. Ma divenne una provincia tedesca solo il
10 aprile di quel medesimo anno, quando Hitler fece suggellare a
posteriori l'unione dell'Austria con la Germania con un
plebiscito.
Per questo ne riportiamo l'anniversario a metà tra le due date. Ma
la faccenda era cominciata bel molti anni addietro.
Nel 1866, la Germania aveva dichiarato guerra all'Impero Austro
Ungarico con il preciso recondito scopo di annettersi l'Austria.
Per farlo si era alleata con l'Italia, che per l'occasione
intraprese quella che passò alla storia come Terza Guerra d'Indipendenza. Non che
credesse molto nelle capacità belliche del nostro neonato Paese, ma
le faceva comodo che parte dell'esercito austro ungarico venisse
impe-gnato sul versante meridionale dell'Impero. Come si ricorderà,
Vienna aveva proposto all'Italia il Veneto in cambio della sua
neutralità, ma Roma aveva voluto a tutti i costi conquistarsi il
territorio sul campo, e così perdemmo inutilmente qualche decina di
migliaia di nostri ragazzi a Custoza e tutta la flotta a Lissa.
Ciononostante, grazie alla schiacciante vittoria della Germania, ci
vennero dati lo stesso il Veneto e parte del Friuli come premio
della partecipazione, ma dovemmo cedere parte di quanto invece era
stato conquistato in battaglia. Sic transit gloria
mundi.
La Germania aveva battuto l'Austria in una guerra lampo, la prima
della storia, sbaragliando l'antiquato esercito austro ungarico a
Sadowa (nella foto sopra
un'immagine d'epoca della battaglia) con una manovra
strategica accuratamente pianificata a tavolino e portata a termine
fino ai minimi particolari.
Berlino non raggiunse Vienna per la sola ragione che Napoleone
Terzo da Parigi aveva minacciato il proprio intervento.
Insomma, il progetto era stato solo rinviato. Se sulla strada di
Vienna c'era Parigi, ebbene, sarebbero passati da Parigi. E così
avvenne in più riprese. Nel 1870, entrarono a Parigi più
rapidamente che a Sadowa, ma si dovettero fermare nuovamente perché
l'Europa non sarebbe rimasta a guardare. Passarono 44 anni di pace,
nel corso dei quali le nazioni europee affilarono le armi, poi
venne scatenata la Prima Guerra Mondiale. Trenta milioni di morti,
ma Parigi non cadde, e la Germania perse la guerra. Allora i
Tedeschi rovesciarono i termini del problema: se per arrivare a
Parigi dovevano passare per Vienna, ebbene sarebbero passati da
Vienna.
Quando andò al potere, nel 1933, Adolf Hitler spinse la Germania in
tre direzioni. Rilanciare l'economia fiaccata dal vergognoso
trattato di Versailles, ricostruire l'esercito che il trattato
aveva limitato a 100.000 unità, rimettere insieme i tedeschi che il
trattato aveva disperso in vari Paesi. L'economia riprese con il
rilancio delle
spese militari, l'esercito venne formato da 100.000 ufficiali, poi
iniziò a annettersi un po' tutti i Tedeschi sparsi nei paesi
vicini.
Quando venne il momento di annettersi l'Austria, però, trovò un
ostacolo imprevisto e praticamente insormontabile: Mussolini.
Benito Mussolini aveva rilanciato l'Italia alimentando il «Mito
del fascismo» ed era a quel modello si era ispirato Hitler
nella propria ascesa politica, quindi non si sarebbe mai messo
contro l'amico Maestro di Roma. E quando Hitler (a sinistra) parlò per
la prima volta di Austria, Mussolini aveva immediatamente
mobilitato quattro divisioni e le aveva mandate al confine italiano
con la repubblica austriaca. Messaggio chiaro e forte, che Hitler
comprese perfettamente.
Il Duce non era certamente uno sprovveduto, e non voleva che un
Paese grande e potente come la Germania portasse i propri confini a
ridosso dei nostri. Sicuramente prima o poi avrebbe messo gli occhi
sui tedeschi del Sud Tirolo... E dato che il cancelliere di Vienna
era un fascista amico personale del Duce, non aveva perso un solo
minuto per mostrare i muscoli a Hitler. L'amico si chiamava
Dollfuß.
Engelbert Dollfuß era nato a Texing il 4 ottobre 1892 (sarebbe
morto a Vienna il 25 luglio 1934) ed è stato cancelliere d'Austria
durante l'austrofascismo.
Piccolo proprietario terriero di origine, Dollfuß era entrato in
politica dopo la sconfitta austriaca della Prima guerra mondiale e
la conseguente dissoluzione dell'Impero Austro-Ungarico.
Di formazione cattolica, era stato uno dei maggiori esponenti del
Partito cristiano-sociale, in decisa opposizione al movimento
socialdemocratico. Le sue concezioni politiche non erano contrarie
all'autoritarismo, al quale improntò la sua azione di governo una
volta raggiunta, nel 1932, la Cancelleria.
Dopo aver stroncato con una dura e sanguinosa repressione la
rivolta dei quartieri operai di Vienna, aveva improntato la propria
politica ad assomiglianza di quella dell'Italia di Mussolini.
Ovviamente era fortemente contrario all'influenza nazista crescente
anche in Austria per la semplice ragione che in una nazione tedesca
non ci sarebbe stato posto per due leader.
Gli storici non attribuiscono al cancelliere Dollfuß il ruolo di
grande uomo politico, considerandolo anzi personaggio debole e
minuto (a Vienna lo chiamano Millimetternich), e affermano
che senza Mussolini non sarebbe mai arrivato alla Cancelleria. Comunque sia,
il Duce manovrerà il cancelliere per contrastare la pressione del
partito socialista e quelle del nazionalsocialismo, favorevole
all'annessione dell'Austria alla Germania nazista. I contatti fra i
due sono frequentissimi. Nell'aprile del 1933 Mussolini si reca a
Vienna e induce lo statista a formare il Fronte
Patriottico, una falange fascista al di sopra dei partiti.
Nella seconda metà dell'anno i contatti fra Mussolini e Dollfuß
(nella foto qui a
sinistra) saranno ancora più frequenti.
Alla fine di giugno del 1933 Dollfuß, in seguito all'acutizzarsi
della tensione con i nazisti, si reca a Roma per conferire con
Mussolini.
Successivamente, una lettera del Duce lo rassicura che qualsiasi
cosa possa avvenire, l'aiuto italiano non verrà a mancare.
Ma il 19 agosto Dollfuß è nuovamente in Italia, a Riccione, ed ha
un primo colloquio con il Duce nell'appartamento del Grand Hotel
dove soggiorna. Mussolini dà al cancelliere austriaco precise
direttive.
Insomma Mussolini era entrato così minutamente negli affari
austriaci per contrastare il progetto nazista dell'Anschluss perché
era ancora molto diffidente nei riguardi del movimento tedesco e
del suo capo Adolf Hitler. Con l'avvento di Hitler al potere in
Germania, avvenuta in quel periodo, la posizione del cancelliere
austriaco si fece sempre più difficile. Dollfuß mise in atto i
suggerimenti di Mussolini, istituendo un regime autoritario e
mettendo fine al Parlamentarismo, orientandosi ufficialmente
all'Italia Fascista. Ma se l'ostacolo all'anschluss era
Dollfuss, non restava che una soluzione.
Il 25 luglio dell'anno successivo, Dollfuß stava presiedendo il
consiglio dei Ministri, quando ad un tratto un corteo di automobili
entrava nella sede della Cancelleria. A bordo vi erano uomini che
indossano la divisa dell'esercito austriaco. Dollfuß pensò che i
nuovi arrivati fosseroi rinforzi della guardia. Si trattava invece,
dei congiurati: 154 uomini che occuparono facilmente il palazzo.
Colpito al collo, Dollfuß chiese un prete e un medico e pregò di
avvertire Mussolini affinché potesse prendersi cura della moglie e
dei figli (che grazie a Dio erano in Romagna). I nazisti lo
schernivano. Alcuni di loro s'impadronirono della stazione radio e
annunciarono le dimissioni di Dollfuß, che invece stava
morendo. Nessun medico lo soccorse.
Nonostante la morte di Dollfuß, il moto falliva.
Alle prime notizie, Hitler esulta, ma immediatamente declina ogni
responsabilità. Sostituisce l'ambasciatore a Vienna con von Papen e
impedisce ai congiurati, che dopo la sconfitta hanno ripiegato
verso il confine, di entrare in Germania. Mussolini non ha
esitazioni nell'attribuire l'attentato al dittatore tedesco. La
notizia lo raggiunge a Cesena dove sta esaminando i progetti per un
ospedale psichiatrico. Il Duce (foto) dà personalmente l'annuncio
alla vedova, che come abbiamo detto si trovava sull'Adriatico con i
figli, e parte in aereo per Vienna. Mussolini ordina che quattro
divisioni raggiungano il Brennero («l'Italia vigila con l'arma
al piede», fa intitolare i giornali).
«L'indipendenza dell'Austria per la quale egli [Dollfuß]
è caduto - dichiara Mussolini - è un principio che è
stato difeso e sarà difeso dall'Italia ancora più
strenuamente.»
Poi annuncia al mondo (a Hitler) che «L'Austria non si
tocca.» e fa sostituire nella piazza di Bolzano la statua di
un trovatore germanico con quella di Druso. È questo il momento di
maggior attrito tra il fascismo ed il nazionalsocialismo, e lo
stesso Mussolini scende più volte in campo per ribadirne le
differenze.
A Dollfuß succede Kurt von Schuschnigg.
Kurt Alois von Schuschnigg era nato a Riva del Garda il 14 dicembre
1897 (morirà a Mutters il 18 novembre 1977) da una famiglia nobile.
Partecipò alla Prima guerra mondiale e giovanissimo si iscrisse al
Partito Cristiano Sociale d'Austria. Nel 1922 divenne avvocato a
Innsbruck e fu Ministro della giustizia dal 1932 al 1934 nel
governo di Engelbert Dollfuß, al quale successe dopo la sua morte,
restando cancelliere federale fino 1938. Nel 1936 un patto
sottoscritto con la Germania riconoscerà l'indipendenza
dell'Austria, ma l'Austria si dovrà comportare come uno stato
tedesco in politica estera.
Agli inizi del 1938 Kurt Schuschnigg sposò la ricchissima Vera
Fugger; ma la serenità durò poco dato che quello stesso 12 marzo
Adolf Hitler, alla testa delle truppe naziste, invase l'Austria.
L'annessione venne dichiarata il giorno successivo e Schuschnigg,
nonostante non fosse un vero e proprio anti-nazista, venne
perseguitato perché cercò in tutti i modi di difendere
l'indipendenza della propria nazione.
A differenza di quanto accadde nel 1934, questa volta Benito
Mussolini non intervenne in aiuto all'Austria. Erano accadute molte
cose nel frattempo. Il Duce aveva continuato ad aiutare sul piano
personale la famiglia del povero Dolfuss, ma nel 1935 si era
impegnato nella Guerra d'Etiopia e successivamente nella Guerra
civile Spagnola, inimicandosi Francia e Inghilterra e trovandosi
così costretto suo malgrado ad avvicinarsi al Fuhrer.
La situazione venne colta al volo da Hilter, il quale non perse un
solo attimo per annettersi l'Austria. Schuschnigg, allora, in un
ultimo tentativo, cercò d'indire un referendum per bloccare le mire
di Hitler, ma la Wehrmacht invase prontamente l'Austria.
Mussolini manderà giù il rospo e dirà pragmaticamente a Ciano
«Dalla carta geografica d'Europa è stata eliminata
un'ambiguità.»
Dal 1938 al 1945 Schuschnigg, che tentò invano la via
dell'esilio, fu internato in diversi campi di concentramento, fino
alla sua liberazione avvenuta il 4 Maggio 1945 presso il Lago di
Braies in Val Pusteria, non lontano da Villabassa, luogo di
raccolta degli internati «eccellenti» delle SS che se ne servirono
per trattare la resa con gli Alleati. Nel 1947, al termine della Seconda guerra mondiale si trasferì negli USA, dove divenne professore della giustizia a Missouri a partire dal 1948. Nel 1968 tornerà nella nazione natia, e qui aderirà al Partito Popolare Austriaco (ÖVP). |
Insomma, il 12 marzo 1938 i soldati della Germania nazista avevano passato la frontiera austriaca senza incontrare resistenza ed anzi la popolazione li accolse come liberatori. Cominciava anche per l'Austria una tragica pagina di storia che portò alla cancellazione dell'élite del Paese a partire dagli ebrei.
Il 15 marzo 1938 Adolf Hitler, austriaco d'origine, pronunciò il suo solenne discorso nella Heldenplatz di Vienna, davanti ad una folla osannante di oltre 250 mila persone annunciando l'Anschluss, l'annessione dell'Austria al Terzo Reich. L'Austria aveva perso l'indipendenza e aveva legato il suo destino alla Germania degli anni bui del Nazismo.
Hitler, non pago dell'annessione militare fatta senza colpo ferire, fece suggellare a posteriori l'unione dell'Austria con la Germania con un plebiscito indetto per il 10 aprile di quiel medesimo 1938. A favore dell'Anschluss si erano già espressi rappresentanti della Chiesa cattolica, come il cardinale Theodor Innitzer, nonché politici, tra cui il socialdemocratico Karl Renner.
Nei giorni precedenti al voto, in molte città austriache fecero la loro apparizione numerosi alti funzionari del partito nazista (Hitler, Goebbels, Göring, Hess e altri) e la propaganda si fece sentire in ogni momento della vita quotidiana. Bandiere, striscioni e manifesti con slogan e con la svastica comparvero in tutte le città sui tram, sui muri e sui pali. Soltanto a Vienna furono affissi circa 200.000 ritratti del Führer in luoghi pubblici. Anche sulla corrispondenza comparve l'annullo postale «Il 10 aprile il tuo sì al Führer». Il «sì» rimbombò continuamente dalle pagine della stampa e dalle emissioni radiofoniche, che erano fermamente

La scheda elettorale (riprodotta qui a sinistra), con le sue due caselle di diseguali dimensioni, Hitler fece suggellare l'unione dell'Austria con la Germania.
Non furono legittimati al voto circa 200.000 ebrei, circa 177.000 persone «di sangue misto» e tutti quelli che erano già stati incarcerati per motivi politici o razziali. Ne derivò l'esclusione dal voto di circa l'8% dell'intero corpo elettorale.
Nel corso della votazione stessa molti rinunciarono alla segretezza della cabina barrando il circoletto del «sì» pubblicamente di fronte agli scrutatori, per evitare di essere sospettati di aver votato contro l'Anschluss e quindi di rimanere esposti a possibili rappresaglie come «nemici del sistema».
La scheda elettorale stessa fu un caso paradigmatico di aperta violazione dei più basilari concetti di democrazia e legalità del voto. Il quesito referendario, formulato dando del «tu» all'elettore e cumulando due quesiti in uno, recitava: «Sei d'accordo con la riunificazione dell'Austria con il Reich tedesco avvenuta il 13 marzo 1938 e voti per la lista del nostro Führer Adolf Hitler?»
Seguivano infine le due caselle in cui esprimere il proprio voto: il circoletto del «sì» perfettamente centrato e di dimensioni maggiori, e il circoletto del «no» relegato in un angolo e grande la metà.
La sera del 10 aprile il Gauleiter Bürckel rese noto l'esito della votazione a Berlino. Secondo i dati ufficiali il «sì» vinse con il 99,73% dei voti. Il nostro pensiero commosso va in questo momento a quella piccola piccola minoranza che non aveva voluto dare il fatidico «sì».
Anche in Germania venne approvata l'annessione con il 99,08% dei voti. L'affluenza al voto fu altissima: del 99,71% in Austria e del 99,60% in Germania.
A partire da quel momento, l'Austria ufficialmente non esisteva più, per prendere il nome non ufficiale di Ostmark.
La ricerca è stata effettuata nella biblioteca dell'editore e in Rete. Le foto, tra le quali la fantastica immagine della scheda di voto del Plebiscito, sono state reperite in rete dalle seguenti fonti: Wikipedia, Sito non ufficiale CTdG, Politicaonline.net.